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lunedì 20 agosto 2018
Camerun, lotta a Boko Haram

Stabilità, due sfide per Yaoundé

  • #Camerun
  • #Terrorismo

Nell’estremo nord del Camerun il conflitto tra esercito e vigilantes contro il movimento jihadista nigeriano Boko Haram sta scemando. Ma, avverte un rapporto dell’International Crisis Group, la stabilità a lungo termine nella regione dipenderà da come il governo affronterà alcune importanti sfide alla sicurezza.

di Marco Cochi
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Nella foto: un soldato dell'esercito camerunese controlla dall'alto il confine con la Nigeria nella regione dell'Extreme Nord. 

«L’intensità dei combattimenti tra le forze governative e gli insorti di Boko Haram nella regione camerunese dell'Extreme Nord sta diminuendo, anche se il movimento rappresenta ancora una minaccia e la situazione umanitaria rimane precaria».

Questo è quanto emerge dal nuovo report dell’International Crisis Group (ICG), un’organizzazione non governativa transnazionale, che dal 1995 svolge attività di ricerca sul campo in materia di conflitti violenti. 

Il report intitolato “Cameroon’s Far North: a new chapter in the fight against Boko Haram” (Estremo Nord del Camerun: un nuovo capitolo nella lotta contro Boko Haram) e diffuso la scorsa settimana, propone al governo locale alcune misure volte a incoraggiare alla resa il maggior numero di camerunesi che hanno aderito al movimento jihadista nigeriano e a preparare la smobilitazione dei gruppi di autodifesa comunitaria (vigilantes).

Due sfide per Yaoundé

Gli analisti dell’ICG spiegano che la stabilità a lungo termine nella regione - che fa parte del più ampio territorio del Lago Ciad, dove s'incontrano Niger, Ciad, Nigeria e Camerun - dipenderà da come il governo saprà affrontare le due principali sfide alla sicurezza: distinguere gli ex combattenti tra militanti pericolosi e altri che hanno avuto un ruolo marginale nel sostegno a Boko Haram, e preparare in maniera costruttiva la smobilitazione dei vigilantes, che hanno svolto un ruolo determinante nel contrasto al gruppo estremista.

L’istituto di ricerca di Bruxelles ritiene che tale approccio risulti fondamentale, in una fase assai delicata per il paese africano che si trova a dover fronteggiare la ribellione dei gruppi separatisti nelle regioni anglofone del North-West e South-West e che continua ad essere gravato da elevati livelli di debito, che continuano a imporre una forte pressione sulle finanze pubbliche. Senza dimenticare che il prossimo 7 ottobre si terranno le elezioni presidenziali, nelle quali il presidente Paul Biya correrà per un settimo mandato. Nel giugno del prossimo anno, inoltre, il Camerun ospiterà la Coppa di calcio delle nazioni africane 2019. 

Secondo le stime dell’ICG, dal 2014 il gruppo islamista in Camerun ha causato oltre duemila morti tra militari e civili, e rapito circa mille persone. Gli strumenti principali adottati dall’esecutivo camerunense per combattere i jihadisti nell’Extreme Nord, hanno incluso l’adozione di misure per indurre i militanti a lasciare Boko Haram e l’impiego di circa 14 mila vigilantes per supportare le forze di sicurezza, a loro volta spesso accusate di violenze sui civili.

Processi equi e reinserimento

Lo studio evidenzia che da ottobre 2017, il governo del Camerun ha manifestato una maggiore apertura nell’accettare i disertori del gruppo terrorista nigeriano. E ad oggi, quasi duecento ex combattenti si sono arresi. Anche se, secondo l’ICG, il governo dovrebbe rafforzare questa politica, garantendo protezione agli ex jihadisti e la certezza di un equo processo, al termine del quale difficilmente i non combattenti dovranno affrontare il carcere. Oltre a ideare un programma di sostegno per aiutare gli ex militanti a reintegrarsi nelle comunità di origine, anche attraverso il confronto con i paesi vicini che hanno maggiore esperienza in materia di buone pratiche per il reinserimento degli ex combattenti.

Per quanto riguarda i vigilantes, le autorità dovrebbero monitorare in maniera più accurata le loro attività, addestrarli meglio, indagare su tutte le accuse di abusi che gli sono state attribuite e smobilitarli dalle aree in cui non sono più necessari, registrando quelli che ancora detengono armi e stabilendo progetti per consentire il loro reinserimento nella vita civile, aiutandoli a trovare lavoro o finanziando microprogetti in settori come il commercio e l’agricoltura.

Il modo in cui il governo saprà gestire queste sfide determinerà la possibilità di fornire una maggiore stabilità all’estremo nord del paese africano. Infine, il rapporto ricorda che la lotta contro Boko Haram in generale e il reinserimento degli ex membri in particolare, vanno di pari passo con il rispetto dei diritti umani.

Per questo, i video di gravi abusi, circolati di recente su Internet, che mostrano l’uccisione da parte di soldati camerunesi di donne e bambini disarmati, accusati di appartenere a Boko Haram, possono solo scoraggiare i miliziani dall’arrendersi. Ma al contrario, spingerli a tornare in segreto in Camerun per compiere nuovi attacchi.

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