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martedì 21 maggio 2019
L'ARIA CHE TIRA - MAGGIO 2019

Sudafrica, più spazio a sole e vento

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di Gianni Silvestrini
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Eskom
La Electricity Supply Commission (Eskom) è stata fondata nel 1923 ed è tra le prime dieci compagnie elettriche del mondo. Lo scorso febbraio, il governo sudafricano è intervenuto con 23 miliardi di rand (1,4 miliardi di euro) per sostenere l’indebitata Eskom.

Le centrali a carbone forniscono tre quarti dell’elettricità del Sudafrica. Un mix molto inquinante e destinato a comportare problemi crescenti alla rete, con rischi di vasti black-out per la necessità di smantellare vecchie centrali.

E c’è un’altra criticità, quella finanziaria, che incombe sulla Eskom, la più grande azienda elettrica dell’intera Africa, con un debito che ha ormai superato i 30 miliardi dollari. Per uscire da questa impasse e rendere la compagnia elettrica più efficiente, il governo insediatosi nel 2018 vuole separare le attività di produzione, trasmissione e distribuzione.

L’intento è anche quello di dare più spazio alle rinnovabili che oggi forniscono solo il 5% della generazione. Un cambio netto di marcia rispetto alle politiche del presidente Zuma che avevano portato a un blocco di tre anni delle iniziative sulle rinnovabili, complice il miraggio di un impossibile e poi abbandonato progetto di 8 nuove centrali nucleari.

Del resto, il messaggio del nuovo ministro dell’energia, Jeff Radebe, è stato chiaro: la generazione centralizzata è destinata a sparire per essere sostituita da mini reti e batterie. Una giustissima aspirazione anche se il percorso sarà molto lungo. I programmi al 2030 prevedono infatti 25 GW di sole, vento, idro e gas, ma il carbone dovrebbe generare ancora il 65% dell’elettricità…

Questo scenario potrebbe però evolvere più velocemente. Nell’ultima asta per nuova potenza elettrica, gli impianti green hanno vinto offrendo un prezzo dell’energia inferiore del 18% rispetto a una nuova centrale a carbone. Ma si tratta di valori più elevati rispetto a quelli ottenuti da parchi eolici e centrali solari in altre parti del mondo, per cui è prevedibile che nei prossimi anni i prezzi saranno sempre più competitivi e la quota verde potrebbe crescere più rapidamente.

Naturalmente nelle strategie governative sarà molto rilevante l’impatto occupazionale delle varie scelte. I sindacati sono infatti molto preoccupati per la chiusura delle centrali a carbone. D’altra parte vanno considerate le ricadute positive delle rinnovabili, anche alla luce della norma che richiede che almeno il 40% delle tecnologie sia realizzato localmente: uno scenario che porterà a un deciso aumento degli occupati.

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