
La rotta algerina è una via migratoria poco discussa, ma attraversata ogni giorno da chi parte dal Nordafrica per arrivare nel Sud della Spagna. Le destinazioni sono Almería, Cartagena, Alicante, Valencia, le Isole Baleari. È intrapresa soprattutto da giovani uomini algerini alla ricerca di migliori condizioni di vita.
La prima preoccupazione è aiutare le proprie famiglie; la seconda, scoprire quel mondo che Tik Tok rappresenta come un luogo di opportunità. Molti ragazzi giungono con imbarcazioni veloci dotate di motori fuoribordo da 300 cavalli. Se il viaggio non presenta imprevisti, riescono a toccare terra in 5 ore.
Secondo i dati dell’UNHCR aggiornati all’8 giugno, da gennaio sono giunte in Spagna 16.801 persone. Di queste, 4.316 sono partite dall’Algeria. Orano e Mostaganem, allineate quasi perpendicolarmente rispetto ad Almería e Cartagena, sono le principali città dove si sale a bordo delle imbarcazioni. In gergo sono anche chiamate “Phantom” quando si dileguano come fantasmi ed eludono i rilevamenti dei radar.
Sul punto, da anni il collettivo spagnolo Ca-minando Fronteras denuncia come la rotta algerina sia invisibilizzata poiché le autorità spagnole non dispongono di risorse sufficienti per intercettare le imbarcazioni in tempi utili. Di conseguenza, molte di esse scompaiono senza lasciare traccia. Nel rapporto Derecho a la vida pubblicato oggi e relativo ai primi cinque mesi dell’anno, il collettivo segnala che hanno perso la vita 328 persone, sottolineando come la rotta algerina sia tra le più pericolose del Mediterraneo.
Almería e Murcia: procedure di accoglienza e vita dopo l’approdo
Quando invece la patera viene intercettata, la Guardia Civil o l’organizzazione Salvamento Maritimo conducono le persone migranti ai porti di riferimento. Come ad Almerìa, in Andalusia, dove al loro arrivo vengono prese in carico dalla polizia nazionale per massimo 72 ore.
Identificate, verranno assistite dalla Croce Rossa (Cruz Roja) che avvia un protocollo sanitario. Ai nuovi arrivati viene consegnata una sorta di divisa standardizzata che combina un pantalone da tuta grigio, una felpa nera e delle calzature in tessuto blu.
Le persone saranno rilasciate con un ordine di espulsione amministrativo: un documento dove viene verbalizzato l’ingresso irregolare in suolo spagnolo e l’obbligo a lasciare il paese.
Per gli algerini, l’ordine di espulsione rappresenta un passaggio puramente formale. Almeno fino ad ora. Questo perché, nel 2022 l’Algeria aveva sospeso unilateralmente il Trattato di amicizia, buon vicinato e cooperazione che la legava alla Spagna da vent’anni. Da allora, nonostante a febbraio scorso vi sia stato un un chiaro segnale di distensione tra i due paesi, Algeri non ha ancora ritrattato la sua posizione sul rimpatrio dei suoi cittadini. Il raffreddamento dei rapporti era avvenuto dopo che Madrid aveva dichiarato di sostenere il piano di autonomia del Marocco per il Sahara Occidentale.
Dunque, se tale situazione favorisce gli algerini entusiasti di cominciare una nuova vita, dall’altra le aspettative vengono presto disattese. Secondo l’iter istituzionale, l’accoglienza viene garantita alla persona straniera che richiede asilo. A quel punto, si dovrebbe entrare nel Sistema di accoglienza per richiedenti protezione internazionale, gestito dal ministero dell’Inclusione, Sicurezza sociale e Migrazioni, e attuato dalle organizzazioni locali.
Tuttavia, secondo il rapporto annuale 2025 della ong Comisión Española de Ayuda al Refugiado (CEAR), nel 2024 il tasso di richieste d’asilo accolte è stato pari al 18,5%, contro la media europea del 46,5%. CEAR giustifica questo dato con l’istituto esclusivamente spagnolo dell’arraigo: una persona in condizione di irregolarità può ottenere un permesso di soggiorno dimostrando di aver risieduto per un periodo di almeno 3 anni in Spagna, di avere legami familiari o possedere un contratto di lavoro.
E quando un lavoro legale non si trova? Come si viene accolti se non si è richiedenti asilo? Chi fornisce un alloggio?
Questi sono gli interrogativi senza risposta contro cui ci si scontra all’indomani dell’approdo. Le ong locali – come Acoge, Accem, Cepaim, Cruz Roja – cercano di dare il loro supporto, fornendo posti letto momentanei e cibo. Ma la richiesta è troppa e le risorse limitate. Dormire per strada sarà parte delle esperienze dei viaggiatori in cerca di fortuna.
Ad Almería, le persone migranti trovano occupazione saltuaria e spesso informale nell’agricoltura. Nel rapporto Derechos Humanos en la Frontera Sur 2025, l’Asociación Pro Derechos Humanos de Andalucía (APDHA) riporta che almeno 7mila persone nella città andalusa e almeno altre 5mila nella provincia di Huelva vivono in “condizioni disumane” in insediamenti abitativi ricavati da materiali di scarto.
Per molti algerini, un’alternativa è salire su un bus diretto a Valencia, per poi raggiungere Barcellona e infine la Francia: Marsiglia, Lione, Lille, Tolosa tra le mete predilette. Ma con la recente incrinatura dei rapporti diplomatici tra Algeria e Francia, ottenere i documenti di soggiorno nel paese d’oltralpe è diventato sempre più difficile.
A gennaio scorso, il ministro degli Interni francese Bruno Retailleau ha adottato una circolare che inasprisce le procedure di regolarizzazione, specie per gli algerini che rappresentano l’11% dei richiedenti il permesso di soggiorno. Ciò avviene nonostante l’accordo franco-algerino del 1968 che dovrebbe, invece, facilitare la legalizzazione della loro presenza sul territorio francese.
Così, spesso si torna in Spagna. Molti algerini che risiedono a Murcia, capoluogo della regione omonima, hanno fatto questo giro. Approdati a Cartagena e trasferiti in centri di accoglienza nella regione murciana, sono stati presi in carico dalle ong locali.
Al termine di questo processo e tentata la fortuna in Francia, attenderanno 3 anni nella città attraversata dal Segura nella speranza di avere i documenti e trovare un lavoro. Intanto: “Je cherche ma vie dans la rue”, cerco la mia vita per strada.