Ciad: dilaga la violenza sulle donne - Nigrizia
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Crimini normalizzati da ipocrisia e impunità, e ampliati da atteggiamenti di mascolinità tossica online
Ciad: dilaga la violenza sulle donne
Quattro femminicidi e 13 casi di stupro in poco più di una settimana. 224 i casi di abusi registrati lo scorso anno dalla Lega ciadiana per i diritti delle donne. Che ha lanciato una petizione internazionale
20 Gennaio 2025
Articolo di Antonella Sinopoli (da Accra)
Tempo di lettura 5 minuti

L’ultimo stupro in ordine di tempo in Ciad, almeno ufficialmente, è accaduto pochi giorni fa ai danni di una ragazza di vent’anni.

Ha fatto clamore che questo sia avvenuto all’interno di una stazione di polizia nel quartiere di Amtoukoui nella capitale N’Djamena e che a perpetrarlo sia stato il comandante di stazione, un quarantacinquenne, ora in stato di fermo.

Qualche giorno prima una ragazzina appena adolescente era stata aggredita al festival Dary e aveva subito una violenza di gruppo. E in totale, nel giro di una sola settimana precedente alla violenza alla stazione di polizia sono stati registrati 4 casi di femminicidio e 11 di stupro.

Fondamentalmente uno dei problemi relativi alla questione in Ciad è l’impunità incrementata anche da atteggiamenti di mascolinità tossica.

Violenza online

Qualche ora dopo che la notizia della violenza era trapelata, per esempio, un noto blogger, Ali Foulaty, ha postato su Facebook questo commento: “si elle n’a pas ouvert ses jambes est-ce qu’il va mettre dedans” con una serie di emoticon ridenti.

Le proteste che ne sono scaturite lo hanno convinto a chiedere scusa e a cancellare il post. Ma questo non ha impedito ad altri di continuare su questa linea. “Depuis quand on viol une femme?? C’sont pas des vierges e par conséquent l’ont ne peut parler du viol” (Da quando si stupra una donna? Non sono vergini e di conseguenza non si può parlare di stupro).

Se riportiamo questi commenti così come sono stati pubblicati, e ce ne sono molti altri della stessa natura, è per far capire il clima che circonda la violenza sessuale in Ciad. Cosa purtroppo analoga in altri paesi del mondo, compreso l’Occidente.

Impunità, dicevamo, ma anche ipocrisia da parte delle autorità, come si è espresso qualche commentatore interno. Ipocrisia legata all’evidenza che nonostante le rimostranze, le condanne e i proclami, ben poco è stato fatto negli anni per affrontare la diffusa violenza contro le donne.

Accusa rivolta in qualche modo anche alla ministra delle Donne e della Protezione dell’Infanzia, la trentatreenne Amina Priscille Longoh.

Petizione internazionale

Ed è per questo che la Lega ciadiana per i diritti delle donne, che solo nel 2024 ha registrato più di 224 casi di violenza contro donne e ragazze, ha lanciato una petizione internazionale e di fatto un appello alla comunità nazionale e internazionale.

La petizione mira non solo alla condanna della cultura dell’impunità, a denunciare l’allarmante aumento della violenza e l’inerzia delle autorità ma anche a sollecitare azioni concrete per porre fine a questa spirale – per esempio, rafforzando la legislazione e garantendone l’applicazione – e per cambiare il modo di considerare la figura femminile.

Violenza normalizzata

Il codice penale ciadiano prevede per lo stupro pene che variano dai 5 ai 20 anni di reclusione, con sanzioni pecuniarie, e possono arrivare all’ergastolo se lo stupro è commesso da un parente o da una persona autorevole.

Di fatto però spesso le vittime non denunciano per vergogna, pressioni familiari e sociali, minacce, e anche i processi possono risultare penosi e non sempre si procede rispettando la vittima e condannando l’accusato.

Questo modo di fare è tra quelli che la Lega ciadiana per i diritti delle donne ha definito “tacito sostegno agli aggressori, combinato con l’imbarazzante silenzio e l’inazione delle autorità”. A questo si aggiunge una sorta di “normalizzazione della violenza, sia sui social network che nei discorsi politici e pubblici”.

Smascherare la cultura dello stupro

Ecco perché la presidente della Lega, Epiphanie Dionrang ha avviato una vera e propria campagna di smascheramento dei profili Facebook che promuovono la cultura dello stupro chiedendo tra l’altro sanzioni da parte delle piattaforme digitali nei confronti di coloro che incoraggiano o giustificano tali atrocità.

“È nostro dovere – dice – rafforzare le leggi per proteggere le sopravvissute, combattere la cultura dello stupro e sradicare l’impunità”.

Il radicato sistema patriarcale unito ad una situazione politica molto instabile – l’ultimo tentativo di golpe c’è stato all’inizio di gennaio – l’insicurezza legata al terrorismo di Boko Haram e, di fatto, una diffusa povertà, non vanno a vantaggio dei diritti delle donne.

E anche la rappresentanza femminile nelle istituzioni, che teoricamente dovrebbe anche affrontare temi che riguardano le donne nello specifico, è molto bassa: nel 2020 la loro presenza nel governo era solo del 25.7%.

Sottocultura radicata

Secondo fonti governative circa il 70% delle ragazze sotto i 16 anni sono costrette ad un matrimonio forzato con uomini che nella grande maggioranza dei casi sono più anziani dei genitori della ragazza.

Il tasso di analfabetismo è molto elevato tra le donne, l’89% secondo dati del 2020 del ministero dell’Istruzione. Un rapporto di UNWomen del 2024 ha pubblicato la ripartizione in numeri dei tipi di violenze relative al 2023.

Ne sono state ufficialmente registrate oltre 1.700 per le minori fino a 13 anni, compresi gli stupri, le percosse, le mutilazioni genitali, e 2.539 per le ragazze maggiorenni.

Più di una volta il PNUD, Piano delle Nazioni Unite per lo sviluppo è intervenuto in Ciad con campagne e programmi di sensibilizzazione.

Una di queste ha riguardato proprio l’approccio alla violenza di genere, il sostegno alle vittime anche in fase di processi, la formazione di figure del ministero delle Donne e persino di agenti di polizia giudiziaria circa il modo di trattare casi di abusi sessuali.

Il fatto che l’ultima violenza sia avvenuta proprio in una stazione di polizia dove la ragazza era stata portata senza un’accusa reale con un amico, da cui poi è stata separata, la dice lunga sul grado di sicurezza che regna nel paese e sui pericoli continui a cui sono soggette le donne.

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