14°-17° sec.: il sud è teatro di una massiccia invasione degli éwé, dalla Nigeria, e degli ane, dal Ghana e Costa d’Avorio, che occupano terre già occupate da awa ed etnie voltaiche. 16°-19° sec.: milioni di persone sono deportate come schiavi destinati ai mercati americani. 1700: le coste sono occupate dai danesi. 1884: l’esploratore tedesco Gustav Nachtigal visita il Togo per conto dell’imperatore Guglielmo II; alla Conferenza di Berlino (1884-1885) il protettorato tedesco sul Togo è riconosciuto; si fa ricorso ai lavori forzati per sviluppare le piantagioni.
1914: allo scoppio della Prima guerra mondiale, il Togo è occupato da truppe francesi e inglesi. 1922: Francia e Gran Bretagna si spartiscono il territorio dietro mandato della Società delle Nazioni: la zona orientale va prima, quella occidentale alla seconda. 1946: sorge il partito dell’Unione del Togo, che chiede riunificazione e indipendenza. 1956: la parte occidentale (inglese) si pronuncia a favore dell’integrazione con la Costa d’Oro (oggi Ghana); il Togo francese diventa repubblica autonoma nell’ambito dell’Unione francese.
1958: Sylvanus Olympio vince le elezioni nel Territorio d’Oltremare del Togo, con un programma indipendentista moderato. 1960, 27 aprile: indipendenza. 1961: Olympio è eletto presidente. 1963: durante un colpo di stato, cui sembra prendere parte Étienne Gnassingbé Eyadéma, ufficiale delle forze armate, Olympio è assassinato; gli succede Nicolas Grunitzky, leader del Partito togolese del progresso, di tendenze neocolonialiste.
1967: Grunitzky è defenestrato dal col. Gnassingbé Eyadéma, che si proclama presidente, sospende la costituzione e scioglie i partiti politici. 1969: viene costituito il partito unico, il Raggruppamento del popolo togolese (Rpt). 1970: il presidente sfugge a un complotto. 1972, gennaio: Eyadéma riconfermato da un referendum. 1974: il regime militare nazionalizza il 35% delle azioni della compagnia mineraria (fosfati); secondo sventato complotto contro Eyadéma; molti oppositori sono arrestati e sono rafforzate le misure repressive. 1975: la percentuale della nazionalizzazione delle miniere sale a 51%. 1976: produzione ed esportazione dei fosfati interamente nazionalizzate.
1979, dicembre: una nuova costituzione sancisce il sistema presidenziale, con un parlamento i cui membri sono scelti dalle liste del partito unico; Eyadéma (unico candidato) è eletto presidente per altri sette anni. 1980: il governo punta sullo sviluppo economico, grazie a turismo, petrolio e aumento del prezzo dei fosfati; arrivano gli elogi del Fmi.
1981: il prezzo dei fosfati si dimezza; recessione economica e drastica riduzione del turismo; il debito estero tocca i 1.000 milioni di dollari. 1985: a Lomé vengono firmati gli accordi “Lomé 3” tra Comunità economica europea e i paesi del gruppo ACP (Africa, Caribi e Pacifico); serie di attentati nella capitale; nuovo tentativo di golpe, ma la Francia accorre in aiuto di Eyadéma, il quale accusa Burkina Faso e Ghana; chiuse le frontiere con il Ghana (fino al 1987).
1986, gennaio: Eyadéma rieletto (99,95% dei voti); Gilchrist Olympyo, figlio di Sylvanus, in esilio, viene condannato a morte per complicità nel tentato colpo di stato del 1985. 1988: nuovi accordi con il Fondo monetario internazionale e piano di aggiustamento strutturale dell’economia; privatizzazione di alcune aziende pubbliche.
1991: scioperi e dimostrazioni; aprile: il presidente legalizza i partiti politici e accetta di condividere il potere con un’amministrazione ad interim in attesa delle elezioni; agosto: la Conferenza nazionale sovrana nomina primo ministro Kokou Koffigoh, con l’incarico di formare un nuovo governo; un ennesimo tentativo di colpo di stato da parte dei militari fallisce.
1992, gennaio: grande corteo di protesta delle donne della capitale; sanguinosi scontri; è approvata la nuova costituzione. 1993: Eyadéma scioglie il governo in un’escalation di proteste popolari e scontri; migliaia di cittadini fuggono nelle nazioni vicine; agosto: Eyadéma vince le elezioni presidenziali (boicottate dall’opposizione); l’Unione europea e gli Stati Uniti sospendono gli aiuti, interrompono le relazioni diplomatiche e premono per riforme democratiche.
