Il Malawi alle prese con crisi economica e persistere della corruzione volta pagina, tornando al passato. Alle elezioni generali del 16 settembre il presidente in carica Lazarus Chakwera ha infatti ottenuto solo il 33% dei voti, contro il 57% raggiunto dal suo predecessore, Peter Mutharika, 85 anni, alla guida del paese fra il 2014 e il 2020.
La vittoria dell’ex capo dello stato è stata comunicata ieri 24 settembre dalla presidente della Commissione elettorale nazionale (MEC), Justice Annabel Mtalimanja.
I giorni precedenti all’annuncio erano stati segnati dalle accuse di brogli e dal tentativo del partito di Chakwera, il Malawi Congress Party (MCP), di bloccare l’annuncio dei risultati tramite la magistratura. L’alta corte di Lilongwe ha però respinto la richiesta della formazione di maggioranza definendola «prematura».
Nel 2019 una sentenza della Corte costituzionale, seguita a settimane di proteste, aveva annullato le precedenti elezioni, vinte in prima istanza proprio da Mutharika. I cittadini malawiani erano quindi tornati alle urne, eleggendo Chakwera.
Chakwera riconosce la sconfitta
Il clima si presentava perciò teso, ieri a Lilongwe. Stando a resoconti della stampa internazionale, la polizia presidiava le strade e le banche erano rimaste chiuse per timore di disordini.
Il capo dello stato ha invece riconosciuto la sconfitta, parlando di una «vittoria storica» del suo rivale. Il presidente uscente si è detto «pienamente impegnato a facilitare un pacifico trasferimento di potere».
Chakwera non ha cambiato idea rispetto al fatto che il processo elettorale sia stato segnato da possibili irregolarità e ha chiesto di fare chiarezza su quanto avvenuto.
Per il presidente sconfitto comunque, le anomalie non sono state tali da modificare l’esito del voto. Resta solo da «unire le forze come un unico popolo nel perseguire lo sviluppo della nostra nazione» dunque, permettendo al presidente eletto di «guidare il nostro paese verso la prosperità».
Il voto di quest’anno è stato il secondo nella storia del Malawi da quando si richiede al vincitore di ottenere il 50% delle preferenze più una. Secondo quanto riportato dal MEC, l’affluenza alle urne ha superato quella del voto del 2019 di 12 punti percentuali, assestandosi al 76% degli elettori registrati, circa 7 milioni di persone su una popolazione totale di quasi 22 milioni.
Caduta libera
Gli aventi diritto sarebbero però quasi 11 milioni. Questo significa che in più di tre milioni hanno deciso di non registrarsi neanche per votare. Un dato che per molti indica la disaffezione dalla politica che ha accompagnato il processo elettorale.
Cinque anni fa il Malawi, pur molto povero, era ritenuto da molti un possibile faro di speranza per la democrazia in Africa.
Dopo la decisione della Corte costituzionale, le proteste, la ripetizione del voto e la pacifica transizione che gli ha fatto seguito il Malawi era stato addirittura eletto “paese dell’anno” dal settimanale britannico The Economist. La testata, di forte orientamento liberista, aveva elogiato lo slancio democratico del paese in una regione ritenuta altrimenti autoritaria.
Cinque anni dopo le speranze suscitate dal Malawi sembrano essersi spente.
Il paese fa i conti con una dura crisi economica: la crescita è debole e l’inflazione è alle stelle da almeno tre anni, con il conseguente, esponenziale aumento dei beni di prima necessità.
Sette malawiani su dieci vivono al di sotto della soglia di povertà di 2,15 dollari al giorno mentre circa sei su dieci in una condizione di povertà rispetto all’accesso a sanità, istruzione e standard di vita degni; nel 2024 un quinto della popolazione viveva in una condizione di acuta insicurezza alimentare.
Per Collins Mtika, giornalista e direttore del Centre for Investigative Journalism Malawi, le difficoltà economiche che attanagliano il paese fanno pensare che il responso delle urne «è più un rifiuto di quanto fatto dall’amministrazione Chakwera di quanto non sia una vittoria di Mutharika. Un segno evidente del malcontento per la peggiore crisi che attraversa il paese da decenni», aggiunge il cronista.
