L’eredità di Francesco: l'Africa nel cuore del conclave - Nigrizia
Chiesa e Missione
Oltre il "papa nero": le vere sfide per la Chiesa e le aspettative del mondo missionario
L’eredità di Francesco: l’Africa nel cuore del conclave
Sono 18 su 135 i cardinali elettori africani, con alcuni nomi papabili come Turkson, Ambongo Besungu e Bessi Dogbo. Tuttavia, un papa africano non necessariamente seguirebbe le orme progressiste di Francesco, soprattutto su temi come le aperture alle coppie dello stesso sesso, che trovano una forte opposizione tra i cattolici, tradizionalmente conservatori, del continente
25 Aprile 2025
Articolo di Elio Boscaini
Tempo di lettura 12 minuti

Anche il mondo missionario si chiede, mentre si prepara il conclave chiamato a eleggere il vescovo di Roma, successore di papa Francesco, se il prossimo papa sarà… africano.

Sono 18 i cardinali elettori (su 135) che entreranno nella cappella Sistina per l’elezione del nuovo papa. Tra i papabili originari di paesi subsahariani c’è chi fa il nome del ghaneano Peter Kodwo Appiah Turkson, 76 anni, del cardinale arcivescovo di Kinshasa (Rd Congo) Fridolin Ambongo Besungu, 65 anni, cappuccino, e del cardinale ivoriano Ignace Bessi Dogbo, 63 anni. Ma ce ne sono altri. Ecco i loro nomi:

Brislin Stephen (Sudafrica)
Furtado Arlindo Gomes (Capo Verde)
Kambanda Antoine (Rwanda)
Kutwa Jean-Pierre (Costa d’Avorio)
Lopez Romero Cristobal (Marocco)
Mulla Stephen Ameyu Martin (Sud Sudan)
Njue John (Kenya)
Nzapalainga Dieudonné (spiritano)  (Repubblica Centrafricana)
Okpaleke Peter Ebere (Nigeria)
Ouedraogo Philippe Nakellentuba (Burkina Faso)
Rugambwa Protase (Tanzania)
Sarah Robert (Guinea)
Souraphiel Berhaneyesus Demerew (lazzarista) (Etiopia)
Tsarahazana Désiré (Madagascar)
Vesco Jean-Paul (domenicano) (Algeria)

Se il solo indicatore dell’origine del prossimo papa fosse la crescita numerica della Chiesa cattolica è quasi certo che sarebbe un africano. È in Africa, infatti, che la popolazione cattolica cresce più rapidamente nel mondo, rappresentando ormai più della metà dell’aumento globale.

Le cifre più recenti del Vaticano mostrano che nel 2022, quasi il 20% dei cattolici nel mondo vivevano nel continente. Una crescita dell’0,32% per rapporto all’anno prima, la più forte di tutte le regioni. Sono ormai 250 milioni i cattolici africani e il futuro della Chiesa non ci sarà senza di loro.

L’elevazione di un cardinale africano al soglio pontificio sarebbe ampiamente interpretata come una continuazione della tradizione di Francesco in difesa dei poveri e degli oppressi, dei migranti e delle decine di migliaia di civili in fuga da guerre, miseria e calamità.

Il presidente della Rd Congo, Félix Tshisekedi, ha ricordato le parole dette da Francesco durante la sua visita nel suo grande paese tra fine gennaio e inizio febbraio 2023: «Smettete di soffocare l’Africa: non è una miniera da sfruttare né una terra da saccheggiare». Parole che rimangono impresse nella memoria collettiva della gente d’Africa.

Tuttavia, un papa africano non necessariamente sarebbe sulla “linea” di Francesco, abbracciandone le posizioni più progressiste, come, per esempio, l’approvazione caso per caso della benedizione delle coppie dello stesso sesso. Cosa che ha irritato i fedeli africani, in larga maggioranza conservatori.

