Africa: la deforestazione alimenta guerre e crisi climatica - Nigrizia
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Dalla RD Congo alla Cina, la rotta del florido mercato del contrabbando di legname
Africa: la deforestazione alimenta guerre e crisi climatica
Il continente è vittima di un massiccio traffico di risorse forestali che finanzia reti criminali e terroristiche, causa enormi perdite economiche e accelera la crisi climatica, con implicazioni gravi per la sicurezza e l'ambiente globale. Con il paradosso che a governi implicati nella devastazione delle foreste, vengono affidati fondi per contrastare gli effetti del cambiamento del clima
23 Giugno 2025
Articolo di Bruna Sironi (da Nairobi)
Tempo di lettura 6 minuti
Operazione di disboscamento in una foresta pluviale dell’Africa centro-occidentale (Credit: Environmental Investigation Agency)

Il legname – insieme all’oro, alle pietre preziose, all’avorio – è una delle risorse naturali di cui l’Africa è costantemente depredata. La razzia avviene molto spesso in modo illegale, cioè tagliando alberi e deforestando senza autorizzazione, in zone protette o instabili, evadendo i controlli statali sui trasporti e il commercio.  

È una “guerra agli alberi” (War on Trees) di cui beneficiano cartelli criminali, gruppi terroristici, movimenti armati, regimi dittatoriali e cleptocrati, dice un articolo del Foregn Affaires, scritto da due ricercatrici di The Sentry, organizzazione specializzata in “giornalismo investigativo … che ha lo scopo di smascherare reti predatorie internazionali che si avvantaggiano di conflitti, repressione e cleptocrazia”.

L’articolo fa un quadro globale del fenomeno che si pone al terzo posto fra i commerci illegali più redditizi, dopo quello delle merci contraffatte e del narcotraffico. Secondo stime delle autorità doganali e per la protezione dei confini americane (U.S. Customs and Border Protection) i profitti originati dal traffico di risorse forestali sarebbero stati pari a 157 miliardi di dollari nel 2024 e potrebbero arrivare addirittura a 250 miliardi quest’anno.

L’Interpol e il programma dell’ONU per l’ambiente (UNEP) stimano che dal 15% al 30% di tutto il commercio di legname nel mondo sia illegale. Ma dove esistono ancora grandi aree di foresta, i polmoni del nostro pianeta, come in Brasile, in Indonesia e nel continente africano, la percentuale sale, variando dal 50% al 90%. È più alta là dove le istituzioni sono deboli, o conniventi, cioè dove le possibilità e la volontà di controllo sono minori.

Asce al lavoro nei parchi nazionali della Rd Congo

Non è un caso che nelle prime righe dell’articolo citato venga nominato il parco nazionale Virunga, nella parte orientale della Repubblica democratica del Congo (RDC), una zona devastata da decenni di instabilità e conflitti sanguinosi. Il Virunga è nella lista dei siti patrimonio dell’umanità dell’UNESCO perché habitat di circa 350 gorilla di montagna, un terzo dei poco più di 1.000 attualmente viventi.

È inutile dire che si tratta di una specie protetta perché gravemente minacciata di estinzione. Il Virunga è luogo di operazione di gruppi armati che si finanziano anche, forse soprattutto, con il taglio e il commercio illegale di alberi, depauperando in modo significativo la foresta e dunque l’habitat naturale di questi primati.

Ne ricaverebbero carbone vegetale per 28 milioni di dollari all’anno. Il bottino è tanto ghiotto che i trafficanti non si fermano davanti a nessuno: almeno 200 guardie avrebbero perso la vita negli ultimi anni per difendere il parco e le sue risorse.

Ma anche i gorilla di pianura, pure specie protetta in via di estinzione, sono in pericolo nella RDC. Nel parco nazionale Kahuzi-Biega, altro sito nella lista dell’UNESCO, non lontano da Bukavu, al confine con il Rwanda, ne vivono circa 250 esemplari. In febbraio la zona è caduta sotto il controllo del M23, un gruppo armato che si oppone al governo di Kinshasa.

