Ciad: Succès Masra resta in carcere nonostante lo sciopero della fame
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Il leader dell'opposizione ha interrotto la sua iniziativa dopo una settimana. È in detenzione da quasi 50 giorni
Ciad: Succès Masra resta in carcere nonostante lo sciopero della fame
Diverse le iniziative di appoggio all'ex premier, ma il governo colpisce la società civile
01 Luglio 2025
Articolo di Brando Ricci
Tempo di lettura 6 minuti
Una foto di Masra. (Crediti: Les Transformateurs)

Non bastano azioni legali, scioperi della fame o proteste d’impatto: in Ciad continua da quasi 50 giorni la detenzione del leader dell’opposizione ed ex primo ministro Succès Masra, accusato di complicità in una strage che è avvenuta a maggio nel sud del paese e in cui hanno perso la vita oltre 40 persone, per lo più pastori.

Oppositori del governo e società civile rifiutano la tesi di governo e magistratura e accusano le autorità di portare avanti una vera e propria persecuzione giudiziaria e politica ai danni di Masra.

Nelle settimane trascorse dal suo arresto, diversi provvedimenti presi a N’Djamena fanno pensare anche a un ulteriore restringimento della libertà di espressione e di associazione politica in Ciad, paese dove già si registrava un clima di controllo di società civile e opposizione da parte del governo del presidente Mahamat Déby Itno.

Il contesto 

Masra, leader del partito Les Transformateurs, è in carcere con l’accusa di “incitamento all’odio e alla rivolta, formazione e complicità di bande armate, complicità in omicidio, incendio doloso e profanazione di tombe”.

Al centro della decisione della giustizia ciadiana c’è un messaggio audio che risale al 2023, mentre Masra era in esilio all’estero, ma che era circolato sui social media anche nelle settimane precedenti agli scontri per cui è stato arrestato il leader dell’opposizione.

Violenze avvenute nel comune di Mandakao, nella provincia meridionale del Logone Orientale da cui proviene il politico, non a caso storica roccaforte delle opposizioni.

Nella registrazione incriminata, Masra parlava della possibilità che i coltivatori stanziali si potessero armare per difendersi dalle aggressioni degli allevatori, stanziali e nomadi. La questione segna da decenni il Ciad e tutta la regione del Sahel. Ogni anno violenze fra queste due comunità, spesso peggiorate dagli effetti dei cambiamenti climatici e strumentalizzate dalla politica, causano la morte di decine o centinaia di persone e lo sfollamento di migliaia.

L’arresto ha fatto seguito a questa strage ma anche una serie di critiche di Masra all’indirizzo del presidente Déby, accusato di non rispettare i termini di un accordo siglato con lo stesso Masra durante la complessa fase di transizione cominciata nell’aprile 2021, dalla morte dell’ex presidente Idriss Déby, alla guida del Ciad per 30 anni dal 1991.

Con l’intesa, siglata nell’ottobre 2023, Masra è potuto rientrare in Ciad e fare ingresso nel governo come primo ministro. Il politico ha anche potuto beneficiare di un’amnistia e della revoca di un mandato di cattura. Il politico aveva lasciato il paese dopo che l’anno precedente l’esercito aveva violentemente represso delle proteste contro la prosecuzione per ulteriori due anni della transizione, che in teoria doveva concludersi con elezioni 18 mesi dopo la morte dell’ex capo di stato.

La transizione si è alla fine conclusa nel maggio 2024 con la contestata rielezione di Déby Itno, figlio del suo predecessore che alle urne ha sconfitto proprio Masra, intanto ripassato in pianta stabile all’opposizione.

In sciopero della fame 

Contesto utile a capire perchè l’arresto di Masra è visto da molti come politico. In teoria anche l’audio dell’ex premier accusato di incitamento all’odio risale a un periodo precedente al patto fra Masra e il governo.

E in questo contesto che lo scorso 23 giugno, tre giorni dopo il rifiuto di una richiesta di rilascio da parte dei giudici di N’Djamena, Masra ha annunciato con una lettera ai ciadiani l’inizio di uno sciopero della fame. Nella missiva si denunciavano le condizioni del proprio arresto ma anche le «ingiustizie e le disuguaglianze» che tengono «imprigionato» il Ciad.

Masra ha interrotto la sua astensione da cibo, acqua e medicine ieri 30 giugno. La decisione pare essere stata presa su impulso del suo medico e dopo le pressioni della madre, che ha minacciato di avviare lei stessa uno sciopero della fame qualora il figlio non avesse terminato il suo.

L’appoggio di attiviste e artisti 

L’iniziativa di Masra è stata sostenuta da realtà della società civile ciadiana e ovviamente dal suo partito. Nei giorni scorsi un gruppo di donne esponenti dei Transformateurs ha anche organizzato a N’Djamena una protesta per chiedere il rilascio del leader dell’opposizione. Le attiviste hanno scandito i loro slogan semi nude, un gesto di protesta d’impatto in un paese dove i costumi sono generalmente abbastanza austeri.

Questa modalità di protesta è tipica di alcune parti del sud del paese, abitato da un’ampia comunità di persone cristiane e animiste. Una specifica necessaria perchè la politica ciadiana segue ancora in larga parte le faglie di divisione che segnano la società del paese. Le persone musulmane che abitano nel nord (fra i quali i pastori) sono ritenute infatti il principale bacino di consenso dell’èlite militare che guida il paese da 50 anni, composta per l’appunto da persone musulmane originarie del centro e del nord.

Al contrario, le persone cristiane e animiste che vivono nel sud (fra i quali molti coltivatori) sono in genere più vicine alle opposizioni. Le comunità del sud lamentano inoltre di essere emarginate ed estromesse dal potere politico.

Anche cantanti e scrittori si sono schierati dalla parte di Masra. È il caso del musicista Kaar Kaas Sonn, volto noto della cultura ciadiana adesso residente in Francia, il cantautore che ha deciso di seguire le orme di Masra e di lanciare anche lui uno sciopero della fame per chiederne il rilascio.

Sonn ha già sospeso la sua iniziativa, come del resto Masra, ma si è detto soddisfatto di essere riuscito a richiamare l’attenzione su cosa sta avvenendo al leader dell’opposizione.

Spirale repressiva 

E l’attenzione resta alta in tutto il paese anche a causa di altri provvedimenti del governo. La giustizia ciadiana ha vietato a società civile e giornalisti di indagare sugli scontri di Mandakao, le violenze di cui Masra è considerato in parte responsabile. La decisione è stata motivata con il rischio di “turbative dell’ordine pubblico” e “interferenze” con le indagini giudiziarie.

L’interdizione ordinata da N’Djamena ha seguito però la pubblicazione di un report indipendente del Collectif des associations de défense des droits de l’homme (ADH) che sembrava sminuire e molto il possibile ruolo di Masra nelle violenze. 

Di recente il governo ha assestato anche un altro duro colpo a società civile e dissenso. La settimana scorsa la giustizia ciadiana ha infatti deciso di sciogliere due associazioni perchè ritenute “minacce” all’ordine pubblico e la sicurezza dello stato e di vietare le attività di altre due realtà civiche in quanto “organizzazioni non autorizzate a operare legalmente”. 

Le organizzazioni oggetto della misura avevano lamentato l’inefficacia del governo nel contenere le violenze intercomunitarie e nel mantenere la promessa elettorale di proteggere la popolazione. 

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