Peter Kodwo Appiah Turkson

Il papabile Turkson (di lui si parla da oltre un decennio come possibile papa), di umili origini (4° di 10 figli in una città mineraria), combina una lunga esperienza pastorale in Ghana con un’esperienza pratica alla guida di diversi uffici vaticani, tra cui l’organismo ecclesiastico che promuove la giustizia sociale, i diritti umani e la pace nel mondo. Condivide anche l’interesse di Francesco per questioni come il cambiamento climatico e la disuguaglianza.

Ma… in una intervista del 2013 alla CNN, Turkson aveva collegato gli abusi del clero all’omosessualità, affermando che era improbabile che la Chiesa in Africa fosse colpita dagli scandali visti altrove, un’opinione che ha suscitato ampie critiche. Ha poi ammorbidito i toni, dichiarando alla BBC nel 2023 che era «ora di iniziare a parlare» di omosessualità, suggerendo che non fosse «completamente estranea alla società ghaneana» (che punisce l’omosessualità con pene gravi).

Quando tra un paio di settimane i cardinali si riuniranno per eleggere il nuovo papa, l’origine geografica del candidato, finirà per contare nella loro decisione? C’è chi lo pensa e per quel che riguarda l’Africa, la scelta di un africano è vista come un modo di riflettere la composizione della Chiesa mondiale.

La proporzione dei cardinali africani era meno del 10% alla elezione di Francesco. Francesco non ha dimenticato l’Africa nei suoi 10 concistori in cui ha creato i “suoi” cardinali. E 18 saranno i cardinali d’Africa che si preparano a entrare nella cappella Sistina.

Ma non voteranno necessariamente per un africano. Anche loro infatti saranno portati a scegliere un nome già noto internazionalmente e dalla voce influente. E oggi – qualcuno potrebbe dire purtroppo ‒ in Vaticano non si vedono africani occupare un posto di rilievo.

Vero che il cardinale Turkson era ritenuto uno dei papabili quando nel 2013, è stato eletto Francesco. Era un candidato serio nel 2013, così come lo era nel 2005 il cardinale nigeriano Francis Arinze quando il conclave elesse vescovo di Roma Benedetto XVI.

Gli africani si meravigliano di questa situazione, soprattutto pensando all’apertura di Francesco all’Africa. Francesco, lo possiamo serenamente affermare, conosceva ben poco dell’Africa in generale, e di quella cattolica in particolare. La sua apertura mentale lo ha comunque facilmente portato a simpatizzare con quel continente e la sua Chiesa che numericamente parlando gli appariva consistente.

E sono decine e decine i vescovi da lui nominati nei suoi 12 anni di pontificato, con un occhio particolare ai religiosi, quasi si “fidasse” più di loro per andare sul sicuro. Ma una scelta preferenziale di religiosi, lui gesuita, si è rispecchiata anche nella nomina dei cardinali, dei quali oggi 9 sono salesiani, 6 gesuiti, 4 frati cappuccini, 3 francescani minori, 2 spiritani, 2 dominicani, 2 vincenziani e 2 claretiani, ecc.

Fridolin Ambongo Besungu 

Tra i cardinali africani che potrebbero avere un ruolo importante nel futuro della Chiesa (e già oggi contano) c’è di certo il cardinal Fridolin Ambongo Besungu, il cappuccino arcivescovo di Kinshasa, capitale della Rd Congo, fedele sostenitore di Francesco che lo ha creato cardinale e nominato membro del Consiglio dei cardinali (governo ristretto di papa Francesco) dal 2020, a rimpiazzare il defunto Laurent Monsengwo Pasinya, pastore storico della Chiesa congolese, grande oppositore del regime di Mobutu Sese Seko.

Francesco in privato ne avrebbe lodato più volte l’azione “politica” e sociale nel suo paese, in particolare nel 2019 quando il cardinale Ambongo Besungu si era espresso in favore di elezioni libere e democratiche. E ora, di fronte al progredire del movimento M23 nell’est del paese, non smette di chiedere che cessino i combattimenti e si sieda al tavolo delle trattative.

