
Le crisi umanitarie che affliggono il mondo stanno scomparendo dai Tg italiani. Lo spazio dedicato dai notiziari di prima serata ai contesti di crisi è crollato dal 16,5% del 2004 al 3,6% del 2013 (al 2,7% nel primo semestre 2014) e in Italia 8 persone su 10 utilizzano come principale strumento informativo la televisione. È il dato preoccupante che emerge dal decimo Rapporto sulle crisi umanitarie dimenticate dai Media pubblicato da Medici senza Frontiere (Msf) sabato scorso.
Se da una parte i conflitti aumentano e le crisi si inaspriscono nel mondo, dall’altra la tendenza dei media è quella di diminuire lo spazio ad esse dedicato. Qualcosa non va nei criteri di “notiziabilità” utilizzati per scegliere gli eventi a cui dare visibilità nei media italiani.
Nel 2013 era già stato segnalato un forte calo, ma nel primo semestre del 2014 il trend non è cambiato, anzi viene segnato il peggior risultato dal 2004 ad oggi: 2,7% sul complessivo dell’agenda dei telegiornali di prima serata.
La raccolta dei dati è stata condotta dall’Osservatorio di Pavia in collaborazione con Msf e ha riguardato i Tg in prima serata di Rai e Mediaset (ed è stata inserita succesivamente anche La7). I risultati dicono che nell’arco di dieci anni la diminuzione è stata costante. Sono 1601 le notizie che hanno riguardato eventi o situazioni di crisi umanitarie internazionali nel 2013, mentre erano 5795 nel 2004.
Il rapporto dice che i media italiani hanno dato maggiore attenzione (quando questa viene data) alle crisi in Asia, più di due terzi delle quali hanno riguardato un’area ben definita: Il Vicino-Medio Oriente, ovvero Israele, Libano, Palestina, Iraq e Afghanistan.
Segue poi l’Africa con la narrazione dei conflitti e di piaghe come la povertà e la malnutrizione e, ancora più in basso, il Sud America. La media è questa: 2220 notizie all’anno per l’Asia contro una media di 520 notizie per l’Africa e 80 per il Sud America.
Se il criterio utilizzato nella scelta è quello della “prossimità” che segue la regola: “Quanto più una crisi è vicina, tanto più è notiziabile”, si può comprendere che si parli poco del Sud America, ma non si capisce la marginalità data ad altre aree di crisi oltre a quelle del Vicino-Medio oriente.
L’Africa ne è l’esempio lampante, perché a parte il picco in concomitanza con gli effetti delle primavere arabe sulle popolazioni e il conflitto in Libia, se ne parla davvero poco.
Le notizie di solito riguardano soprattutto conflitti e atti terroristici (il 65,5% sul complessivo delle notizie pertinente sulle crisi), mentre l'attenzione maggiore è rivolta a fatti con coinvolgimento di occidentali. La percentuale delle notizie dedicate a povertà e malnutrizione è invece pari all'1,5%, mentre quelle relative alle emergenze sanitarie sono solo 293 in 10 anni (pari all'1%).
Come si vede nella Tabella 1 del rapporto (sotto), anche su questo il continente africano fornisce l’esempio più chiaro (60% delle notizie su guerre e terrorismo, 3% su povertà e malnutrizione).
Altra tendenza generale rilevabile è che esistono contesti che hanno una visibilità continua (il caso della crisi mediorientale, delle guerre irachena e afghana, ecc..), quelli con visibilità “a singhiozzo”, come la Somalia e le crisi in Sudan e Sud Sudan, e quelli “invisibili”, le crisi che rimangono nell’ombra come il caso della Repubblica Centrafricana.
Nella classifica stilata dal rapporto delle crisi più o meno visibili nei Tg serali italiani in dieci anni di rilevazione (sotto), la colonna di destra, quella delle “10 più invisibili”, è tutta “africana”, un bel record.