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lunedì 13 maggio 2019
Elezioni politiche 2019

L'ANC resta a galla

  • #Sudafrica
  • #Politica
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Mantiene il potere l'African national congress, perdendo però consensi, molti dei quali andati all’estrema sinistra degli Eff. Un risultato soddisfacente per il presidente Ramaphosa che promette lotta alla corruzione e il via a un piano di riforme per risollevare il paese.

di Efrem Tresoldi
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Venticinque anni dopo la fine dell’apartheid l’African national congress (Anc) si conferma al potere, ottenendo alle elezioni dell’8 maggio, per il rinnovo del parlamento il 58% dei consensi.

Nello stesso giorno si è votato anche per il governo delle 9 province (regioni) dove l’Anc ha conservato la sua leadership ovunque eccetto che nella Provincia del Capo occidentale che resta nelle mani del partito di opposizione, l’Alleanza democratica (Ad).

Il voto, secondo gli osservatori, è stato libero e corretto e senza episodi violenza. Da notare che è la prima volta che il partito al potere dal 1994 vince con meno del 60% dei voti, perdendo 4 punti percentuali rispetto alle elezioni del 2014, quando ne ottenne il 62%.

Tra i fattori che maggiormente hanno penalizzato l’Anc è la frustrazione sperimentata da molti a causa del mancato progresso nell’affrontare la disparità di reddito e ricchezza, che ha una connotazione razziale: la maggioranza dei neri vive in povertà mentre la maggior parte dei bianchi gode di un tenore di vita decente.

Ma per un’organizzazione fortemente divisa al suo interno, afflitta dalla corruzione e con un decennio di disastrosa leadership sotto l’ex presidente Jacob Zuma, il risultato è soddisfacente e costituisce una spinta per il nuovo presidente Cyril Ramaphosa, in carica dal febbraio 2018 al posto di Zuma.

Ramaphosa aveva promesso in campagna elettorale di migliorare l’erogazione dei servizi di base, di combattere la corruzione e creare nuovi posti di lavoro in un paese dove la disoccupazione è al 27%. Nel suo primo discorso dopo il voto ha anche promesso che libererà il partito da esponenti che hanno usato della loro posizione per arricchirsi e formerà un governo dove ci siano persone capaci e con forti ideali.

Per concretizzare il suo piano di riforme il nuovo presidente dovrà mettere in disparte quanti nel suo partito hanno seminato divisioni e hanno cercato in ogni modo di sabotarlo. In primis i fedelissimi dello screditato ex presidente Jacob Zuma che hanno ancora una notevole influenza nell’Anc. Tra questi il segretario generale del partito, Ace Magashule, che si è rifiutato di lasciare l’incarico nonostante le provate evidenze di lucrosi compensi ricevuti dalla famiglia indiana dei Gupta, faccendieri amici di Zuma, indagati di corruzione e del reato di sequestro dello stato.

Nelle elezioni dell’8 maggio, l’opposizione non è stata capace di capitalizzare gli errori del partito al potere e la crescente frustrazione di tanti cittadini, giovani soprattutto, nei confronti dell’Anc. E non ha saputo guadagnare abbastanza voti per poter sperare di fare parte del governo del paese.

In particolare l’Alleanza democratica (Da), partito liberale guidato da Mmusi Maiamane, che con il 21% dei consensi non è riuscita a fare meglio delle scorse elezioni, quando ottenne il 22%. Chi invece è migliorato è il partito di estrema sinistra dei Combattenti per la libertà economica (Eff), che si è confermata terza forza politica del paese, ed è passata dal 6% del 2014 all’11% di quest’anno.

Da notare in queste elezioni è l’aumento dell’assenteismo: si sono recati alle urne il 65% degli aventi diritto al voto (circa 26 milioni su una popolazione di 58 milioni), un calo rispetto al 73% di cinque anni fa, e tra i giovani neri i votanti sono passati dall’80% delle precedenti elezioni al 75%.

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