Corsa agli armamenti nucleari: spesi oltre 100 miliardi nel 2024
Armi e Disarmo Economia
Il nuovo rapporto dell'International Campaign to Abolish Nuclear Weapons (ICAN)
Corsa agli armamenti nucleari: spesi oltre 100 miliardi di dollari nel 2024
Le nove nazioni, che globalmente posseggono oltre 12mila testate nucleari, hanno destinato 3.169 dollari al secondo per alimentare i loro arsenali. Gli Stati Uniti da soli spendono più di tutti gli altri paesi messi insieme. L'industria privata (compresa Leonardo) incassa miliardi. In Italia sono presenti 35 testate nucleari americane con costi reali nascosti ai cittadini
13 Giugno 2025
Articolo di Gianni Ballarini
Tempo di lettura 6 minuti

Ormai è un dato pietrificato: è famelica la spesa globale per gli arsenali nucleari. Nel 2024 ha raggiunto la cifra di 100,2 miliardi di dollari, con un aumento dell’11% rispetto all’anno precedente.

Questo significa che ogni secondo vengono spesi 3.169 dollari per armi atomiche. 

Dati che si leggono nel rapporto Hidden costs: nuclear weapons spending in 2024 dell’International Campaign to Abolish Nuclear Weapons (ICAN), che denuncia una crescente militarizzazione e una allarmante mancanza di supervisione democratica sui costi reali di questi armamenti.

Negli ultimi cinque anni, dal 2020 al 2024, gli investimenti nel settore hanno totalizzato 415,9 miliardi di dollari. Rispetto a 5 anni fa la crescita è stata del 47% (nel 2020 aveva raggiunto i 68 miliardi di dollari).

Operazione Rising Lion

Un report che esce proprio nelle ore drammatiche in cui aerei israeliani hanno bombardato diversi siti legati al programma nucleare iraniano, tra cui l’impianto di arricchimento dell’uranio a Natanz, il centro di ricerca nucleare a Isfahan e il reattore sperimentale di Arak.

La versione ufficiale dal governo di Tel Aviv, che ha chiamato l’operazione militare Rising Lion, è di aver voluto neutralizzare la minaccia rappresentata dal programma nucleare iraniano. Ma ormai è abbastanza consolidata l’idea che il vero obiettivo di Israele era decapitare il vertice militare di Teheran

I paesi “nucleari”

L’Israele che bombarda centrali nucleari è lo stesso paese che custodisce un arsenale atomico. Non sono in molti al mondo ad averlo. Nove in tutto. Oltre allo stato ebraico, Stati Uniti, Cina, Regno Unito, Russia, Francia, India, Pakistan e Corea del Nord. Paesi che continuano a investire massicciamente in armi di distruzione di massa.

Per comprendere l’enormità de miliardi investiti, basta pensare che i 100 miliardi equivalgono, come dicevamo, a spendere 3.169 dollari ogni secondo dell’anno, 274 milioni al giorno, o 1,9 miliardi a settimana.

Dominio americano

Non c’è certezza assoluta, proprio per la scarsa trasparenza, sul numero esatto di testate nucleari a livello globale. Fonti attendibili parlano di 12.331. Russia e Stati Uniti possiedono quasi l’88% del totale.

Gli Stati Uniti si confermano il gigante indiscusso di questa corsa, avendo destinato 56,8 miliardi di dollari al proprio arsenale nucleare nel 2024. Washington spende più di tutti gli altri otto paesi messi insieme. L’aumento di 5,3 miliardi rispetto al 2023 dimostra come l’amministrazione americana consideri prioritario il mantenimento e l’ammodernamento del proprio arsenale.

La classifica

Al secondo posto troviamo la Cina con 12,5 miliardi di dollari, seguita dal Regno Unito con 10,4 miliardi. La Russia, nonostante il conflitto in Ucraìna, ha destinato 8,1 miliardi alle armi nucleari, mentre la Francia ha speso 6,9 miliardi con piani per aumentare gli investimenti del 50% nei prossimi anni.

Più distaccati gli altri paesi: India (2,6 miliardi), Israele e Pakistan (1,1 miliardi ciascuno), e Corea del Nord (630 milioni).

Il business privato

Dietro questi numeri si nasconde un florido business privato. Almeno 26 aziende sono significativamente coinvolte nello sviluppo e manutenzione di armi nucleari, incassando 43,5 miliardi di dollari nel 2024.

