
È proprio vero: lo Spirito non finisce mai di stupirci. In meno di 24 ore, al 4° scrutinio, la Chiesa di Roma dalla sera dell’8 maggio ha il suo nuovo vescovo, eletto dal conclave più internazionale (cardinali di 71 paesi diversi) e numeroso (133 elettori) di sempre, che tutti descrivevano troppo diversificato e quindi disunito e… sfilacciato.
Altra sorpresa: il prescelto è il primo frate agostiniano a divenire papa e viene dall’America di Trump. Ma non è un trumpiano, anzi, e subito, quasi a dissipare ogni dubbio, si esprime come fosse il suo predecessore Francesco a parlare in lui: «Vogliamo essere una Chiesa sinodale, una Chiesa che cammina, che cerca sempre la pace, cerca sempre la carità, cerca sempre di essere vicina a tutti, specialmente a coloro che soffrono».
In queste parole pronunciate nel suo saluto alla folla in piazza san Pietro e al mondo intero collegato via social e i media, prima della benedizione Urbi et orbi, è riassunto il programma del nuovo papa che prende il nome di Leone.
Il cardinale Robert Francis Prevost, 69 anni, è il secondo cardinale americano dopo Bergoglio, chiamato a guidare come suo vescovo la Chiesa che è in Roma. «La pace sia con tutti voi!», le prime parole di Leone XIV.
Ben dieci volte nel suo saluto risuona la parola “pace”: «La pace sia con voi!» ripete. «Questa è la pace di Cristo, una pace disarmata e una pace disarmante, umile e perseverante. Proviene da Dio, che ci ama tutti e incondizionatamente». Parole che stonano con la pace armata e riarmante che spopola nell’Europa di Ursula von der Leyen e altrove nel mondo (vedi oggi la Piazza Rossa a Mosca!)
E poi ascoltiamo parole dal sapore francescano: «Senza paura, uniti, mano nella mano con Dio e tra di noi, andiamo avanti… Aiutiamoci noi, gli uni gli altri, a costruire ponti, con il dialogo, con l’incontro, unendoci tutti per essere un solo popolo, sempre in pace».
E ancora: «Dobbiamo cercare insieme come essere una Chiesa missionaria, una Chiesa che costruisce ponti di dialogo, sempre aperta a ricercare, come questa piazza con le braccia aperte, tutti coloro che hanno bisogno della nostra carità, della nostra presenza, del dialogo, dell’amore».
E qui va ricordato che nei mesi scorsi il cardinale Robert Prevost aveva rilanciato sui social un editoriale critico nei confronti di alcune dichiarazioni rilasciate a febbraio dal vicepresidente americano, il cattolico Vance a proposito dell’amore per il prossimo secondo sant’Agostino.
L’agostiniano Prevost, attivo sui social e in particolare su X, aveva condiviso sulla piattaforma di Elon Musk un articolo del National Catholic Reporter (NCR) intitolato: “Jd Vance sbaglia: Gesù non ci chiede di fare la classifica del nostro amore per gli altri“.
Commovente, esprimendosi in spagnolo, il suo saluto va in particolare «alla mia amata diocesi di Chiclayo in Perú», e al «popolo fedele» che lo ha accompagnato nei suoi ultimi viaggi da vescovo in quell’angolo del Sudamerica dove ha trascorso 20 tra gli anni più belli e giovani della vita.
Vero che il nuovo papa si è presentato con la mozzetta rossa e la stola dei papi di sempre, a significare che intende giocare un ruolo di maggiore rilevanza interna, tendendo una mano ai tradizionalisti/conservatori, ma le sue parole sono pace, ponti, missione, missionari.
Il nome Leone poi ci rimanda alla Rerum Novarum, l’enciclica sociale promulgata il 15 maggio 1891 da papa Leone XIII: per la prima volta la Chiesa cattolica prendeva posizione in ordine alle questioni sociali e fondava la sua dottrina sociale.
No, dopo Francesco non si torna indietro. Benché laureato in diritto canonico (a Roma, Angelicum), matematico e filosofo, papa Leone è soprattutto quel pastore di cui oggi ha bisogno la Chiesa che sa del “profumo” (“odore” direbbe Francesco) delle sue pecore.
Infatti, come leggiamo nel proemio della costituzione pastorale conciliare Gaudium et spes a proposito dell’“intima unione della Chiesa con l’intera famiglia umana”: “Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini di oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore”.
Infine, a proposito di Leone, sono riandato alla benedizione di Francesco di Assisi a frate Leone (e messa in canto, in latino, dai bambini dell’Antonianum di Bologna): «Il Signore ti benedica e ti custodisca, mostri a te il suo volto e abbia misericordia di te. Rivolga verso di te il suo sguardo e ti dia pace. Il Signore benedica te, frate Leone». Auguri, papa Leone!
Di seguito alcune foto che ritraggono Robert Francis Prevost, in Perù, durante gli anni trascorsi nella diocesi di Chiclayo.