«F-35: con il programma JSF protezione aerea a rischio» - Nigrizia
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«F-35: con il programma JSF protezione aerea a rischio»
Taglia le ali alle armi
13 Marzo 2014
Campagna a cura di
Tempo di lettura 9 minuti

Taglia le ali alle armi
L’impietosa analisi del generale a riposo Fulvio Gagliardi, ex collaudatore di volo: «Stiamo sacrificando le forze di protezione a favore di una forza di proiezione»

Non usa mezzi termini Fulvio Gagliardi, generale dell’Aeronautica militare in congedo, ingegnere aeronautico e ingegnere collaudatore di volo, quando deve giudicare il programma Joint Strike Fighter Program, ossia l’F-35. 
Nel corso della sua lunga carriera, ha prestato servizio presso il Reparto Sperimentale di Volo dell’AMI interessandosi di collaudi in volo di velivoli militari prototipi; si è occupato di ricerca e sviluppo per i nuovi programmi aeronautici dell’Aeronautica militare ed è stato responsabile italiano per lo sviluppo internazionale dei velivoli Tornado, AMX ed Eurofighter.
 
Ma riguardo all’F-35 non ha dubbi: «La guerra che in questo periodo combattiamo è quella della grave crisi finanziaria, economica e di lavoro. Essa non può essere vinta con gli F35, bensì con tagli, riduzione delle spese non indispensabili e interventi per le Aziende, in particolare per quelle che esportano».
A questa conclusione il generale Gagliardi ci arriva dopo un’attenta analisi illustrata ieri nel corso del convegno Le Forze Armate italiane nello scenario europeo, organizzato dall’associazione Assodipropresso la sede dell’Ufficio d’Informazione in Italia del Parlamento europeo.

«Per un esame appena un po’ approfondito di questo argomento – prosegue il generale – bisognerebbe tener conto degli aspetti non solo militari, tecnici e industriali, ma anche politici, economici e soprattutto strategici. 
«Relativamente al contesto UE e NATO nel quale l’Italia si trova a operare, la decisione italiana di dotarsi del sistema d’arma F35 della Looked si ritiene che abbia poco senso, sia politico, che economico, che come strumento militare, poco idoneo come costo/efficacia visti i presenti impegni e le reali minacce oggi da contrastare. 
«Il JSF visto nell’ottica di accrescere i requisiti di sicurezza e protezione del personale in zona d’impiego è indiscutibilmente esagerato. Il suo reale teatro operativo sarebbe ben altro!»
 
«Non possiamo non renderci conto – spiega ancora il generale Gagliardi – degli enormi sforzi e dei progressi che i paesi asiatici emergenti, come India e Cina, stanno conseguendo nel settore degli armamenti e della loro chiara volontà di predominio nello scacchiere mondiale, in particolare nello scenario del Pacifico. 
«Non è da meno la Russia che sembra voler riconquistare il suo ruolo di grande potenza militare e tecnologica. Ben si sono resi conto di questo gli USA che stanno cercando di defilarsi dallo scenario del Mediterraneo per concentrare sempre più i loro sforzi e le loro risorse a quello del Pacifico.»
 

 
Cosa invece sta accadendo in Europa? Siamo divisi e brancoliamo tra la presa di coscienza che divisi non si va da nessuna parte e gli egoistici e ciechi piccoli interessi nazionali. 
Ognuno dei paesi europei ha una sua politica per la Difesa, ognuno cerca di proteggere la propria industria nazionale, ognuno ha un suo scenario sulla base del quale pianifica i propri requisiti, ognuno si approvvigiona di diversi sistemi d’arma che difficilmente potranno cooperare tra loro e che richiedono ingenti spese per le diverse e sparpagliate esigenze di gestione. 
Il Regno Unito è sempre filo americano anche se di recente si assiste ad un avvio di cooperazione con la Francia per lo sviluppo di un velivolo unmanned da combattimento (UCAV).
 
