Egitto: Macron scommette su al-Sisi per fermare il piano di Trump a Gaza
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Il presidente francese al Cairo a supporto del progetto egiziano per la ricostruzione della Striscia
Egitto: Macron scommette su al-Sisi per fermare il piano di Trump a Gaza
Il capo dell’Eliseo sostiene il piano presentato alla Lega araba, escludendo deportazioni di palestinesi ma anche un futuro governo affidato ad Hamas. Assieme al re di Giordania i due leader hanno condannato i rinnovati attacchi israeliani e annunciato una conferenza per la ricostruzione, sottolineando l'importanza della protezione dei civili e la necessità di un cessate il fuoco duraturo
08 Aprile 2025
Articolo di Giuseppe Acconcia
Tempo di lettura 7 minuti
Il presidente francese Emmanuel Macron ricevuto dal suo omonimo egiziano Abdel Fattah al-Sisi al Cairo (Credit: Egyptian Presidency Media Office)

La visita di due giorni del presidente francese Emmanuel Macron al Cairo, culminata nella passeggiata congiunta con il presidente Abdel Fattah al-Sisi nel mercato centrale di Khan el-Khalili e nella visita privata al Grande Museo Egizio, ha avuto lo scopo di rafforzare ulteriormente le relazioni bilaterali tra Francia ed Egitto.

Parigi con François Holland prima e Macron poi è stato il paese europeo che più di ogni altro ha permesso la dura repressione delle proteste di piazza nel 2011 e il consolidamento del potere di al-Sisi dopo il golpe del 2013. Ma questa volta al centro dei colloqui, a cui ha preso parte anche il re giordano Abdullah II, e durante i quali si è svolta una teleconferenza con il presidente USA Donald Trump, c’è stato il tema della ricostruzione di Gaza e del nuovo cessate il fuoco.

Il piano arabo di ricostruzione

Il presidente francese ha sostenuto il piano egiziano, presentato alla Lega araba, per la ricostruzione di Gaza che non prevede alcuna deportazione dei palestinesi, come paventato invece dal progetto di Trump di creare nella Striscia la “Riviera del Medioriente”. Il piano arabo prevede invece investimenti per 53 miliardi di dollari per permettere lo smaltimento di 50milioni di tonnellate di macerie e l’avvio della ricostruzione della Striscia.

Nel documento di 112 pagine il governo egiziano ha presentato anche immagini ricostruite con l’intelligenza artificiale di palazzi e centri di comunità, con progetti che includono centri commerciali, resort sulla spiaggia di Gaza e un aeroporto.

Dal canto suo, il presidente USA ha visto accogliere il suo progetto di sfruttamento immobiliare della Striscia con freddezza da parte dei paesi arabi. In particolare, la cancellazione della visita di al-Sisi a Washington e l’imbarazzo con cui ha reagito il re Abdullah di Giordania al suo piano avevano spinto Trump a ritrattare parzialmente e affermare che ogni trasferimento di palestinesi da Gaza sarebbe dovuto avvenire su base volontaria.

Il presidente americano ha tuttavia ribadito il suo progetto durante l’incontro, lo scorso lunedì 7 aprile a Washington, con il premier israeliano Benjamin Netanyahu. I due politici si sono incontrati per la seconda volta dopo l’insediamento di Trump per parlare anche dei dazi al 17% imposti da Washington a Tel Aviv e dei colloqui con le autorità iraniane in tema di nucleare.

Le posizioni di Macron

Anche secondo Macron, qualsiasi “spostamento della popolazione e annessione di Gaza o della Cisgiordania” sarebbero una violazione del “diritto internazionale e una minaccia seria alla sicurezza dell’intera regione, incluso Israele”.

Macron, al-Sisi e Abdullah di Giordania hanno annunciato al Cairo una conferenza per la ricostruzione a Gaza che si terrà in Egitto non appena si arriverà alla cessazione delle ostilità con il rilascio degli ultimi ostaggi nelle mani di Hamas e la fine dei bombardamenti israeliani su Gaza.

I tre leader hanno anche ribadito che la “protezione dei civili e degli operatori umanitari” sono obblighi previsti dal diritto internazionale esprimendo “grave preoccupazione” per il peggioramento della situazione umanitaria in Cisgiordania e a Gerusalemme Est e condannando tutte le misure unilaterali che compromettono di una sempre più difficile “possibilità per una soluzione dei due stati”.

Proprio la possibilità che nasca uno stato palestinese è sempre meno plausibile a causa dell’occupazione israeliana dei territori palestinesi, per la discontinuità territoriale tra Gaza e Cisgiordania e per la sempre più diffusa presenza delle colonie israeliane in Palestina.

Il ruolo di Hamas

Il presidente francese ha tuttavia sottolineato che il movimento che governa la Striscia di Gaza, Hamas, che ha orchestrato gli attacchi del 7 ottobre 2023 che hanno causato 1.200 morti israeliani e 250 ostaggi, innescando il genocidio in corso, “non dovrà avere alcun ruolo di governo per non costituire una minaccia per Israele”.

