Interviene l'Egitto, dopo la firma, venerdì, di un accordo a 4 per ridiscutere la distribuzione delle acque del Nilo. Il governo egiziano sarebbe pronto ad aprire il dialogo con i paesi rivieraschi, dopo che Etiopia, Uganda, Rwanda e Tanzania, hanno firmato, il 14 maggio, ad Entebbe, in Uganda, un accordo separato per riaprire la discussione sulla gestione condivisa delle acque del fiume. Burundi, Repubblica Democratica del Congo e Kenya, rimangono per il momento in disparte, a guardare l'evolversi della situazione, anche se potrebbero aderire successivamente all'intesa.
Il documento non prevede alcuna spartizione specifica, ma stabilisce la rinegoziazione delle quote, delegittimando di fatto i precedenti accordi.
Da oltre dieci anni i paesi del Bacino del Nilo discutono per rivedere i diritti di ciascun paese sulle acque del fiume. Dopo i numerosi fallimenti è arrivata la spaccatura. Secondo il ministro egiziano per gli affari parlamentari e giuridici, senza la firma de Il Cairo e di Khartoum il documento di Entebbe non può, però, entrare in vigore.
L'Egitto e il Sudan, che da soli controllano l'87% dell'acqua del fiume, sono contrari ad ogni revisione delle quote, assicurata, peraltro, da due trattati firmati nel 1929 e nel 1959.
L'accordo riserva inoltre a Il Cairo un diritto di veto su tutti i lavori a monte del fiume e stabilisce che gli altri paesi rivieraschi debbano chiedere un'autorizzazione ad Egitto e Sudan, prima di intraprendere qualsiasi progetto che possa pregiudicare il livello e il flusso delle acque.
(L'intervista a Maria Rusca, ricercatrice dell'Università di Roma Tre, è stata estratta dal programma radiofonico Focus, di Michela Trevisan