Uomo forte del cattolicesimo africano, è anche presidente del Simposio delle conferenze episcopali d’Africa e Madagascar (SECAM), l’organo che unifica l’episcopato africano.  L’anno scorso però non ha temuto di opporsi al papa, firmando la dichiarazione delle Chiese d’Africa che rifiutano qualunque tipo di benedizione delle persone omosessuali e altre “aperture” di Francesco sulla comunione ai divorziati, ecc.  

Robert Sarah 

Dall’altra parte della barricata sociopolitica e “conservatore” della tradizione, ecco il cardinale guineano Robert Sarah. Nominato arcivescovo a soli 34 anni da Giovanni Paolo II, e consacrato l’8 dicembre 1979 dal cardinale Giovanni Benelli, venne chiamato a Roma e creato cardinale da papa Benedetto XVI il 20 novembre 2010.

Prefetto emerito della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti (dal 2021), altro non ha fatto che opporsi a ogni tentativo di riforma da parte di Francesco. È il capo naturale della fazione conservatrice della Curia romana. Ma il 15 giugno prossimo compirà 80 anni, e quindi sarà fuori dai… giochi.

L’Africa e un “papa nero”

È giusto ricordare che ci sono stati almeno tre papi di origini africane: l’ultimo – papa Gelasio I – è morto più di 1.500 anni fa. Sarebbe ora, per molti, di averne un altro.

Ma a noi più del fatto di un “papa nero” sembra più importante che le questioni che toccano i fedeli d’Africa siano prese seriamente in conto da chi in Vaticano ha il “potere”, perché si ha a volte l’impressione che gli africani contino poco se non nulla o che la loro fede, diciamola tutta, sia considerata un po’ più sotto la norma, se non contraffatta e quindi da non prendere troppo sul serio. Anche in Vaticano serpeggerebbe un pizzico di razzismo?

L’amore e l’attenzione di Francesco nei confronti dell’Africa è cresciuta soprattutto grazie ai suoi viaggi nel continente che gli hanno dato di toccare con mano la bellezza, la spontaneità, l’entusiasmo e la solidità della fede di comunità e popoli martoriati e impoveriti oltre ogni limite, ma pieni di speranza nel futuro, nonostante le democrature (ma il papa di Roma ne bastonava volentieri i politici) in cui sono tenuti prigionieri.

Non poteva, il cuore del papa argentino non essere toccato dall’accoglienza entusiasta di milioni di africani corsi a vederlo e accoglierlo quando veniva a visitarli a casa loro e che lo confermavano nella convinzione che il centro si vede meglio dalle “periferie” brulicanti vita. Quelle realtà non potevano non ricordargli le visite che faceva alle villas miseria della periferia della sua Buenos Aires.

La sua attenzione all’Africa si è sì espressa sì con parole che ne hanno denunciato lo sfruttamento vergognoso e la rapina delle sue ricchezze, ma anche in alcuni gesti particolarmente significativi. Ne vogliamo ricordare due in particolare.

La Porta Santa di Bangui

Il 29 novembre 2015, per la prima volta nella storia, un giubileo non veniva inaugurato a San Pietro a Roma ma a Bangui, capitale della Repubblica Centrafricana. Si celebrava il giubileo straordinario della misericordia e papa Francesco volle aprire la Porta Santa in quel luogo remoto, a molti sconosciuto.

I francesi allora ancora “padroni” del paese tentarono di impedire l’arrivo in terra centrafricana di Francesco. Ma lui minacciò addirittura di scendere in… elicottero, se con l’aereo non fosse stato possibile! Fu il momento in cui il vescovo di Roma ruppe lo schema della violenza che aveva conquistato il paese centrafricano, lasciando spazio a riconciliazione, ascolto e amore.

Quella visita a Bangui rappresentò un avvenimento unico che ha girato la pagina di un momento lunghissimo di guerra. Certo, Francesco non poteva risolvere tutti i problemi, ma la sua presenza in quei due giorni centrafricani è stato un momento molto forte in cui la gente ha creduto che si poteva scommettere sul dialogo, l’amore, la fede, la riconciliazione e l’ascolto.

