L’Africa orientale e meridionale hub centrale del crimine organizzato
Ambiente Conflitti e Terrorismo
Droga, oro, avorio, armi, fauna selvatica e tratta umana: le rotte dei traffici illeciti analizzate in un nuovo report
L’Africa orientale e meridionale hub centrale del crimine organizzato
La vasta area è tra le prime cinque regioni al mondo per attività della crimalità organizzata. Secondo un recente studio di GI-TOC, conflitti, corruzione e controlli insufficienti l’hanno trasformata in un crocevia cruciale di commerci illeciti transcontinentali che finanziano violenza e instabilità
19 Agosto 2025
Articolo di Antonella Sinopoli
Tempo di lettura 7 minuti

Droga, fauna selvatica, attività estrattive, traffico di esseri umani e contrabbando. Sono i mercati illeciti analizzati nel recente rapporto del Global iniziative against transational organized crime (GI-TOC).

Il report ha elaborato una mappatura delle economie criminali nella regione dell’ESA (Africa orientale e meridionale) che copre ventidue paesi e aiuta a capire quali fattori modellano la geografia della criminalità organizzata in quest’area.

Area che è luogo di passaggio di merci illegali e in cui sono compresi anche molti hub, porti, aeroporti, centri fluviali e persino aree urbane e villaggi remoti, che permettono più o meno facili e rapidi movimenti delle merci e dove i controlli non sono sistematici e non sempre sono effettuati con attenzione.

Criminalità convergenti

Un elemento importante sottolineato nel documento è che tali forme di criminalità, ciascuna con fattori distinti, sono spesso convergenti. Il traffico di droga nelle zone ESA è cresciuto rapidamente negli ultimi anni e la regione è ora un’importante destinazione di transito e consumo di eroina, cocaina e droghe sintetiche.

Il commercio di prodotti estrattivi come l’oro rappresenta un’opportunità di alto valore e relativamente a basso rischio per i gruppi criminali organizzati. Nella Repubblica democratica del Congo, in Zimbabwe, Sudan e Sud Sudan, l’estrazione informale e illegale è collegata a gruppi armati, attori statali e reti di contrabbando transnazionali.

Il traffico e la tratta di esseri umani sono particolarmente gravi nel Corno d’Africa e nell’Africa meridionale, spesso coinvolgendo popolazioni vulnerabili in Eritrea, Etiopia, Somalia, Mozambico, Zimbabwe e Lesotho, tra gli altri.

E poi c’è il commercio illegale di fauna selvatica e prodotti derivati – in particolare avorio di elefante, corno di rinoceronte, squame di pangolino, piante rare e rettili – che pone seri problemi di sicurezza e di conservazione del territorio.

Bracconieri armati e gruppi di insorti prendono di mira parchi e riserve in tutta la regione. Un commercio che alimenta la violenza e mina i mezzi di sussistenza rurali, soprattutto nei casi in cui si interseca con altre forme di criminalità.

Snodi cruciali

La zona ESA, sintetizza l’analisi, rappresenta un nodo cruciale per i collegamenti tra i mercati criminali regionali e le reti globali. Dalle coste della Somalia ai valichi di frontiera e ai porti aeroportuali e marittimi internazionali in Etiopia, Kenya, Tanzania, Mozambico, Zimbabwe, Sudafrica e Namibia, la regione funge da fiorente fonte, hub e canale di trasporto per quest’ampia varietà di merci illegali.

Ad esempio, l’eroina trafficata dall’Afghanistan attraverso Pakistan e Iran viene trasportata attraverso il Mar Arabico e l’Oceano Indiano a bordo di dhow (piccole imbarcazioni locali, ndr) prima di essere depositata nel nord del Mozambico e in Tanzania.

Lì, si divide in due principali linee di approvvigionamento: una di maggiore purezza destinata ai mercati internazionali in Europa e Australia, e un’altra che viene notevolmente adulterata e consumata nelle città e nei villaggi africani.

Per quanto riguarda la fauna, il corno di rinoceronte viene contrabbandato per via aerea da Johannesburg e Addis Abeba, passando per Dubai e Doha e talvolta per Parigi e Londra per eludere le forze dell’ordine. L’avorio parte in container dai porti di Dar es Salaam, Nampula e Durban, per poi finire a Singapore, Sihanoukville, Huangpu e Haiphong.

Invece, l’oro estratto illegalmente nei giacimenti auriferi di Kwekwe, in Zimbabwe, e nelle miniere nelle città di Krugersdorp, Carletonville, Klerksdorp e Welkom in Sudafrica, viene lavorato e infine riciclato attraverso Dubai.

