Algeria, 40 detenuti di coscienza in sciopero della fame - Nigrizia
Algeria Politica e Società
Nel mirino del regime soprattutto i sindacalisti indipendenti. Chiuse le sedi e licenziati dal lavoro
Algeria, 40 detenuti di coscienza in sciopero della fame
11 Febbraio 2022
Articolo di Redazione
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Dal 28 gennaio, circa 40 prigionieri politici in Algeria sono in sciopero della fame. Chiedono di essere liberati da una detenzione che giudicano illegale e arbitraria e invocano la cessazione della crescente persecuzione degli attivisti democratici accusati di “terrorismo” ai sensi del nuovo articolo 87bis del codice penale. Tra gli scioperanti ci sono molte donne, giovani e sindacalisti incarcerati in “detenzione provvisoria”, in attesa di essere giudicati e condannati.

La repressione in Algeria si è notevolmente intensificata da quando è sceso nelle strade il movimento di massa per la democrazia Hirak, nel febbraio del 2019. Dopo il rilascio, altamente mediatizzato di circa 40 prigionieri lo scorso febbraio, il Comitato nazionale per il rilascio dei detenuti contava 70 prigionieri di coscienza. Oggi sono 330.

Diversi dirigenti dello Snapap, il sindacato indipendente dei lavoratori della pubblica amministrazione, si sono uniti allo sciopero, in solidarietà, dall’esterno.

I sindacalisti indipendenti in Algeria affrontano una doppia repressione: sono incessantemente perseguitati per la loro lotta per i diritti sindacali e ora repressi per il loro impegno in Hirak.

Dal 2017, gli organi di controllo dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil) hanno regolarmente confermato le violazioni dei diritti sindacali fondamentali in Algeria e hanno chiesto al governo del paese di garantire i diritti dei sindacati indipendenti dallo stato. Finora, tuttavia, senza risultato.

Le sedi dei sindacati indipendenti sono state chiuse e sigillate dalla polizia. La sorveglianza costante, le persecuzioni seriali degli attivisti e l’effettiva criminalizzazione dell’attività sindacale, che ora include la minaccia di essere perseguita per “terrorismo”, rendono impossibile ai membri del sindacato comunicare liberamente e incontrarsi pubblicamente.

I leader e i membri del sindacato continuano a essere licenziati dai loro posti di lavoro e inseriti nella lista nera degli impiegati del settore pubblico.

 

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