Calcio: tutti contro il Marocco - Nigrizia
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Dopo le proteste dell’Algeria anche il Senegal accusa Rabat di monopolio in seno alla CAF
Calcio: tutti contro il Marocco
Una nuova frattura scuote la politica del calcio africano. Il presidente della federazione senegalese denuncia la crescente influenza marocchina nelle istituzioni continentali, puntando il dito contro lo sbilanciamento dell'asse politico della CAF. Tra sconfitte elettorali, accuse di favoritismi e squilibri sportivi, all'orizzonte si profila una nuova faida di potere tra Africa del Nord e subsahariana
18 Aprile 2025
Articolo di Vincenzo Lacerenza
Tempo di lettura 4 minuti

Una bufera di nuove tensioni geopolitiche sta attraversando nelle ultime settimane l’universo del calcio africano. Dopo le dure prese di posizione dell’Algeria, che a febbraio ha confermato il turbolento ministro dello Sport Walid Sadi alla presidenza federale, ora anche il Senegal alza la voce contro l’influenza crescente del Marocco nelle istituzioni calcistiche del continente.

Il presidente della Federazione Senegalese (FSF), Augustin Senghor, ha recentemente rilasciato una serie di dichiarazioni incendiarie, puntando il dito contro lo sbilanciamento dell’asse della CAF (il governo del calcio africano), accusato di favorire un gruppo ristretto di paesi nordafricani, e nello specifico il Marocco, a scapito del resto del continente. 

«Non è Fouzi Lekjaa (presidente della federazione marocchina, ndr) ad essere forte di per sé. È il Marocco che ha imposto un’influenza ormai dominante nella CAF», ha tuonato l’ex vicepresidente della CAF ai microfoni dell’emittente senegalese 2STV. «La CAF ha gettato tutte le federazioni africane nelle braccia del Marocco. Accettarlo non significa sottomettersi. Non lo farò comunque. Non è una questione di opportunismo. Una sottomissione equivarrebbe a entrare nella FIFA o a presiedere la CAF».

Non a caso Senghor ha toccato ancora una volta il tasto dolente della sonora sconfitta rimediata al primo turno delle elezioni dei rappresentanti africani al consiglio FIFA – tenutesi lo scorso 12 aprile e in cui ha ottenuto solo 13 voti su 54 – che ha di fatto suggellato il declino dell’influenza senegalese negli organismi continentali, a favore di un asse Marocco-Egitto-Mauritania, sempre più saldamente ancorato ai vertici della CAF.

Oltre alla questione politica, però, c’è anche altro. Senghor, ad esempio, ha sollevato dubbi sull’etica delle pratiche attuate da alcune federazioni. Ha citato, per dire, l’abitudine marocchina di ospitare partite internazionali per conto di selezioni africane i cui stadi non rispettano gli standard CAF, come nel caso del Niger.

Per il presidente della FSF, questa dinamica crea un evidente squilibrio sportivo, mettendo a repentaglio la regolarità delle competizioni. «Quando vediamo il Niger “ospitare” il Marocco in Marocco, per me è un problema, anche etico se vogliamo», ha ribadito.

Attacchi incrociati

L’accusa non è isolata. Negli ultimi tempi, infatti, il Marocco è finito al centro di un fuoco incrociato di polemiche e attacchi all’arma bianca. Anche l’Algeria, che con il Marocco si porta dietro tensioni decennali per l’annosa questione del conteso territorio del Sahara Occidentale, aveva denunciato la gestione centralizzata e “partigiana” della CAF.

La tensione si è acuita in occasione dell’assegnazione della Coppa d’Africa 2025, finita al Marocco tra molte polemiche e ritiri, come quello dell’Algeria. Ora, con il Senegal che si è unito al coro delle voci polemiche, il rischio che si profila sempre più concreto all’orizzonte è quello di una vera e propria spaccatura tra l’Africa del Nord e quella subsahariana, a cui si aggiunge ovviamente l’Algeria.

«Ho l’impressione che si parli più della Coppa Araba che della Coppa d’Africa», ha provocato ancora Senghor con sarcasmo, lamentando un sistema monopolizzato da un’unica componente geografica e linguistica del continente.  

Le sferzanti parole dell’ex sindaco di Gorée, presidente della federazione senegalese dall’ormai lontano 2009, risuonano al contempo come un monito e un richiamo alla necessità di una maggiore equità nella governance del calcio africano: «Il nostro continente è vasto e variegato. Non possiamo permettere che una sola regione parli a nome di tutti. È intollerabile che il 10% dell’Africa rappresenti il 90% del continente alla FIFA».

Nuova fase politica

Queste dichiarazioni segnano una fase nuova, e sicuramente più conflittuale, nella politica sportiva africana. Se fino a oggi le tensioni restavano sottotraccia, ora emergono alla luce del sole, spinte da una crescente insofferenza verso quello che viene percepito come un sistema chiuso, elitario e monopolizzato.

Il futuro del calcio africano, in vista della CAN 2025 e dei prossimi assetti in seno alla FIFA, passa anche da qui. Da un confronto che potrebbe ridefinire i rapporti di forza nel continente.

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