Durante la campagna elettorale Chakwera ha attribuito i problemi del paese alle numerose crisi che lo hanno attraversato negli ultimi cinque anni. Il Malawi ha infatti sofferto delle conseguenze della pandemia di Covid-19 e dell’invasione russa dell’Ucraina, con le sue ricadute sulle catene di approvvigionamento globale di cibo.
Il paese, come buona parte dell’Africa australe, è stato poi colpito da una severa siccità. La carenza di piogge ha provocato un calo di quasi un quarto nel raccolto di grano e costretto il governo a dichiarare lo stato di emergenza nazionale l’anno scorso.
Sul territorio malawiano nel 2023 si è poi abbattuto il ciclone Freddy, il più duraturo ciclone tropicale mai registrato nella storia. La calamità ha causato la morte di centinaia di persone e lo sfollamento di centinaia di migliaia.
Politicamente indebolito
Certo è che anche la traiettoria politica di Chakwera è stata problematica. Dopo essere salito al potere a capo di una coalizione trainata dalla volontà di contrastare la corruzione, il governo del presidente è rimasto impelagato in diversi scandali provocati proprio da tangenti e malversazioni di fondi. La stessa alleanza che ha permesso al capo dello stato di essere eletto, la Tonse Alliance, si è progressivamente disgregata.
A indebolirla sono state le tensioni fra l’MCP e il secondo partito più rilevante del gruppo, l’United Transformation Movement (UTM). Tensioni peggiorate dalla morte in un incidente aereo del vicepresidente e leader dell’UTM, Saulos Klaus Chilima, avvenuta nel giugno 2024.
L’improvvisa dipartita del vice presidente, politico popolare soprattutto fra i giovani, arrestato e tenuto in carcere per corruzione per alcuni mesi nel 2022, ha anche scatenato un’ondata di sospetti e di illazioni all’indirizzo del capo di stato.
È presto per poter delineare le prospettive con Mutharika al potere. L’ex presidente, già docente di legge in varie università internazionali, fratello dell’ex presidente Bingu wa Mutharika, in carica dal 2004 alla morte nel 2012, ha vinto affermando di voler “arrivare a sistemare il caos”.
A dire il vero anche la sua gestione del paese è stata turbolenta, segnata in modo particolare da grandi problemi di corruzione. All’ex capo di stato è stato però riconosciuta una maggiore abilità a contenere l’inflazione e un certo miglioramento delle infrastrutture durante la sua amministrazione.
Il ruolo dei giovani
Paradossalmente, vista la veneranda età del neo eletto presidente, un ruolo decisivo nella sua vittoria ce l’hanno avuto i giovani. Come evidenzia il giornalista Mtika a Nigrizia, «nel paese l’80% della popolazione è fatto di giovani e più della metà degli elettori registrati ha meno di 35 anni, un dato che mostra la loro partecipazione nonostante una forte frustrazione.
Il loro voto però – afferma il giornalista – è stato mosso più da disperazione per la situazione economica che da entusiasmo per i candidati». Mtika spiega: «La disoccupazione giovanile è molto alta e la promessa fatta da Chakwera quando è stato eletto di “creare un milione di posti di lavoro” è diventata una barzelletta a livello nazionale».
L’elezione del 2024 è stata importante anche per un’altra ragione. Per la prima volta il Malawi ha impiegato dei dispositivi digitali per verificare l’identità degli elettori e inviare i risultati, ma non per votare.
Inoltre, sempre per la prima volta una coalizione di osservatori della società civile ha dispiegato sul campo oltre 1.100 suoi esponenti per animare un sistema denominato Masoathu, i nostri occhi nella lingua locale chichewa.
In pratica, gli attivisti potevano segnalare in tempo reale irregolarità al MEC tramite sms, app o altri sistemi. «Il suo impatto è stato positivo – commenta Mtika – ha permesso di individuare otto addetti al conteggio che stavano tentando di manomettere i voti e di farli arrestare».
Nei prossimi giorni sono anche attesi i report degli osservatori internazionali, fra i quali la Comunità di sviluppo dell’Africa australe (SADC) e l’Unione Europea, la cui delegazione è stata guidata dalla europarlamentare italiana Lucia Annunziata.
Le agenzie internazionali sono ancora ricordate in Malawi per non essersi opposte al primo esito del voto alle elezioni del 2019, poi contestato dalla società civile locale e cancellato dalla giustizia locale.