«Tutto questo è inoltre aggravato dalla attuale pesante crisi economica che attanaglia tutti, chi più, chi meno. 
«Come può l’Europa sopravvivere e mantenere una sua indipendenza politica e decisionale in questo contesto di giganti? 
«Essa rischia una progressiva marginalizzazione e di conseguenza una decrescente capacità di influire sulla scena mondiale, rischia di diventare la cenerentola del pianeta, sia come economia, sia come industria, sia come capacità militare. 
«A meno che non ci si ravveda subito. Non c’è molto tempo a disposizione, superiamo i ciechi interessi nazionali e inseriamoci tra i grandi, abbiamo le potenzialità e le necessarie capacità e sarebbe una pessima eredità per i nostri figli se non ci svegliassimo da questo torpore!»
 
«Dobbiamo sviluppare e avere una nostra tecnologia e non già acquistarla da fuori – incalza Gagliardi, – rendendoci così con le nostre stesse mani succubi di altri nelle nostre legittime scelte strategiche. 
«Negli anni settanta, precursori delle spinte di aggregazione europea, si erano avviati programmi congiunti nel settore degli armamenti quali il Tornado e poi l’Eurofighter e ancora per gli elicotteri il NH 90, EH 101 e, per la parte civile, con gli Airbus. 
«Ora, forse per la crisi economica che attanaglia tutti, questa spinta a cooperare si è interrotta e torniamo a rivolgerci all’estero per i nostri approvvigionamenti e ammodernamenti nel campo della Difesa. 
«Imperdonabile errore del quale ne pagheremo le conseguenze, sia come dipendenza di capacità decisionale strategica sia come capacità tecnologica industriale. Nel frattempo ognuno si costruisce i propri requisiti e si approvvigiona dei più disparati sistemi d’arma.»

La Germania ha una pausa di riflessione e convive con i suoi sistemi d’arma spingendo l’acceleratore principalmente sul rafforzamento della sua economia piuttosto che su quelli di ammodernamento della Difesa. 
In questo fortunato periodo di pace per l’Europa questa politica ha fatto della Germania il paese leader, con un significativo peso politico ed economico internazionale, pur se dal punto di vista militare sembra stia segnando il passo. 
La Francia, in campo aeronautico, sfrutta al massimo le potenzialità dei suoi Rafale spingendo sul loro export (vedi India). 
 
La Spagna ha pensato di ammodernare la sua flotta di velivoli di appoggio tattico con i velivoli francesi Rafale, mentre l’Inghilterra, come partner di primo livello, ha sposato appieno il programma americano F 35. È un fiorire di diverse strategie e iniziative scollegate tra loro e senza una comune politica. 
L’Italia, dal canto suo, pianifica di fronteggiare le attuali minacce, costituite dai focolai di tensione più o meno latenti, potenzialmente capaci di destabilizzare intere regioni e responsabili di un clima di sostanziale instabilità, nonché dal pesante fenomeno dell’immigrazione clandestina, con sistemi d’arma progettati e costruiti sulla base di requisiti operativi altrui.
 
«L’ultimo rapporto sul programma F-35 afferma che il software della variante a decollo corto e atterraggio verticale è indecente
«Praticamente è al 50% dei requisiti di progetto. 
«Si sostiene che il programma richiederà uno sviluppo ulteriore almeno di altri 13 mesi. 
«Gli F-35 a decollo verticale che saranno assegnati alla nostra portaerei Cavour viene detto che hanno gravi problemi software. 
«A prescindere dal dibattito sull’utilità di questi super caccia (chi non li vuole storce il naso a prescindere dalla loro efficienza) il loro sviluppo appare sempre più travagliato. Il supervisore del Pentagono che si occupa dei test sui nuovi armamenti, Michael Gilmore, ha consegnato al Dipartimento della Difesa un approfondito rapporto che parla di inaccettabilicaratteristiche del software. 
«Il pacchetto Block 2B, che riguarda la variante F-35B a decollo corto e atterraggio verticale, è talmente zeppo di bug che persino la consegna degli aerei potrebbe essere rimandata a luglio 2016 (quasi un anno dopo rispetto al previsto». 
«I primi risultati con i nuovi aggiornamenti del software Block 2B – si legge nel documento intercettato dalla Reuters – indicano mancanze ancora esistenti nell’integrazione, radar, contromisure elettroniche, navigazione, sistema elettro-ottico del bersaglio, sistema di apertura distribuita, sistema di schermo dell’elmetto e datalink.»
 
