Botswana: stop alle discriminazioni contro le persone LGBT+, alcune chiese si oppongono
Botswana Pace e Diritti Politica e Società
Un progetto di riforma della Costituzione in questo senso è stato criticato fortemente da alcune organizzazioni cristiane
Botswana: stop alle discriminazioni contro le persone LGBT+, alcune chiese si oppongono
19 Aprile 2024
Articolo di Redazione
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Il Botswana prosegue nel suo cammino di depenalizzazione dell’omosessualità e di maggiore inclusione delle persone LGBTQ+, nonostante la ferma opposizione di molte Chiese del paese.

In settimana il ministro per la presidenza dello stato, Kabo Morwaeng, ha presentato all’Assemblea nazionale un emendamento della Costituzione che introduce nell’ordinamento del paese la «protezione e la proibizione delle discriminazione verso persone intersex». Di solito, con il termine intersex ci si riferisce in modo specifico a persone che sono nate con caratteristiche sessuali primarie o secondarie che non si adattano alle tipiche concezioni binarie di corpo maschile o femminile. In questo caso però, il termine sembra essere impiegato anche come sinonimo di omosessualità, stando al linguaggio utilizzato dai media che rilanciano la notizia. L’emittente radiofonica pubblica statunitense VOA parla infatti di misura a favore dei diritti dei gay, per quanto le persone intersessuali possono anche identificarsi come eterosessuali.  

La bozza di provvedimento è solo in fase di prima lettura in parlamento. Per la legge del Botswana, questo passaggio prevede anche un esame del documento da parte del Ntlo Ya Dikgosi, un organo consultivo costituito dai leader tradizionali delle sette principali comunità native del paese. La misura proposta dal governo è parte di una più ampia legge di riforma della Costituzione. Il provvedimento in questione recepisce i suggerimenti che una commissione per la riforma della Carta fondamentale ha consegnato all’esecutivo nel 2022, anche a seguito di un confronto con la società civile.  

L’apertura di un dibattito su questa modifica dell’ordinamento rientra in un più ampio processo di inclusione delle persone LGBTQ+ nel paese, partito almeno dal 2010, quando il governo di Gaborone ha cancellato alcune misure che discriminavano le persone sul posto di lavoro in base all’orientamento sessuale. Nel 2019, l’Alta corte del paese ha infine depenalizzato le relazioni fra individui dello stesso sesso con una storica sentenza. I giudici di Gaborone, in quell’occasione, hanno definito «incostituzionale» una legge risalente al periodo coloniale britannico che puniva l’omosessualità con condanne fino a sette anni di carcere. Due anni più tardi, lo stesso tribunale ha respinto un appello del governo contro quella decisione.

Già l’anno scorso l’esecutivo del presidente Mokgweetsi Masisia aveva provato a introdurre il riconoscimento dei diritti degli individui LGBTQ+ in Costituzione, anche a seguito della posizione assunta dalla magistratura. Il disegno di legge aveva trovato però la forte opposizione di diverse realtà religiose. Un copione che si sta ripetendo anche in questo frangente.

«Grave minaccia per il nostro stile di vita»

In una nota, la Apostolic Faith Mission del Botswana, branca locale della più grande Chiesa pentecostale sudafricana, ha affermato che la misura in discussione in parlamento «rappresenta una grave minaccia per il nostro stile di vita cristiano, la nostra democrazia e, in effetti, la nostra Repubblica come l’abbiamo conosciuta nel corso di molti decenni». In calce al testo, che si oppone anche a un’altra serie di modifiche della Costituzione in altri ambiti, i religiosi comunicano che si impegneranno a votare solo i parlamentari che voteranno contro l’introduzione della proibizione della discriminazione. Alla mobilitazione contro la misura partecipa anche la Coalizione delle Chiese cristiane del Botswana, che già si era espressa con forza contro la prima bozza di legge del 2023.

Thato Moruti, massimo dirigente della principale organizzazione di difesa dei diritti delle persoen LGBTQ+ nel paese, la Lesbians, Gay and Bisexuals of Botswana (Lagebibo), ha affermato dal canto suo: «La nazione deve separare le credenze religiose dalle questioni relative ai diritti umani». Il Botswana, ha aggiunto l’attivista, «in quanto faro internazionale di democrazia, deve riconoscere che questa democrazia include anche gruppi minoritari come la comunità LGBT».

In Africa, a oggi, i paesi che puniscono l’omosessualità per legge sono 32, sul totale di 54 che compongono il continente e sui 65 che ancora criminalizzano le persone LGBTQ+ nel mondo.

Le altre critiche agli emendamenti 

Le modifiche alla Costituzione proposte dal governo del Botswana stanno incontrando l’opposizione anche di altre realtà della società civile, per ragioni che però non hanno a che vedere con le misure di tutela delle persone LBTQ+. Anzi, nel suo comunicato, il Botswana Council of Non-Governmental Organisations (Bocongo), che rappresenta 44 organizzazioni, ha sottolineato come sia importante che gli emendamenti proposti alla Carta fondamentale partano da una prospettiva di genere e centrata sui diritti umani. Premesso questo, Bocongo ha accusato il governo di non aver coinvolto la società civile in modo adeguato durante il processo di elaborazione degli emendamenti e di aver pertanto prodotto una legge che manca nel rivedere i nodi centrali in fatto diritti umani, uguaglianza e democrazia.

Le 44 organizzazioni hanno pertanto chiesto all’esecutivo guidato da Mokgweetsi Masisi di tornare sui suoi passi e di avviare un nuovo percorso di consulatazione con gli attori sociali, così da arrivare a una nuova riforma della Costituzione.

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