L’oro viene anche contrabbandato nei paesi lungo il confine orientale della Rd Congo, lacerata dai conflitti, e riciclato attraverso Rwanda, Burundi, Uganda, Tanzania ed Emirati Arabi Uniti. E qui siamo ad uno dei tre fattori che sono alla base del nascere e proliferare di tali attività criminali.

Corruzione, istituzioni assenti e conflitti

Uno è la fragilità dello stato e la diffusa corruzione. L’altro è il nesso tra conflitti e criminalità organizzata. Guerra e instabilità creano spazi “senza governo”, un’assenza dello stato che gli attori illeciti sfruttano a scopo di lucro.

Il conflitto cronico in Somalia, per esempio, ha anche alimentato il traffico di armi in tutto il Corno d’Africa. Nella zona dei Grandi Laghi, le milizie armate nell’est della Rd Congo contrabbandano oro, diamanti e prodotti derivati dalla fauna selvatica attraverso altri paesi dell’Africa orientale per finanziare le loro azioni.

Mentre in Africa meridionale l’insurrezione nella provincia di Cabo Delgado, nel Mozambico settentrionale, ha dimostrato alcuni legami con il commercio illecito di pietre preziose e legname.

E in Sudan, il commercio illegale di oro contribuisce a finanziare le Forze di supporto rapido, il gruppo paramilitare impegnato in una guerra con l’esercito dall’aprile 2023. Un conflitto che ha causato oltre 10 milioni di sfollati, alimentando ulteriormente la tratta di esseri umani e le reti di contrabbando.

Insomma, parliamo di circoli viziosi in cui i conflitti creano opportunità per la criminalità organizzata e i profitti derivanti a loro volta alimentano ulteriore violenza e instabilità.

Hub per traffici transcontinentali

Altro elemento chiave, secondo il report è il fatto che la regione ESA sia al centro di corridoi di traffici transcontinentali. Da e verso Dubai (per l’oro), l’Asia per i mercati di avorio e corno di rinoceronte, Europa, America Latina, Australia e il resto dell’Africa per la droga.

In particolare l’Africa meridionale sta affrontando un afflusso di traffico di cocaina, con porti e aeroporti sudafricani utilizzati per convogliare la cocaina dall’America Latina verso l’Africa o verso i redditizi mercati in Australia e, in alcuni casi, verso l’Europa.

Mentre l’eroina afghana è stata trafficata per decenni verso la costa dell’Africa orientale, diretta ai mercati internazionali. Questo, a sua volta, ha contribuito al consumo interno di eroina nella regione.

È noto che organizzazioni criminali nigeriane e congolesi, che spesso operano da centri come Johannesburg, coordinano la distribuzione regionale di droga e le frodi finanziarie, collegandosi anche alle reti della diaspora globale.

Oltre agli attori criminali locali, la regione, in diverse aree, ha dunque attratto una schiera di attori criminali internazionali. Come le reti provenienti da Cina, Pakistan e Iran che interagiscono con intermediari africani per il traffico di droga e il contrabbando di fauna selvatica.

Contrasto insufficiente

Le sfide per contrastare questo fenomeno sono enormi, scrivono gli autori del report.

Ad esempio, l’aeroporto internazionale di Bole in Etiopia, importante snodo per il contrabbando di prodotti estrattivi, fauna selvatica, esseri umani e droga, gestisce ogni anno oltre 24 milioni di passeggeri, 100mila voli, 50 milioni di bagagli e circa 226mila tonnellate di merci. Eppure, non dispone di sufficienti attrezzature di controllo, personale e cani antidroga.

Il porto sudafricano di Durban, noto per la sua inefficienza, la corruzione e il traffico di droga, gestisce circa il 60% del traffico container del Sudafrica: 2,9 milioni di unità all’anno. Solo una piccola parte di essi può essere facilmente scansionata o perquisita.

Africa orientale in maglia nera

Questo report conferma e analizza i dati dell’indice ENACT, uno strumento che misura e valuta i livelli di criminalità organizzata nel continente. Secondo tale parametro (dati relativi al 2023) l’Africa orientale è la regione con il punteggio più alto del continente per la criminalità complessiva (5,88), seguita dall’Africa occidentale (5,44).

Inoltre, si colloca tra le prime cinque regioni al mondo per criminalità organizzata.

In quell’elenco è risultato il Kenya quello con la media più alta in termini di criminalità (7,02) e una media di resilienza inferiore (5,33). Al quarto posto su 54 paesi del continente e, a livello mondiale, al 16° posto su 194 e questo nonostante questo paese sia dotato di quadri normativi e istituzionali per affrontare la criminalità organizzata.

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