
Numeri di disponibilità di ingressi mai così alti nella storia dell’Italia. Così, il governo Meloni presentava il lancio del Decreto flussi 2023/2025. Una finestra che, quest’anno, si apre su oltre 191mila ingressi per lavoratori e lavoratrici subordinati, stagionali e no, e autonomi. Numeri che ci si aspettava, come sempre accaduto fino a oggi, venissero bruciati in pochi secondi, triplicando le disponibilità rispetto alle richieste.
E invece, a distanza di qualche mese dalle date dei click day di febbraio, ci sono ancora quote disponibili. E non poche. Tant’è vero che si allungano le date di possibilità di trasmissione delle domande, fino al 31 dicembre. Di fatto, su un totale di oltre 191mila ingressi, risultano disponibili ancora oltre 53mila quote sia per stagionali che per subordinati non stagionali.
Numeri cui si aggiungono i 9mila inevasi di quei 10mila posti aggiuntivi che si erano pensati per le figure di lavoratrici e lavoratori dediti all’assistenza familiare e sociosanitaria. Due settori occupazionali sempre molto gettonati, che hanno visto bruciare subito le prime 9mila disponibilità, ma fermarsi a mille richieste per quelle 10mila domande aggiuntive.
Un buco nel settore turismo
La vera sorpresa si è registrata però nel settore turistico, da sempre in deficit di figure, soprattutto stagionali. A fronte di 55mila quote disponibili, proprio questi ultimi, hanno visto arrivare al 18 marzo solo 6.257 richieste. Un gap enorme rispetto alle domande di ingresso pensate.
Di certo, come registrato nel settore agricolo, anche il turistico paga la lentezza del rilascio dei visti e nulla osta. Chi ha necessità di rispondere a una stagionalità di raccolta nei campi o di apertura di ristoranti, bar e stabilimenti deve avere la certezza di poter partire con il proprio lavoro.
E questo, lo aveva già registrato Ero straniero con il dossier in cui mostrava come, nel 2024, solo il 7,8% delle quote stabilite dal Decreto flussi si fossero trasformate realmente in permessi di soggiorno e quindi lavoro regolare.
Molto più spesso invece era accaduto il contrario: il lavoratore non riusciva ad arrivare in tempo e, al suo ingresso, l’occupazione per cui aveva fatto richiesta non esisteva più e, di fatto, diventava irregolare da subito.
Marocco “paese a rischio”
A questo problema, più volte denunciato da imprenditori e Coldiretti, si aggiunge, per rimanere nelle campagne, le difficoltà ulteriori date dalla decisione del governo di inserire il Marocco tra i paesi a rischio per i flussi migratori. Quelli rimpatriabili insomma, perché non hanno “bisogno” di emigrare.
Questo, secondo la categoria, fa sì che sulle persone marocchine si facciano verifiche ulteriori che allungano i tempi dell’Ispettorato nazionale del lavoro. Coldiretti segnala che su 2mila richieste di lavoratrici e lavoratori provenienti dal Marocco, solo 50 di fatto è arrivato a ottenere nulla osta. Un problema non da poco visto che il Decreto flussi stabilisce non solo un numero totale di finestre, ma per ogni finestra anche un numero specifico per paese di provenienza.