“Africa redonda”: un libro racconta il legame profondo tra il calcio e il continente
Politica e Società Sport
Intervista al giornalista spagnolo Xavier Aldekoa
“África redonda”: un libro racconta il legame profondo tra il calcio e il continente
L’autore, corrispondente del giornale La Vanguardia, a Nigrizia spiega: «Nei prossimi anni si potrebbe trovare qui il nuovo Messi»
22 Agosto 2025
Articolo di Rocco Bellantone
Tempo di lettura 6 minuti
(Credit: Thomas Chauke, Pretoria, Sudafrica/Pexels)

“Nei miei quasi venticinque anni di viaggi in Africa, il calcio è stato un compagno di viaggio costante e instancabile. Dalle spiagge di sabbia bianca del Mozambico, dove i bambini di strada inseguivano i loro sogni correndo dietro a un pallone, alla gioia sfrenata di una partita improvvisata in un villaggio del Burkina Faso, della Somalia o del Sudafrica, la passione per il calcio è un buon modo per scoprire come comunità diverse e distanti, ma unite nell’amore per lo sport più popolare al mondo, si relazionano tra loro, si emozionano, si indignano o festeggiano”.

C’è tutta la passione per l’Africa e il calcio del giornalista spagnolo Xavier Aldekoa in queste righe tratte dall’introduzione al suo ultimo libro África redonda (Ediciones Península). Classe 1981, nato a Barcellona, tifoso blaugrana, Aldekoa è corrispondente dal continente per il giornale La Vanguardia.

All’Africa ha già dedicato altri libri: Océano África (2014), Hijos del Nilo (2016), Indestructibles (2019) e Quijote en el Congo (2023). In quest’ultimo raccoglie e tiene uniti attraverso il calcio cronache quotidiane, reportage e pezzi di approfondimento scritti da quando il suo lungo viaggio in Africa ha avuto inizio. 

Quando e come nasce la sua passione per l’Africa?

Quando ero ragazzo mio padre ci leggeva sempre qualcosa prima che io e miei fratelli andassimo a dormire. A un certo punto iniziò a leggerci non più solo libri per ragazzi ma anche libri sul viaggio, come Il vecchio e il mare di Hemingway o Un capitano di quindici anni di Jules Verne. Ricordo che le storie che leggeva e che parlavano di Africa erano quelle che mi appassionavano di più: i posti, gli animali, il sole, ogni cosa. Vengo da una famiglia che non ha viaggiato molto. In quel modo, nella mia testa, ho iniziato a viaggiare e a conoscere l’Africa.

Da poco è tornato da un nuovo viaggio in Ciad. Perché quando scrive e racconta di Africa alla fine finisce spesso per parlare anche di calcio?

Faccio il corrispondente dall’Africa occupandomi di diversi argomenti. Non mi occupo solo di calcio, anche se il calcio in Africa è ovunque. In Ciad ho seguito una famiglia di nomadi che si stava spostando verso nord. Non sapevano molto del mondo oltre ciò che conoscevano di persona. Il figlio più grande, Taibo, mi ha però detto di essere un tifoso del Barcellona anche se non aveva mai visto una partita in televisione. Il calcio ha il grande potere di arrivare ovunque, di far comunicare tra loro le persone ovunque esse si trovino e da ovunque provengano.  

Il grande business attorno al calcio sta contagiando anche il calcio africano?

Il business del calcio coinvolge milioni di africani, così come di europei o asiatici. Sono tutte persone che amano il calcio, vogliono giocare a calcio, guardare le partite. Esiste però ancora una differenza sostanziale tra tutto quello che produce questo business e la passione genuina per questo sport, che si può provare guardando una partita di Champions League o giocando per strada. E questa passione in Africa si sente ovunque.      

L’Africa è attraversata da scontri che a volte incrociano anche il calcio. Uno dei più recenti è quello tra Rwanda e Repubblica democratica del Congo che si contendono partnership con club europei per migliorare la loro immagine nel vecchio continente.

Con gli accordi di sponsorship stretti con Barcellona, Milano e AS Monaco, la Repubblica democratica del Congo sta replicando la strategia adottata da anni dal Rwanda con le sponsorizzazioni del brand “Visit Rwanda” sulle magliette di Psg, Arsenal, Bayern Monaco e, dalla prossima stagione, anche di Atletico Madrid.

La Rd Congo prova ora a fare la stessa cosa, ovvero usare il calcio per migliorare la sua immagine nel mondo e rispondere così al Rwanda che accusa di sostenere i ribelli del gruppo M23 (attivi nell’est della Rd Congo e al centro dell’escalation di scontri degli ultimi mesi, ndr).

Il problema è che per questa operazione di marketing e promozione del turismo il governo di Kinshasa spende molti soldi, solo 40 milioni per l’accordo con il Barcellona, mentre il 73% della sua popolazione vive nella povertà e vaste aree del paese sono fuori dal suo controllo e in mano a gruppi ribelli armati. 

L’Africa resta terra di conquista non solo per le sue risorse ma anche per i suoi talenti calcistici.

Da anni i club più importanti del mondo vanno in Africa per aprire scuole calcio in cerca di talenti: in Senegal, Ghana, Nigeria, Congo. I club di tutto il mondo sanno che qui possono trovare talenti emergenti, come in Brasile. Milioni di africani giocano a calcio ogni giorno. Io penso che nei prossimi anni si potrebbe trovare proprio qui, in Africa, il nuovo Maradona o il nuovo Messi.

Qual è il livello dei campionati africani?

I campionati più importanti sono quelli dell’Egitto e del Sudafrica, ma il loro livello in termini di organizzazione e strutture non è paragonabile a quello delle leghe europee. L’Africa ha di fronte a sé una lunghissima strada per avvicinarsi a colmare questo gap. I talenti africani si trasferiscono sin da giovanissimi in Belgio, Francia e Inghilterra soprattutto, dove possono raggiungere subito i livelli più alti del calcio mondiale. 

Eppure nell’ultima Coppa del Mondo di calcio in Qatar abbiamo assistito al grande cammino del Marocco, arrivato fino alle semifinali perse con la Francia.

È stato un momento davvero speciale per il calcio africano. In quella nazionale c’erano tanti giocatori nati in Spagna o Francia che però hanno scelto la nazionale marocchina. Penso ad Hakimi del Psg. Questa è una novità, un nuovo capitolo per il calcio africano. Sicuramente inciderà sulla crescita del livello delle nazionali africane. 

Cosa possiamo aspettarci dai nuovi talenti africani?

Il più grande di tutti oggi è Lamine Yamal del Barcellona. È nato in Catalogna ma la sua famiglia ha origini africane (il padre è marocchino, la madre della Guinea Equatoriale, ndr). C’è Pedri che è nato nelle Isole Canarie, un territorio più vicino all’Africa che alla Spagna. Secondo me il Senegal è la nazionale più forte con i giovani più promettenti. Ovviamente insieme al Marocco.

Copyright © Nigrizia - Per la riproduzione integrale o parziale di questo articolo contattare previamente la redazione: redazione@nigrizia.it
Sostieni Fondazione - Dona il tuo 5x1000