Banche armate: Furbata di pala…
Banche armate
Banche armate: Furbata di palazzo
12 Marzo 2014
Campagna a cura di Redazione
Tempo di lettura 5 minuti

Che significa nella sua essenza – e come incide nella nostra quotidianità – quella mancata pubblicazione? Rende più complicato sapere se la banca che mi sta sotto casa, quella che aiuta le associazioni che scavano pozzi nel Sahel assetato, è anche l’istituto d’appoggio per la compravendita autorizzata di armi in quell’area. Rende più difficile scoprire i suoi “compensi di intermediazione”, che aumentano più il paese verso

E’ una questione di trasparenza, di correttezza e di conoscenza. Tre aspetti che, quando vengono a mancare in un atto pubblico, ispessiscono lo zoccolo dei dubbi, talvolta dei pregiudizi.

Ripercorrere la vicenda della mancata pubblicazione, nella Relazione annuale della Presidenza del Consiglio sull’import ed export di armi, dell’elenco delle singole operazioni autorizzate alle banche non è un puro esercizio retorico. Né il solito sermone “pacifista” costruito sul nulla. Per noi, ha il senso di avvertire i molti che hanno mostrato sensibilità e attenzione verso la campagna “Banche armate” e sul risparmio etico che alcuni meccanismi di controllo pubblico stanno evaporando. O, comunque, si stanno assottigliando come carta velina.

Che significa nella sua essenza – e come incide nella nostra quotidianità – quella mancata pubblicazione? Rende più complicato sapere se la banca che mi sta sotto casa, quella che aiuta le associazioni che scavano pozzi nel Sahel assetato, è anche l’istituto d’appoggio per la compravendita autorizzata di armi in quell’area. Rende più difficile scoprire i suoi “compensi di intermediazione”, che aumentano più il paese verso cui offre servizi è povero.

L’orchestra con coro del mondo industrial-politico-armiero italico sta spingendo per mettere il silenziatore a ogni voce dissenziente. Ottenendo buoni risultati.
È vero che le proteste non erano così massicce. È vero che buona parte dei correntisti si mostra tuttora più attenta al tasso d’interesse e al costo dei servizi che non al bilancio sociale o al codice etico di una banca.
Eppure, quelle rimostranze, quell’uscire dalla claque assordante, per vestire i panni del ficcanaso, cominciavano a rivelarsi fastidiosi. Come forse si sono rivelate le parole di Benedetto XVI, che il 16 giugno, rivolgendosi al nuovo ambasciatore del Camerun in Vaticano, Antoine Zanga, ha detto: «Mi appello a tutte le persone implicate nella vendita o nel traffico di armi, con degli interessi spesso assai lucrativi, a interrogarsi sulle conseguenze dei loro comportamenti».
E su cosa si fondano le battaglie della Campagna? Sull’elenco sparito, appunto.
Ovviamente, hanno cercato di giustificare quel vuoto. Come sempre in simili occasioni, hanno dato la parola ai tecnici. La Direzione V del dipartimento del tesoro si giustifica, affermando di aver «adottato una innovativa applicazione informatica in grado di consentire una migliore gestione delle informazioni necessarie per la predisposizione della Relazione al parlamento». «Ciò ha reso possibile – afferma sempre la Direzione – presentare l’allegato riepilogo di dettaglio per autorizzazione del ministero degli affari (esteri?) e nulla-osta del ministero della difesa, al fine di garantire al lettore un confronto immediato con i dati forniti da tali amministrazioni».
Traducendo dal burocratese, il dipartimento del tesoro dice: «Abbiamo apportato una miglioria». E – badate bene – non mente. Perché, se è vero quanto scriveva il governo Berlusconi nella Relazione del 2005, la campagna delle Banche armate stava creando «notevoli difficoltà operative» per l’industria del settore e andava studiato, quindi, un rimedio. E visto che il principale gruppo industriale del settore militare è Finmeccanica, che ha come maggior azionista il ministero dell’economia e delle finanze (Mef) – che incorpora il Tesoro –, chi più del Mef è abilitato a trovare una soluzione che sia anche una “miglioria”? Per sé stesso, ovviamente.
Eppure, le associazioni della Rete Disarmo avevano avuto dall’esecutivo Prodi l’assicurazione che «nessuna informazione sarebbe stata sottratta» e che, anzi, il governo s’impegnava a promuovere «una più puntuale e trasparente informazione» con le associazioni proprio su questi temi. Impegno formale ribadito anche in occasione dell’ultimo incontro a Palazzo Chigi, il 28 marzo scorso.
Cos’è successo poi? Mistero. Una chiave di lettura ce la offre, in un’intervista a Nimedia, l’ex sottosegretario all’economia, Alfiero Grandi, presente alla riunione di fine marzo. Grandi avanza due ipotesi: «Una benevola e una più cattiva. La prima è che ci sia stata una semplice dimenticanza. La seconda è che, nel passaggio tra un governo e l’altro, qualcuno si sia volontariamente dimenticato di allegare questa relazione. Se fosse vero, sarebbe un fatto effettivamente grave». Poi aggiunge: «Temo che sia intervenuta la manina».
Per sciogliere ogni dubbio, i tre direttori delle riviste che promuovono la Campagna di pressione alle “Banche armate” (Missione OggiMosaico di paceNigrizia) hanno inviato una lettera, il 17 giugno scorso, all’attuale presidente del consiglio. In essa esprimono il loro disappunto per la mancata pubblicazione dell’elenco in questione, anche se non ritengono che si tratti di «una voluta e cosciente modifica, seppur grave e ingiustificata», ma solo della «mancata trasmissione di una componente fondamentale dellaRelazione». E chiedono a Silvio Berlusconi di adoperarsi affinché venga pubblicato subito e consegnato al parlamento l’allegato scomparso.
Rimaniamo in attesa. Vi terremo informati.
Pubblicato su Nigrizia nel numero di Luglio/Agosto del 2008

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