Secondo questa visione, dovrà essere la fragile, divisa e corrotta Autorità nazionale palestinese, guidata da Mahmoud Abbas, ad occuparsi anche di Gaza. Tuttavia, nel piano presentato alla Lega araba non è stato affrontato direttamente il tema del disarmo di Hamas e del futuro ruolo del movimento.

Il presidente egiziano, che durante i negoziati per il cessate il fuoco, raggiunto lo scorso 19 gennaio grazie soprattutto alla mediazione del Qatar, ha sempre assunto una posizione molto favorevole alle posizioni israeliane, ha sottolineato anche che “senza una soluzione” per i palestinesi non ci sarà pace e stabilità in Medioriente.

Al-Sisi si è duramente opposto a qualsiasi deportazione di massa dei palestinesi nel Sinai sostenendo, sin dalle prime fasi della guerra, che sarebbe stata una linea rossa insuperabile per la sua amministrazione.

L’ex generale teme che uno spostamento di centinaia di migliaia di palestinesi possa provocare una dura ondata di proteste popolari che potrebbero minare la stessa tenuta del suo regime. Non solo, la presenza di sostenitori di Hamas nel Sinai potrebbe anche costituire una minaccia alla sicurezza interna del paese.

Lo stesso presidente francese si è recato anche ad al-Arish nel Sinai per incontrare operatori umanitari e forze di sicurezza e affrontare la questione dell’accesso a Gaza degli aiuti tramite il valico di Rafah, rimasto chiuso per mesi, nonostante la richiesta di cure mediche urgenti dei feriti palestinesi.

Il cessate il fuoco

I due presidenti hanno condannato i rinnovati attacchi a Gaza da parte dell’esercito israeliano e affermato la necessità di un ritorno del cessate il fuoco. «Condanniamo la ripresa dei raid israeliani su Gaza», ha aggiunto Macron avvertendo che la situazione sul campo nella Striscia sta peggiorando «drammaticamente».

Da cinque settimane non arrivano aiuti umanitari nella Striscia, oltre 1.300 sono i palestinesi uccisi dai bombardamenti, ripresi il 18 marzo scorso dopo la fine della prima fase del cessate il fuoco il primo marzo. Tra di loro figurano anche 15 paramedici uccisi intenzionalmente, secondo la Mezza Luna Rossa, mentre si trovavano in ambulanze segnalate con lampeggianti e sirene, portando a quasi 51mila le vittime totali palestinesi del conflitto.

Non solo, l’esercito israeliano ora controlla oltre al corridoio Philadelphi anche il corridoio Morag tra Khan Younis e Rafah.

Le autorità egiziane, a inizio marzo, avevano tentato di riportare al tavolo negoziale Hamas ed esercito israeliano per arrivare a un’estensione della prima fase del cessate il fuoco.

Secondo questo tentativo negoziale il movimento che governa la Striscia di Gaza avrebbe dovuto rilasciare 6 dei 22 ostaggi ancora nelle mani del gruppo, alcuni dei quali già morti, per fermare i nuovi bombardamenti israeliani che hanno innescato rinnovate ondate di proteste nel mondo arabo e in Cisgiordania.

Secondo il quotidiano saudita al-Sharq al-Awsat, il Cairo avrebbe presentato in questi giorni anche una nuova proposta negoziale che prevede lo scambio di 8 ostaggi in vita nelle mani di Hamas in cambio di 40-70 giorni di tregua.

Infine, nei colloqui bilaterali, Francia ed Egitto hanno firmato accordi in tema di trasporti, salute, educazione ed energia. Non solo, Macron ha anche concesso un prestito per 260 milioni di dollari per il Cairo, fortemente dipendente dagli aiuti che vengono dal Golfo, per investimenti nei settori dell’acqua, della salute, dei trasporti e dell’energia.

Al-Sisi ha cercato in ogni modo la sponda dei suoi alleati europei per bilanciare il piano per Gaza, lanciato dal presidente degli Stati Uniti, e che potrebbe mettere in discussione la stabilità del suo regime.

Come al solito, il primo a cogliere l’invito è stato il presidente francese, nonostante ci siano state già altre prove di sostegno da parte dell’Unione Europea, e di singoli paesi come la Danimarca, per l’iniziativa egiziana per la ricostruzione della Striscia.

L’incontro tra Macron, al-Sisi e Abdullah di Giordania ha in questo modo rinnovato la necessità che si ritorni alla fine delle ostilità a Gaza e che i palestinesi restino nella loro terra.

Ha confermato poi la necessità che il Cairo giochi un ruolo più forte rispetto al passato in questa fase di ricostruzione di Gaza, ben più incisivo delle posizioni, appiattite sulle richieste israeliane, dimostrate nella lunga fase negoziale che ha portato al cessate il fuoco del 19 gennaio scorso.

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