In un articolo dell’agenzia Reuters, pubblicato in maggio, si dice che la disponibilità sul mercato locale di carbone vegetale è aumentata tanto da provocare un dimezzamento dei prezzi. In questo caso è anche la popolazione locale, estremamente impoverita da decenni di conflitti, ad approfittare dell’implosione delle istituzioni e della conseguente mancanza di controlli.

“Se questo continuerà, perderemo il parco, questo habitat unico per i gorilla di pianura”, dice un attivista ambientalista locale.

Danni economici ed ambientali

Un rapporto dell’African Natural Resources Centre, programma della Banca Africana di sviluppo (AfDB), pubblicato nel 2021, sottolinea che il furto delle risorse forestali, che quantifica tra i 91 e i 258 miliardi di dollari all’anno (dato in linea con quello stimato dalla U.S. Customs and Border Protection per il 2024), si traduce in perdite secche di fondi e di opportunità di sviluppo per i paesi africani.

Elenca un notevole numero di crimini commessi dai trafficanti di risorse forestali, tra cui la violazione della Convenzione internazionale sul commercio delle specie minacciate di estinzione (Convention of International Trade in Endangered Species of Wild Fauna and Flora CITES) del 1973.

Il lungo elenco di crimini e la loro diffusione, dice il rapporto “illustra la portata dei problemi e il tipo di danno economico e ambientale commesso”. Le ricerche effettuate, inoltre, “danno un’idea della scala e dell’ubiquità dei problemi”. Tra le cause che favoriscono il taglio e il commercio illegale di alberi, è particolarmente sottolineata la corruzione, diffusa in molti paesi africani. La lotta alla corruzione sta perciò al centro della sfida per combattere il fenomeno.

Cleptocrati e corrotti

Di governi corrotti e di regimi cleptocratici discute l’articolo Africa’s kleptocrats enable illegal forestry (I cleptocrati africani permettono lo sfruttamento illegale delle foreste) pubblicato sul sito di Good Governance Africa, organizzazione senza fini di lucro con diverse sedi nel continente, che ha come fine ricerca e advocacy su temi critici.

L’articolo sottolinea il ruolo di molti governi africani nella distruzione delle foreste. Pochissimi esempi tra i molteplici casi. In Guinea Equatoriale ne avrebbe beneficiato il figlio del presidente, ministro dell’Agricoltura e delle Foreste. In Zambia il traffico sarebbe stato facilitato da familiari dell’ex presidente e da certi ministri in carica. In Gabon il vicepresidente e ministro delle Foreste è stato travolto da uno scandalo riguardante un traffico di legno di rosa, particolarmente richiesto in Cina.

La Cina risulta essere il paese verso cui viene inviata la maggior parte del legname illegale africano.

Impatto climatico

Lo sfruttamento illegale delle foreste ha anche un impatto climatico. Le foreste sono infatti ecosistemi capaci di immagazzinare dalle 150 alle 300 tonnellate di anidride carbonica per ettaro. La loro vandalizzazione si farà sentire, perciò, anche nel futuro perché provoca un’accelerazione nei cambiamenti climatici. Quando un albero, magari secolare, è tagliato, l’anidride carbonica intrappolata ritorna in atmosfera, dice l’articolo.

Secondo stime del panel dell’ONU sul cambiamento climatico, diffuse nel 2022, la devastazione delle foreste pesa per un quinto delle emissioni totali di gas serra nell’atmosfera. In Africa la foresta che più contribuisce al danno è quella del bacino del Congo che ha perso un milione di ettari ogni anno dal 2010 al 2020.

Conflitti di interessi e contraddizioni

Ed è proprio ai governi, spesso implicati nella devastazione delle foreste dei propri paesi, che vengono affidati i fondi per contrastare gli effetti del cambiamento del clima. Una contraddizione che meriterebbe di essere affrontata.

Il traffico di legname ha dunque implicazioni molteplici: sulla protezione dell’ambiente e della biodiversità, sullo sviluppo, sui cambiamenti climatici, sulla sicurezza di molti paesi africani, ma anche del continente e del pianeta in genere. Meriterebbe dunque di essere affrontato con più decisione e coordinando gli sforzi spesso scollegati, concludono unanimemente i documenti consultati.

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