
Le sorti del leader dell’opposizione Succés Masra tengono il Ciad con il fiato sospeso. Il massimo dirigente del partito Les Transformateurs, ex primo ministro, è stato prelevato dalla sua abitazione nella capitale N’Djamena la settimana scorsa. Masra, 42 anni, ex alto funzionario della Banca africana di sviluppo, è accusato di aver diffuso discorsi d’odio e incitato alla rivolta. Dal giorno dell’incursione nella sua casa, che è anche la sede del partito, Masra resta in custodia cautelare.
La prima udienza si sarebbe dovuta tenere ieri ma non si è svolta perché le forze di sicurezza non hanno permesso ai legali del politico di assisterlo durante il colloquio. L’incontro con i giudici è stato posticipato a oggi 20 maggio su richiesta dei legali e dopo che Masra si è rifiutato di rispondere alle domande del pubblico ministero.
L’arresto del politico di opposizione, che per i suoi sostenitori si tratta di un “rapimento”, arriva in un momento delicato della politica ciadiana, ancora alle prese con i postumi di una transizione politica che ha rafforzato il potere del presidente Mahamat Déby Itno ma che ha lasciato diffuso malcontento. Ma si innesta anche su uno dei più gravosi problemi della politica e della società del Ciad: le violenze intercomunitarie e in modo particolare quelle che si verificano fra pastori nomadi e semi nomadi e coltivatori stanziali.
Una dinamica che si alimenta e che a sua volta peggiora le tradizionali divisioni politiche, religiose e comunitarie che segnano il paese dalla post indipendenza lungo l’asse nord-sud. Gli scontri proseguono a fasi alterne da decenni nelle province centrali e meridionali del paese e non di rado provocano centinaia se non migliaia di vittime e decine di migliaia di sfollati. Masra è stato accusato di aver avuto un ruolo in un massacro di allevatori che si è verifiicato nei giorni scorsi a Mandakao, nella provincia meridionale del Logone orientale e a una 80ina di chilometri da Mondou, seconda città più popolosa del Ciad.
I fatti
Andando per ordine. Masra è stato arrestato all’alba di venerdì 16 maggio da una dozzina di militari in mimetica. Secondo quanto denunciato dal comitato esecutivo del suo partito, i soldati hanno agito al di fuori di qualsiasi procedura giudiziaria e in violazione della Costituzione. Da giorni il leader dei Transformateurs è in custodia cautelare nella capitale.
Ieri gli avvocati del politico hanno denunciato di essere stati bloccati e insultati dagli agenti che presidiavano l’ufficio della polizia giudiziaria dove si sarebbe dovuta svolgere la prima udienza. Il colloquio è stato quindi spostato a oggi ma mentre si scrive questo articolo non ci sono novità a riguardo. Secondo Francis Kadjilembaye, firmatario di una dichiarazione dei legali di Masra, quanto è avvenuto all’ufficio della polizia «non è solo inaccettabile, ma è anche pericoloso per lo stato di diritto».
Un audio incriminato
Il leader dei Transformateurs, stando a quanto è noto finora, è stato accusato di «incitamento all’odio, rivolta di bande armate, complicità in omicidio, incendio doloso e profanazione di tombe». All’origine di tutto ci sarebbe un audio in cui Masra esorta i giovani delle comunità di agricoltori sud del paese a organizzarsi per difendersi da possibili attacchi da parte dei pastori.
L’audio, che è in lingua ngambay, la più diffusa nella provincia del Logone orientale di cui il politico è originario, risale in realtà al 2023 ma sarebbe circolato sui social media anche nelle scorse settimane. Secondo le autorità ciadiane avrebbe contribuito a innescare le violenze che hanno portato al massacro di Mandakao. Per la polizia ciadiana i morti negli scontri sono stati 41, per lo più allevatori, più di 75 le capanne distrutte.
Come si arriva all’arresto
Per capire quanto c’è di vero e quanto c’è di manipolazione politica urge del contesto. Nel 2023 Masra si trovava all’estero in auto esilio. L’anno prima infatti, per l’esattezza nell’ottobre 2022, il presidente Déby aveva deciso di prolungare di due anni la transizione cominciata nell’aprile 2021 dopo la morte del padre Idriss Dèby, al potere 30 anni dal 1991. Questo nonostante Déby figlio, generale dell’esercito, si fosse impegnato all’inizio a un periodo di soli 18 mesi e a non ricandidarsi. Altra condizione disattesa nell’ottobre 2022.
Ne sono seguite delle proteste e la feroce repressione delle forze armate, che secondo diverse organizzazioni della società civile ciadiana ha lasciato sul campo oltre 200 vittime fra i civili e centinaia di arresti. A quel punto Masra ha lasciato il paese. Vi ha fatto ritorno poi sul finire del 2023 nell’ambito di un accordo col presidente, mediato dal capo di stato della Repubblica democratica del Congo, Félix Tshisekedi.
L’intesa di Kinshasa, o di Toumai, cosi è noto il patto fra i due, ha cancellato un mandato di cattura internazionale ai danni di Masra e ha permesso al politico di entrare nel governo come primo ministro, Alle elezioni del maggio 2024, atto finale della famigerata transizione, il leader dei Transformateurs si è presentato poi con le opposizioni, aggiudicandosi circa il 20% dei voti contro il 60% ottenuto dal presidente e lamentando brogli.