Vola solo con l’elettronica 
Per un programma (Joint Strike Fighter) da 392 miliardi dollari per 2.443 aerei questo sembra davvero uno smacco. 
Il cosiddetto «information infrastructure for the F-35», ovvero il cuore del sistema, non risponderebbe neanche alle richieste di base. 
Peraltro bisogna ricordare che i caccia di nuova generazione interpretano digitalmente ogni richiesta del pilota. Se il software non funziona non si decolla neanche. Non si può pensare di escludere il computer e pilotare alla vecchia maniera.
  
Gli aspetti più gravi 
«Comunque non sono questi gli aspetti, pur gravi, che dovrebbero preoccupare maggiormente. 
Gli aspetti del programma che più sono negativi per il nostro Paese si ritiene che siano i seguenti»:
Lo scenario operativo non è quello europeo né tanto meno italiano e non è neanche attuale. Esso potrebbe forse essere quello degli Stati Uniti di una decina di anni or sono. 
Infatti con molta probabilità anche per gli USA esso non è aggiornato, vista l’attuale tendenza di questo Paese a sfilarsi dai teatri medio orientali. 
Gli Stati Uniti comunque possono contare sulle possibilità di export del velivolo e non soltanto sulla sua piena aderenza alle mutate politiche militari del Paese. 
Il requisito operativo degli USA risale alla fine anni 80 e inizio anni 90, mentre l’Italia ha iniziato a pensare di partecipare al programma verso il 1996, quindi non avendo potuto in alcun modo partecipare alla definizione del suddetto requisito.
 
L’ F 35 è un velivolo principalmente di attacco e di offesa, e solo come «fall out» potrebbe forse essere di difesa. È stealth e questa sua caratteristica potrebbe essere utile per un «first strike» ossia un primo intervento in profondità nel suolo «nemico» per distruggere le difese missilistiche e fare poi i successivi strikes in condizioni non stealth, con più armamento. 
Anche il vantaggio di essere stealth andrà scemando negli anni, visto il prevedibile sviluppo di radar passivi/attivi partendo dalla tecnologia di scoperta lanci ICBM, cosa che la Russia già sta facendo. Una volta individuato, il velivolo avrebbe scarse probabilità di sopravvivenza in un ingaggio con i ben più agili velivoli in via di sviluppo, in particolare quelli Russi».
 
Insomma, per il generale l’F35 è «poco agile, porta poco armamento, ha scarsa autonomia e ha una segnatura IR non trascurabile». 
«Ma, in fondo, perché rischiare un velivolo così costoso contro un bersaglio probabilmentenon pagante e meno costoso? E, soprattutto, perché ipotizzare un nemico a casa del quale pensiamo di andare per distruggere le sue difese? 
«Dove è questo nemico, oggi? Se proprio si volesse perseguire questa politica, allora l’F 35 risulterebbe ancora meno idoneo: in condizioni stealth esso porta poco carico utile, a meno di non ipotizzare il trasporto di un carico nucleare. 
«Sarebbe molto più vantaggioso sotto gli aspetti costo/efficacia utilizzare per il «first strike» UAV del tipo cruise: l’Italia ha certamente la capacità e il know how per produrre tali armi utilizzando piattaforme già esistenti (ad es Mirach 100/5) dotate di alta velocità transonica, capacità di volo automatico a bassissima quota. Basterebbe dotarle di avionica appropriata per la navigazione, di capacità di terrain following e di carico utile. 
«Effettuato con questi vettori spendibili il first strike, la seconda ondata con i velivoli oggi in forza (Tornado, AMX) sarebbe sufficiente per completare l’opera, senza spese, senza attrition, senza rischiare la vita del pilota e anche più efficace.»
 
Quanto sopra è la voce di un detrattore dell’F35. Se volesse farsi vivo un soistenitore del progetto, pubblicheremmo volentieri anche la sua opinione.

 

Pubblicato su www.disarmo.org il 9 Marzo 2014 – Fonte L’Adigetto

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