
Nell’Africa subsahariana la connettività mobile è un fattore chiave nel settore della trasformazione digitale ma anche della crescita socioeconomica. Emerge dall’analisi della GSMA, associazione mondiale degli operatori mobili.
L’adozione del 4G continua a crescere a livello regionale e si prevede che rappresenterà il 50% del totale delle connessioni entro il 2030. Ma ci si aspetta anche molto nel momento in cui il 5G comincerà a diffondersi. La previsione degli analisti è che porterà un contributo di 10 miliardi di dollari all’economia della regione entro il 2030, pari al 6% dell’impatto economico complessivo della telefonia mobile.
Nel frattempo, l’ecosistema mobile nel 2023 ha supportato 1,5 milioni di posti di lavoro direttamente e oltre 2,2 milioni di posti di lavoro in altri settori. Intanto, i governi africani, così come quelli del resto del mondo, hanno introdotto negli ultimi tempi politiche per incentivare Internet e l’implementazione delle infrastrutture in luoghi poco serviti dalla rete.
L’avanzata della telefonia mobile
Nel 2023, quasi il 44% della popolazione nell’Africa subsahariana era già abbonato a un servizio di telefonia mobile, vale a dire 527 milioni di abbonati. Nonostante i progressi, il divario nell’utilizzo a sud del Sahara rimane significativo, il 60%, e il panorama della connettività Internet mobile varia notevolmente.
In paesi come il Ciad, la Repubblica Centrafricana e il Mozambico, ad esempio, i livelli di penetrazione rimangono al di sotto del 15%, mentre nei mercati più avanzati come il Sudafrica e le Seychelles, la penetrazione supera il 50%.
Le sfide del digital divide
Le principali sfide che contribuiscono a questa disparità sono competenze digitali limitate e l’accessibilità economica, in particolare il costo degli smartphone, seppure il mercato sia pieno di device a basso costo soprattutto di fattura cinese.
Ma è l’aspetto economico quello che sta spingendo i governi ad azioni che portino ad una maggiore diffusione di Internet e dei servizi ad esso connessi. Nel 2023, tecnologie e servizi mobili hanno generato il 7,3% del PIL nell’Africa subsahariana, un contributo che ammonta a 140 miliardi di dollari. E si prevede che entro il 2030 il contributo del mobile raggiungerà 170 miliardi di dollari.
I vantaggi riguardano anche tutto l’ecosistema legato ai servizi mobili, che si attesta a 40 miliardi di dollari. Questo ecosistema riguarda sostanzialmente tre categorie: operatori di telefonia mobile; infrastrutture e fornitori di apparecchiature; contenuti e servizi.
E poi c’è un altro vantaggio per le casse dei governi. Nel 2023, il settore della telefonia mobile nell’Africa subsahariana ha dato un contributo sostanziale al finanziamento del settore pubblico, con quasi 20 miliardi di dollari raccolti attraverso le tasse. Il contributo maggiore è venuto da servizi, IVA, imposte sulle vendite e accise, che hanno generato 10 miliardi di dollari, seguiti dalle imposte sulle società con profitti pari a 5 miliardi di dollari.
Nel 2023, circa il 13% della popolazione dell’Africa subsahariana non era però ancora coperta da una rete mobile a banda larga.
Le aree prive di copertura sono spesso rurali e remote e spesso scarsamente popolate con habitat impegnativi che comportano elevati costi di investimento per i fornitori di servizi Internet. L’espansione della banda larga mobile e delle infrastrutture necessarie in queste aree rimane dunque una difficoltà e un investimento economico non sempre conveniente.
Divario di genere e impatto socio-economico
Infine, come ha anticipato Semafor nella regione subsahariana negli anni si è andato riducendo sempre più il divario nell’uso di Internet mobile.
Nel 2022 il divario tra uomini e donne era del 36%, oggi è del 29%. Eppure, circa 205 milioni di donne non sono ancora connesse ai servizi Internet mobile, quasi due terzi della popolazione femminile adulta.
Ad incidere sono le disuguaglianze strutturali in termini di reddito e istruzione. Nello stesso tempo il mancato accesso delle donne ad uno smartphone, alla rete e ai servizi Internet riduce anche l’accesso all’istruzione, all’occupazione, e persino alla salute.
A conti fatti, a risentirne non è solo il genere femminile ma anche le casse dei singoli stati.