Una retorica pericolosa?
L’audio di cui si parla risale al 2023, a prima dell’intesa con Dèby. Secondo Enrica Picca, ricercatrice esperta di Ciad e Repubblica Centrafricana dell’International Crisis Group, «all’epoca, durante l’esilio, la retorica di Masra era molto più incentrata di adesso sul conflitto allevatori-pastori e sulle divisioni che si porta dietro: cristiani-musulmani, nord-sud. In altri messaggi audio dello stesso periodo ha fatto appello ai giovani del sud affinchè costituissero dei gruppi di auto difesa per proteggersi e ha parlato di “scudi umani” per gli agricoltori. Sulle armi – aggiunge Picco – Masra è stato ambiguo, ma in un’ottica di auto difesa si è espresso a favore».
L’audio di Masra, stando alle verifiche di Picco, «risulta autentico. Ci sono poi gruppi di ragazzi che si richiamano ai Transformateurs e che al contempo predica la necessità di armarsi contro gli allevatori». Ciò detto, la congiuntura politica sembra rendere più complesse le ragioni dell’arresto. «L’intervento contro il leader dell’opposizione segue sì il massacro di Mandakao, ma anche delle sue dichiarazioni in cui tornava ad attaccare il governo e in cui chiedeva al presidente Dèby di onorare tutti i punti dell’accordo di Kinshasa del 2023, che secondo Masra non è stato rispettato». Dinamiche politiche quindi, che si sovrapporrebbero a quelle meramente legali.
«Una macchinazione politica»
Ne è convinto Siguidé Djimtoidé, attivista dei Transformateurs, esperto di risorse umane e consulente per il comune di Doba, capoluogo della provincia del Logone orientale. «È tutta una macchinazione politica, si capisce da vari fattori – afferma Djimtoidé -: innanzitutto, nell’audio incriminato Masra invoca semplicemente l’autodifesa, che è riconosciuta dalla Costituzione ciadiana e di cui spesso hanno parlato anche attuali dirigenti del governo, come l’ex primo ministro e attuale mediatore della repubblica, Saleh Kebzabo. Sempre di recente – aggiunge l’attivista – il governo ha firmato un accordo di pace con un gruppo di auto difesa nel nord (il Comitato di autodifesa di Miski nella regione aurifera del Tibesti, al confine con la Libia, ndr), di fatto riconoscendolo».
Oltre a questo, argomenta ancora l’esponente dei Transformateurs, «le dichiarazioni di Masra risalgono a prima dell’accordo di Kinshasa, e quindi a un periodo politico che quell’intesa ha stravolto completamente. Di fatto, quell’audio ha ben poco valore a livello giuridico». Va ricordato che l’intesa del 2023 è stata anche contestata per aver garantito una controversa amnistia alle persone coinvolte nelle violenze dell’ottobre 2023: i manifestanti arrestati, ma anche i militari che si sono macchiati delle violenze e che non sono mai stati perseguiti.
Gli scontri fra pastori e coltivatori
La complessità della questione politica si somma a quelle delle tensioni intercomunitarie. Secondo l’International Crisis Group, fra il 2021 e il 2024 , oltre 1200 persone hanno perso la vita nelle violenze, più di 2000 sono state ferite. Solo nella provincia del Logone orientale e solo nel 2023 poi, gli scontri hanno costretto 26mila persone a lasciare le loro case.
All’origine delle ostilità fra questi due gruppi sociali c’è la competizione per le risorse naturali e per la terra, resa ancora più aspra dagli effetti dei cambiamenti climatici. Ma anche le ricadute delle divisioni che segnano il Ciad e la strumentalizzazione che ne fa la politica. I pastori appartengono per lo più alle comunità fulani, hausa, gourane e a gruppi arabafoni del nord e sono di religione musulmana. I coltivatori sono per lo più esponenti di comunità del sud come i sara e sono cristiani. Il sud è anche l’epicentro del sostegno alle opposizioni, visto che dalla fine degli anni ’70 il potere è stato per lo più in mano a élite militari originarie del nord, che nel tempo hanno accentrato l’amministrazione del paese e fatto sfumare qualsiasi speranza di un assetto federale, visto da molti come più equo e adatto alle caratteristiche del paese.
Le élite hanno spesso grossi interessi nel business legato alla pastorizia inoltre, che è una delle grandi risorse economiche del Ciad. Tutti elementi che fanno aumentare il senso di esclusione e ingiustizia e la diffidenza verso il potere centrale delle popolazioni del sud. il resto lo fanno i politici di maggioranza e opposizione che sfruttano queste fratture per raccogliere consenso.
Diversi degli elementi appena descritti tornano anche nelle recenti violenze di Mandakao. «Gli scontri non sono arrivati dal nulla – spiega Picco dell’International Crisis Group – il prefetto della zona aveva impedito agli agricoltori di accedere ai loro campi e aveva deciso che questi dovevano essere zona di transumanza, una decisione che aveva fatto arrabbiare i coltivatori, che lo hanno visto come l’ennesima manifestazione dei privilegi degli allevatori. L’attacco – continua l’esperta – è stato probabilmente premeditato e le vittime, secondo fonti locali, sarebbero state molte più numerose fra gli allevatori che fra i coltivatori, cosa che avviene di rado. Il governo ha reagito molto prontamente in questa occasione, accrescendo ulteriormente il sospetto di un legame maggiore con i pastori».