1994, gennaio: proteste popolari e nuovo attentato contro Eyadéma; febbraio: le elezioni parlamentari sanciscono la vittoria dell’opposizione; primo ministro è Edem Kodjo, leader dell’Unione togolese per la democrazia; settembre: la Francia riprende la cooperazione civile e militare con Lomé. 1998: Eyadéma è rieletto presidente; manifestazioni dell’opposizione contro sistematiche violazioni dei diritti umani.
2000, marzo: un rapporto dell’Onu accusa Blaise Compaoré (presidente del Burkina Faso) e Eyadéma di aver venduto armi al gruppo ribelle angolano Unita in cambio di diamanti; giugno: l’Onu e l’Organizzazione per l’unità africana (Oua) conducono un’inchiesta su asserzioni circa esecuzioni sommarie e sistematiche violazioni dei diritti umani da parte delle forze armate dopo le elezioni del 1998. 2001, febbraio: le asserzioni sono confermate; agosto: Yawovi Agboyibo, leader dell’opposizione, è imprigionato per sei mesi, accusato di aver diffamato il primo ministro; dimostrazioni per le strade della capitale Lomé; il governo annuncia che Eyadéma non si ricandiderà per la terza volta nel 2003.
2002, giugno: Eyadéma licenzia il primo ministro (e alleato) Agbéyomé Kodjo, ma Kodjo accusa il presidente e i suoi più vicini collaboratori di corruzione e abusi dei diritti umani; ottobre: il partito al governo vince le elezioni parlamentari, boicottate dall’opposizione; dicembre: il parlamento cambia la costituzione per consentire a Eyadéma di ricandidarsi per un terzo mandato.
2003, giugno: Eyadéma è rieletto; il primo ministro Koffi Sama e l’intero governo si dimettono; luglio: Eyadéma riconferma Koffi Sama e annuncia la formazione di un governo di unità nazionale, che però non include i partiti di opposizione; settembre: il Togo invia 150 soldati in missione di pace in Liberia. 2004, agosto: il presidente grazia 500 detenuti; novembre l’Unione europea riprende parziali relazioni diplomatiche (sospese nel 1993).
2005, febbraio: muore il presidente Gnassingbé Eyadéma; i militari nominano a succedergli il figlio Faure Gnassingbé; dietro forti pressioni internazionali, il nuovo leader si dimette e accetta di affrontare le urne; aprile: come scontato, Faure vince un’elezione che le opposizioni definiscono “farsa”; violenze per le strade (400-500 morti); giugno: Faure Gnassingbé nomina Edem Kodjo, esponente dell’opposizione, primo ministro.
2006, aprile: riprendono i dialoghi di riconciliazione tra governo e opposizione, interrotti con la morte di Eyadéma; agosto: firmato l’accordo per una partecipazione dell’opposizione in un governo di transizione; settembre: Yawovi Agboyibo, capo storico del Comitato d’azione per il rinnovamento, è nominato primo ministro, con l’incarico di formare un governo di unità nazionale e organizzare le elezioni.
2007, febbraio: torna in patria per breve tempo Gilchrist Olympio, figlio di Sylvanus; ottobre: l’Rtp, il partito di potere, vince le elezioni parlamentari; novembre: l’Unione europea riprende la piena cooperazione economica, dopo 14 anni di sospensione; dicembre: Komlan Mally, dell’Rtp, è nominato primo ministro.
2008, settembre: Gilbert Houngbo, ex funzionario dell’Onu, è il nuovo primo ministro, sostenuto dall’Rtp. 2009, aprile: Kpatcha Ghanssingbé, fratellastro di Faure ed ex ministro della difesa, e numerosi ufficiali dell’esercito sono arrestati con l’accusa di tentato complotto contro il presidente; giugno: il Togo abolisce la pena di morte.
2010, gennaio: la nazionale di calcio abbandona la Coppa d’Africa che si svolge in Angola dopo un attacco al pullman che trasportava i giocatori da parte dei ribelli dell’enclave di Cabinda (due funzionari togolesi uccisi); marzo: Faure è dichiarato vincitore delle elezioni presidenziali; secondo, dopo Faure, è Jean-Pierre Fabre, candidato dell’Unione delle forze per il cambiamento (Ufc), sostituendo Olympio, per ragioni di salute; l’opposizione si rifiuta di riconoscere i risultati dello scrutinio (accuse di frodi); insorge l’opposizione, con tre giorni di manifestazioni di protesta, ma l’Unione africana si affretta a riconoscere il risultato elettorale, salutando il “nuovo” presidente; l’Unione europea ha sborsato 9 milioni di euro (alcuni parlano di 20) per l'organizzazione di questa nuova farsa elettorale, che ha tutta l’aria di essere un “sì” alla “democrazia ereditaria”; maggio: Gilchrist Olympio, a capo dell’Unione delle forze per il cambiamento (Ufc), firma un accordo politico per la partecipazione a un governo di ripresa nazionale con l’Rpt; la decisione di Olympio spezza l’unità del suo partito; giugno: lunga serie di scioperi.
