
È un annuncio che non ha stupito nessuno in Burundi quello fatto ieri dalla Commissione elettorale nazionale indipendente (CENI) che ha diffuso i dati dei risultati provvisori delle elezioni legislative del 5 giugno. Un assaggio di quello che sarà il voto presidenziale del 2027.
La CENI ha decretato la schiacciante vittoria del CNDD-FDD (Consiglio nazionale per la difesa della democrazia-Forze per la difesa della democrazia), con la percentuale bulgara del 96,51% dei voti, che garantiscono al partito-stato del presidente Évariste Ndayishimiye la totalità dei 100 seggi del parlamento.
Nessuno degli altri schieramenti ha infatti raggiunto la soglia del 2% che gli avrebbe aperto le porte dell’Assemblea nazionale.
Risultati che saranno definitivamente confermati il 20 giugno dal Consiglio Costituzionale.
Davanti a risultati tanto palesemente irrealistici, le opposizioni denunciano brogli e un voto “truccato”. Irregolarità sono state segnalate anche da giornalisti e osservatori.
Il principale partito di opposizione, il Congresso nazionale per la libertà (CNL), a cui è stato impedito di votare, ha denunciato voti multipli e forzati, nonché il “divieto di accesso” e la “detenzione arbitraria” dei suoi osservatori ai seggi.
Il CNL, arrivato secondo alle elezioni del 2020, era stato sospeso per “irregolarità” e accusato di legami con gruppi terroristi nel giugno 2023 dal ministro degli Interni.
L’anno seguente il suo leader, Agathon Rwasa, era stato sostituito alla guida del partito da Nestor Girukwishaka, uomo considerato vicino al partito al governo.
La corsa al parlamento di Rwasa, insieme a quelle di una decina di candidati della coalizione “Un Burundi per tutti”, era stata poi fermata dalla stessa CENI, che ne aveva decretato la non ammissione.
Tutte manovre volte a indebolire le opposizioni e consolidare il potere del CNDD-FDD.
Intimidazioni, molestie e censura
“Le elezioni legislative e locali in Burundi si sono svolte in un contesto di libertà di parola e spazio politico fortemente limitati”, ha dichiarato oggi Human Rights Watch.
“I funzionari e i giovani del partito al governo (i famigerati e temuti Imbonerakure, ndr) hanno intimidito, molestato e minacciato la popolazione e censurato la copertura mediatica per assicurarsi una vittoria schiacciante”.
Il rapporto di HRW descrive minuziosamente un lungo elenco di irregolarità e abusi registrati prima e dopo il voto, evidenziando lo stridente contrasto con quanto dichiarato nel rapporto preliminare degli osservatori dell’Unione Africana, che hanno invece elogiato lo svolgimento “pacifico” delle elezioni, l’elevata affluenza alle urne, il “clima di libertà e trasparenza” e la copertura mediatica.
“Esponenti della societàcivile e dell’opposizione continuano a denunciare continue molestie, estorsioni, detenzioni arbitrarie e percosse da parte degli Imbonerakure e delle autorità, mentre il governo rimane profondamente ostile alle critiche percepite”, fa notare Clémentine de Montjoye, ricercatrice senior per i Grandi Laghi di Human Rights Watch.
“La democrazia del Burundi è stata svuotata, con un partito al governo che non risponde al suo popolo e non è disposto a tollerare il dissenso, nonostante la crescente disperazione economica“, ha affermato de Montjoye. “Senza un’opposizione credibile, queste elezioni non fanno che consolidare ulteriormente il regime autoritario e spingere i burundesi in una crisi di governance profondamente radicata”.
Alla situazione sociale, politica ed economica del Burundi è dedicato il nostro dossier di giugno.