
Considerando gli attuali 252 cardinali della Chiesa cattolica, saranno 133 che, essendo sotto gli 80 anni, siederanno in conclave per eleggere il 277° pontefice, il successore di papa Francesco.
Provenienti da 71 paesi dei diversi continenti, contano tra loro 18 cardinali africani che rappresentano 17 paesi del continente (nel precedente conclave, nel 2013, erano 11).
Negli oltre 2000 anni di storia della Chiesa, l’Africa ha contribuito al papato con la nomina al soglio di tre cardinali, tutti originari del Nord Africa, un’area oggi in grande maggioranza di religione musulmana, ma che agli inizia della Chiesa costituiva il cuore pulsante del cristianesimo.
I tre pontefici africani, infatti, furono nominati nell’epoca dell’Impero di Roma, che includeva l’odierna Tunisia, il nord-est dell’Algeria e la costa della Libia occidentale. Ognuno di loro ha contribuito notevolmente nello sviluppo della teologia, nell’organizzazione ecclesiale e nella definizione della prassi della Chiesa nascente.
Si tratta di Vittore I°, Milziade, e Gelasio I°, «luminosi esempi – scrisse san Giovanni Paolo II nell’Esortazione apostolica post-sinodale Ecclesia in Africa – che appartengono al patrimonio comune della Chiesa».
Vittore I°, di non meglio precisate origini nordafricane, si rivelò un pastore dal carattere molto fermo. Fu Papa per dieci anni, dal 189 al 199.
Gli storici ci dicono che dovette affrontare varie eresie, tra le quali quella diffusa nella Chiesa d’Oriente, soprannominata “controversia pasquale”, divenuta simbolo di conflitti più ampi tra Oriente e Occidente e consistente nell’osservanza, da parte di alcuni gruppi di cristiani, di seguire pratiche del giudaismo.
Chi la sosteneva si basava sui riti ebraici che facevano cadere la Pasqua di Risurrezione non di domenica, come deciso dalla Chiesa di Roma, ma nel 14° giorno del mese ebraico di Nisan, in coincidenza con la Pasqua ebraica.
Vittore salì al soglio negli ultimi anni dell’imperatore Commodo che, secondo la leggenda, era in amicizia con una donna cristiana che contribuì a rendere meno aspra la politica anticristiana del tempo. Condizioni che di nuovo peggioreranno con il suo successore Settimio Severo.
Milziade (o Melchiade) resse la Chiesa di Roma dal luglio 311 al gennaio 314. Della sua vita prima del pontificato non si sa quasi nulla. Era di origine africana, e secondo tradizione si trovava a Roma sul finire della sanguinosa persecuzione di Diocleziano. Fu tra l’altro testimone dell’ambigua condotta dell’imperatore Massenzio nei confronti dei cristiani.
Dopo la famosa battaglia di Ponte Milvio, Costantino come trasmesso entrò in Roma innalzando il segno della Croce. Il papa africano, pertanto, sfruttò in favore dei fedeli le buone disposizioni del nuovo imperatore. Volle che fossero costruite nuove e grandiose basiliche. La prima fu quella Lateranense, che è nota fino ad oggi come la cattedrale di Roma.
Il pontificato di san Milziade fu breve. Ma tre anni di governo della Chiesa bastarono a fargli meritare l’elogio di sant’Agostino: «Vero figlio della pace e vero padre per i cristiani». Stranamente però, questo «figlio della pace», primo papa dell’età costantiniana del “trionfo del Cristianesimo”, ricevette il titolo onorifico di martire, forse per essere stato sepolto nelle Catacombe.
Gelasio I°, infine, guidò la Chiesa di Roma dal 492 al 496, e passò alla storia come un papa battagliero e intransigente che, nei quattro anni del suo pontificato, tenne caparbiamente testa al Senato romano, all’imperatore di Costantinopoli e a vari eretici.
Il più bell’elogio di san Gelasio è quello di Dionigi il Piccolo, che scrisse di lui: «Morì povero, dopo aver arricchito i poveri». Anche il Liber pontificalis dice che Gelasio «amò i poveri». Di origine africana, il suo forte temperamento polemico risalta in lettere vigorose e mordenti.
Al Senato romano, che amava il quieto vivere e permetteva ancora, nel V° secolo, certe feste pagane, con la scusa che il popolo amava le tradizioni e voleva divertirsi, papa Gelasio denunziò l’immoralità che quelle feste nascondevano.
All’imperatore di Costantinopoli, che credeva di poter intervenire nel governo della Chiesa, Gelasio scrisse chiaramente che il pontefice era lui, e che non avrebbe permesso la più piccola ingerenza del potere civile nelle questioni ecclesiastiche. Egli affermava chiaramente, insomma, quella che fu detta poi «la supremazia dello spirituale sul temporale».
Sviluppò anche la nota “Dottrina delle due spade”, che enfatizzava i poteri, separati ma uguali, della Chiesa e dello stato. Per essa Gelasio distingueva i poteri spirituale e materiale come conferiti alla Chiesa da Dio, la quale delegò il potere terreno allo stato, rendendo in definitiva superiore ad esso.
Gelasio I° è riconosciuto come il primo papa ad essere ufficialmente chiamato “Vicario di Cristo”, un termine che indica il ruolo del papa come rappresentante di Cristo sulla Terra. Dopo di lui, si ritiene che nessun altro papa fosse originario dell’Africa.
Secondo Philomena Mwaura, teologa docente di Studi Religiosi presso la Kenyatta University in Kenya, l’Africa al tempo del dominio di Roma era multiculturale, con gruppi locali berberi e punici, schiavi liberati e persone trasferitesi da Roma in Nord Africa. «La comunità nordafricana – ha spiegato l’insegnante in un’intervista con la BBC – era piuttosto eterogenea, ed era inoltre una rotta importante per molte persone coinvolte nel commercio nell’epoca antica».
E aggiungeva che più che identificarsi con specifici gruppi etnici, la maggior parte delle persone che vivevano nei territori amministrati da Roma si ritenevano anzitutto romane.
Una cosa è certa: questi tre papi furono figli dei loro tempi e a modo loro hanno segnato la storia della Chiesa offrendo il proprio contributo per la causa del Regno di Dio. Come diceva Plinio il Vecchio, «Ex Africa semper aliquid novi»: «Dall’Africa c’è sempre qualcosa di nuovo». Da conoscere e imparare!