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venerdì 15 febbraio 2019
AL-KANTARA - FEBBRAIO 2019

Occidente e Cina, litigi neocoloniali per l’Africa

  • #Politica
  • #Economia
  • #El Ayoubi
di Mostafa El Ayoubi
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Settimo summit sino-africano
Si è tenuto a Pechino, ha visto la partecipazione dei leader dei 54 paesi africano e ha stabilito iniziative di cooperazione in questi settori: promozione industriale, connettività alla rete delle infrastrutture, facilitazione degli scambi, sviluppo ambientale, sviluppo del know-how, assistenza sanitaria, scambi interpersonali, pace e sicurezza.

Che la Cina sia il primo partner commerciale dell’Africa preoccupa le potenze occidentali che hanno colonizzato e colonizzano il continente. Tra il 2002 e il 2017 gli investimenti cinesi nei diversi paesi sono passati da 10 a 170 miliardi di dollari; Pechino detiene il 15% del mercato africano, mentre gli americani ne controllano il 7% e i francesi il 6%.

Molti commentatori sostengono che il paese asiatico si muova in Africa con una logica neocoloniale. E ciò in linea con il pensiero degli Usa che hanno aperto una guerra economica contro la Cina. «Gli investimenti cinesi mettono in pericolo le risorse naturali dell’Africa e la sua stabilità», dichiarò Rex Tillerson, ex segretario di Stato americano, nel marzo 2018. Una bizzarra considerazione, visto che i governi Usa, dalla fine della Seconda guerra mondiale in poi, sono stati i campioni nella destabilizzazione politica di tanti paesi al fine di imporre la loro egemonia!

Si accusa la Cina di giocare la carta del debito estero per sottomettere il continente. La Cina, ovviamente, non investe a fondo perduto. La sua economia in forte espansione necessita di materie prime: ha costruito in Etiopia un gasdotto di 700 km che arriva fino al porto di Gibuti; l’Uganda è il terzo fornitore di petrolio a Pechino; lo Zambia deve 8 miliardi di dollari ai cinesi, che pare vogliano entrare in possesso della compagnia nazionale dell’elettricità Zesco, perché questo paese ha difficoltà a rimborsare il suo debito.

Occorre tuttavia ricordare che nel 2009 la Cina ha cancellato 312 debiti africani per un totale di 3 miliardi di dollari; nel 2015 ha concesso delle agevolazioni sul debito con la cancellazione di quello a tasso d’interesse zero; e nel settembre scorso, durante il settimo summit sino-africano, il presidente cinese Xi Jinping, oltre ad annunciare nuovi investimenti in Africa, dell’ordine di 60 miliardi di dollari, ha parlato di nuove azioni per alleggerire il debito africano.

La Cina è una potenza economica: i suoi investimenti destinati all’Africa sono solo il 3% degli investimenti globali. L’interesse principale per l’Africa è geostrategico. È legato al suo progetto della nuova via della seta (la parte marittima), per il quale le coste orientali africane sono un nodo centrale perché le consentono di raggiungere il Golfo di Aden.

Pechino ha costruito una linea ferroviaria che collega l’Etiopia a Gibuti e, nel 2017, una base militare in quest’ultimo paese che si affaccia su Bab el-Mandeb, lo strategico stretto tra il Gibuti e lo Yemen, che collega l’Oceano Indiano al Mar Rosso e quindi al Mediterraneo attraverso il canale di Suez. Ciò consente alle navi cinesi di raggiungere l’Europa – uno dei principali importatori di merci cinesi – senza dover circumnavigare l’Africa.

Vi è un altro elemento che spiega l’interesse geopolitico della Cina. Il peso politico dei cinesi a livello mondiale non corrisponde alla loro potenza economica. E i paesi africani rappresentano un terzo dei membri dell’Onu: portarli nella propria sfera d’influenza renderebbe la Cina molto forte anche dal punto di vista geopolitico.

Lo scontro tra l’Occidente e la Cina potrebbe tornar utile ai paesi africani, se solo avessero classi politiche lungimiranti.

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