2011, marzo: la polizia disperde i manifestanti che protestano contro una legge che restringerebbe il diritto di manifestare per le strade; settembre: Kpatcha Ggnassingbé è condannato alla prigione per aver complottato contro il fratellastro; l’Ufficio marittimo internazionale esprime preoccupazione per l’escalation di atti di pirateria lungo le coste dell’Africa Occidentale.
2012, giugno: scontri tra le forze dell’ordine e dimostranti scesi in strada per protestare contro la riforma del codice elettorale, giudicato scandalosamente favorevole al partito di governo; luglio: schiacciante vittoria della coalizione di governo (Unir – Unione per la repubblica) alle elezioni parlamentari, con 62 deputati su 91; il Collettivo “Salviamo il Togo” (Cst) ottiene 19 seggi, seguito dalla Coalizione Arcobaleno (6 seggi), dal partito di opposizione, Unione delle forze per il cambiamento di Gilchrist Olympio-Ufc (3 seggi) e dal Sursaut National (1 seggio); l’opposizione denuncia brogli, mentre gli osservatori africani parlano di voto “accettabile”.
2013, luglio: sono 62 i seggi ottenuti dal partito del presidente Gnassingbé alle elezioni parlamentari, su un totale di 91 seggi; l’opposizione denuncia brogli, mentre gli osservatori africani parlano di voto «accettabile».
2015, 23-27 marzo: sciopero nazionale generale proclamato dalla Sinergia dei lavoratori del Togo, dopo quello avuto la settimana prima; i toni delle parti sono sempre più duri e il clima, in vista delle elezioni presidenziali del prossimo 15 aprile, è tutt'altro che tranquillo: maggio: il presidente Faure Gnassingbé è dichiarato vincitore delle elezioni presidenziali; Jean-Pierre Fabre, ancora secondo, rifiuta i risultati; i capi di stato dell’Africa Occidentale intervengono per mediare, ma invano; dopo 48 anni di regno di una sola famiglia, la “democrazia ereditaria” pare volersi perpetuare; dicembre: tonnellate di oro dalle miniere artigianali del Burkina Faso transitano illegalmente in Togo da dove, legalmente, finiscono poi nel Canton Ticino, presso la raffineria Valcambi; secondo l’ong svizzera “Berna Declaration”, si tratta di almeno 7 tonnellate di oro all’anno, per guadagni illeciti che sfiorano i 6,5 milioni di franchi.
2017, agosto-settembre: manifestazioni in molte città per chiedere il ritorno alla costituzione del 1992, che limitava a due i mandati presidenziali; la società civile togolese sembra risvegliarsi e impedire al presidente di restare al potere a vita come il padre; novembre: il presidente accusa i leader dell’opposizione di «orchestrare violenze attraverso massicce manifestazioni antigovernative attraverso l’intera Africa Occidentale”; l’opposizione definisce le parole del presidente “una dichiarazione di guerra contro il popolo togolese”; almeno 16 persone uccise e oltre 200 ferite da agosto, nel corso di tre mesi di manifestazioni di protesta al grido: “50 anni di dittatura famigliare bastano”; dicembre: continuano le manifestazioni antigovernative nella capitale, Lomé, mentre il presidente, in Nigeria, presiede il vertice dei capi di stato dell’Africa Occidentale; l’opposizione rifiuta di partecipare alle consultazioni del governo per un possibile “dialogo nazionale” per superare l’impasse politico; 31 dicembre: decine di migliaia di manifestanti per le strade di Lomé: “Non ci stancheremo mai di dire di no alla dittatura”.
2018, 1° gennaio: il presidente torna a parlare direttamente alla nazione dopo mesi di silenzio: «Il dialogo democratico è l’unica via»; 21 gennaio: decine di migliaia di donne scendono nelle strade di Lomé per protestare contro il presidente; febbraio: non si placano le manifestazioni; il presidente del Ghana, Nana Akufo-Addo, e quello delle Guinea, Alpha Conde, sono a Lomé come mediatori nel dialogo in corso a porte chiuse in un hotel; il portavoce della delegazione ghaneana dice che Faure Gnassingbé «ha decisio di liberare 45 dei 92 arrestati durante le proteste dei mesi scorsi»; 6 marzo: una coalizione di 14 partiti dell’opposizione riprende le proteste contro il governo, nonostante che ambedue le parti si siano accordate sulla loro sospensione, almeno durante i colloqui; 23 marzo: riprendono i colloqui, dopo un mese di sospensione, con il presidente ghaneano, Nana Akufo-Addo nel ruolo di mediatore.
(Aggiornato al 26 marzo 2018)