Cambiamenti climatici: prevenzione nelle metropoli africane
Ambiente Politica e Società
Le megalopoli rischiano uno scenario apocalittico tra inquinamento, siccità, epidemie e inondazioni. Ma diverse iniziative già in atto potrebbero limitare i danni
Cambiamenti climatici: prevenzione nelle metropoli africane
24 Aprile 2024
Articolo di Redazione
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Nonostante i territori urbani ricoprano solo il 3% della superficie del pianeta, ci sono circa 3 miliardi e mezzo di persone nel mondo che vivono in città altamente vulnerabili ai cambiamenti climatici. Questo perché le città, soprattutto metropoli e megalopoli, sono sempre di più un concentrato esplosivo di inquinamento, responsabili del 78% dell’emissione globali dei gas serra e del consumo del 60% dell’acqua potabile. Assorbono inoltre circa l’80% dell’energia utilizzata dai consumatori.

Per questa ragione, diverse metropoli africane, tra cui Il Cairo, Lagos e Nairobi stanno sperimentando ormai da anni l’effetto della cosiddetta “isola di calore urbana”, che si aggiunge agli altri effetti negativi dei cambiamenti climatici, come l’aumento delle epidemie e delle malattie legate alla carenza di acqua (o della sua non potabilità). 

Nonostante questi dati catastrofici, uno studio ha rilevato come svariate città africane si stiano attrezzando per iniziare a ridurre le emissioni di gas serra. Nonostante infatti la maggior parte africani sia restia ad abbandonare la strada dei combustibili fossili, in primis perché rappresenta una fonte di entrate economiche a cui sarebbe difficile rinunciare, non mancano iniziative locali che puntano sulle energie rinnovabili. 

La scorsa primavera Gitega, in Burundi, si è accaparrata il titolo di prima capitale al mondo alimentata ad energia solare

Nairobi, in Kenya, oltre a star progressivamente ampliando il proprio sistema di trasporto pubblico sia tramite autobus che reti ferroviarie, ha creato degli incentivi per installare pannelli solari su palazzi pubblici e privati, per ridurre la dipendenza dai combustibili. 

Anche Lagos, in Nigeria, e Accra, in Ghana, stanno spingendo sulle infrastrutture e sul trasporto pubblico. 

In Sudafrica, Città del Capo, Durban, Johannesburg e altre due città hanno sviluppato un vero e proprio piano di azione per il clima. Un modello sicuramente imperfetto che rappresenta però passo in direzione di un cambiamento concreto e di una maggiore consapevolezza. 

La zona del Sahel e dell’Africa occidentale in generale è un po’ più indietro rispetto ad altre aree sotto questo punto di vista, ma non mancano gli esempi positivi, come Dakar, in Senegal. Abidjan, in Costa d’Avorio e Accra, in Ghana. Dakar, in particolare, sta lavorando per ridurre il rischio di inondazioni attraverso un sistema di dighe marittime, frangiflutti e dune di sabbia. Iniziative fondamentali, se si considera che le inondazioni rappresentano il più alto rischio di morte legato al clima, con 8,5 milioni di vittime stimate nel mondo entro il 2050. 

In sostanza, dallo studio di Thondoo, Allam e John, autori del saggio Città e cambiamenti climatici, emerge uno scenario apocalittico per chi vive nelle megalopoli del continente, a meno che non si cominci a prendere provvedimenti concreti, come in alcuni casi (ancora troppo pochi) sta accadendo. Si stima, riporta lo studio, che un investimento di 280 miliardi di dollari entro il 2050 in misure di adattamento potrebbe generare 1,1 trilioni di dollari in benefici per le città in Etiopia, Kenya e Sudafrica e creare 210mila nuovi posti di lavoro in più rispetto allo stesso investimento nei combustibili fossili. Con un utile di sei dollari ogni dollaro investito, secondo le Nazioni Unite. 

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