Coinvolta anche Leonardo

Tra le imprese anche l’italiana Leonardo, segnalata nel rapporto come coinvolta nella produzione di armi nucleari per l’arsenale francese. Nello specifico, Leonardo ha guadagnato circa 133 milioni di dollari (144 milioni di euro) nel 2024 per il suo lavoro di manutenzione di missili cruise a lancio aereo, come parte di MBDA, il principale consorzio europeo costruttore di missili e tecnologie per la difesa, attivo nei settori dell’aeronautica, della marina militare e delle forze armate terrestri. Ne fanno parte anche Airbus e BAE Systems.

Portafoglio ordini: 463 miliardi

Ma è il portafoglio ordini futuro a impressionare: 463 miliardi di dollari in contratti già assegnati, alcuni dei quali non scadranno prima di decenni.

Nel solo 2024, sono stati firmati nuovi contratti per circa 20 miliardi di dollari, garantendo alle aziende del settore un flusso di entrate sicuro per gli anni a venire. Questo sistema crea quello che gli esperti definiscono un «complesso militare-industriale nucleare» con forti interessi nel mantenimento dello status quo.

Attività di lobbyng

L’influenza di queste aziende della difesa non si limita alla produzione: nel 2024, solo in Francia e Stati Uniti hanno investito oltre 128 milioni di dollari in attività di lobbying. Nel Regno Unito, hanno tenuto 196 incontri con alti funzionari governativi, inclusi 18 colloqui diretti con l’ufficio del primo ministro.

I costi nascosti

Una delle rivelazioni più preoccupanti del rapporto riguarda i “costi nascosti” degli accordi di condivisione nucleare. Paesi come Belgio, Germania, Italia, Paesi Bassi e Turchia ospitano segretamente armi nucleari statunitensi sui loro territori, sostenendo costi significativi che raramente vengono discussi pubblicamente.

L’Italia e la bolletta nucleare

Per l’Italia, Francesco Vignarca della Rete Italiana Pace Disarmo stima un costo annuale di circa 500 milioni di euro collegato alla presenza di testate nucleari statunitensi, che sarebbero 35, situate presso le basi aeree di Aviano e Ghedi.

Tuttavia, il coordinatore ammette che «il dato sul costo annuale non è certo, a causa di enormi opacità e difficoltà di accesso a molti dati». Un  problema che evidenzia la mancanza di trasparenza democratica su questi accordi.

Il paradosso della deterrenza

Il rapporto evidenzia una contraddizione fondamentale: nel gennaio 2022, gli stessi paesi dotati di armi nucleari hanno dichiarato congiuntamente che “una guerra nucleare non può essere vinta e non dovrebbe mai essere combattuta”. Eppure, continuano a investire somme crescenti in questi armamenti, giustificandosi con la “dottrina della deterrenza”.

C’è poi Trattato sulla Proibizione delle Armi Nucleari (TPNW), al quale hanno aderito 98 paesi, che vieta tutte le attività legate alle armi nucleari, inclusi lo sviluppo, il test, la produzione, la fabbricazione, il trasferimento, il possesso, lo stoccaggio, l’uso o la minaccia di uso di armi nucleari, nonché il permettere che armi nucleari siano stazionate sul proprio territorio.

Con due conflitti in corso che coinvolgono potenze nucleari – in Ucraìna e Gaza – tensioni crescenti tra India-Pakistan, nella penisola coreana e il nuovo fronte aperto da Israele in Iran, molti esperti considerano il rischio di uso delle armi nucleari il più alto dai tempi della Guerra Fredda.

Cosa si potrebbe fare in alternativa

Il rapporto ha poi calcolato che cosa si potrebbe fare con quei 100,2 miliardi spesi nel 2024 per armi nucleari: coprire il bilancio delle Nazioni Unite 28 volte; sfamare per quasi due anni tutti i 345 milioni di persone che affrontano livelli gravi di fame per quasi due anni; finanziare misure contro il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità.

La sola spesa nucleare statunitense avrebbe potuto sfamare 365 milioni di persone in grave insicurezza alimentare.

Serve maggiore trasparenza

Il rapporto ICAN sottolinea la mancanza di trasparenza, particolarmente evidente negli accordi di condivisione nucleare. E ciò costituisce un ostacolo fondamentale alla supervisione democratica.

L’appello è chiaro: cittadini, politici e investitori devono esigere maggiore trasparenza dai loro governi, tagliare i legami finanziari con l’industria delle armi nucleari e promuovere il disarmo, orientando le risorse verso bisogni di sicurezza più urgenti e il benessere globale.

Nell’ottantesimo anniversario dei bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki, la domanda rimane: possiamo permetterci di continuare a investire nella nostra stessa distruzione?

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