E poi, Francesco l’anno dopo crea cardinale, nel concistoro del 19 novembre 2016, l’arcivescovo di Bangui, Dieudonné Nzapalainga, un missionario spiritano. «Il Papa – aveva detto l’arcivescovo nel messaggio natalizio indirizzato ai fedeli poco dopo la visita di Francesco ‒ è venuto come messaggero di pace. Se apriamo la porta del nostro cuore alla misericordia, la pace arriverà anche qui».

In ginocchio davanti alle élite del Sud Sudan

L’altro gesto che rimarrà nella memoria dei protagonisti e del popolo sudsudanese è stato quello compiuto al termine di un ritiro in Vaticano, il 10 e 11 aprile 2019, predicato dal gesuita nigeriano padre Agbonkhianmeghe Orobator, e a cui Francesco, fattosi mediatore, aveva invitato i leader sudsudanesi.

Alla sorpresa generale, si vide il papa inginocchiarsi, faticosamente, a baciare i piedi dei tre leader sudsudanesi convenuti: il presidente Salva Kiir e i vicepresidenti Riek Machar e Rebecca Nyandeng De Mabior, principali antagonisti di una sanguinosa guerra civile: «A voi che avete firmato un accordo di pace, chiedo come fratello, restate nella pace», ebbe a dire loro Francesco.

Sappiamo che le cose non sono andate proprio come sognato. Ma anche là, quando finalmente, dopo rinvii, Francesco arrivò a Juba in visita ufficiale il 3-5 febbraio 2023, pochi mesi dopo nominava cardinale, tra i 21 del concistoro del 30 settembre, l’arcivescovo, mons. Stephen Ameyu Martin Mulla, che lo aveva accolto a febbraio. Qualcuno ha visto in quella nomina un modo per “prolungare quella visita di papa Francesco in Sud Sudan”.

La missione nel cuore

Papa Francesco ha anche “scoperto” il lavoro di evangelizzazione compiuto da migliaia di missionari, donne e uomini, che a partire dai primi decenni del XIX secolo avevano con coraggio e determinazione avviato l’evangelizzazione del continente africano a sud del Sahara. L’ora dell’Africa era suonata.

Scopriva che praticamente decine e decine di istituti e congregazioni erano presenti nel continente, lanciati alla sua “conquista” a Cristo. Ne era felice. E non ha mancato di lodare i missionari che lavorano in Africa per la loro capacità di «inculturare il vangelo» senza imporre modelli occidentali. Quanto delle sue energie Francesco ha spreso per insegnarci che l’Occidente non è l’ombelico del mondo! Questo approccio rifletteva la sua visione di un cattolicesimo come «armonia delle differenze».

L’eredità di Daniele Comboni

Senza nulla togliere al merito di tutti gli altri, ci fa piacere qui sottolineare la sua scoperta e preferenza nei confronti delle comboniane e dei comboniani. Era felice ogni volta che l’occasione si presentava di incontrarli.

Durante l’udienza generale del mercoledì, il 20 settembre 2023, papa Francesco si era soffermato sulla vita e l’eredità di san Daniele Comboni, il grande missionario dell’800 innamorato degli africani, la cui passione per l’evangelizzazione dell’Africa ha lasciato un segno indelebile.

«Comboni fu un appassionato apostolo pieno di zelo per l’Africa – ebbe a dire papa Bergoglio -. Instancabilmente predicava che anche per gli africani Cristo era morto». Comboni aveva fondato due istituti religiosi dedicati al lavoro missionario in Africa. Trascorse anni come missionario in Sudan e Africa centrale, dove fu testimone diretto degli orrori della schiavitù e dell’oppressione.

Il papa sottolineò la comprensione di Comboni dell’evangelizzazione come liberazione degli africani dalla più profonda schiavitù, quella del peccato, non solo da quella sociale. E disse che a differenza di altri missionari che abbandonarono l’Africa dopo essersi ammalati, Comboni vi fece ritorno e promosse clero e leader locali, volendo che gli stessi africani fossero protagonisti. “Salvare l’Africa con l’Africa” era il suo motto.

Sostenne lo sviluppo umano integrale attraverso l’istruzione, la formazione in agricoltura e artigianato, e la promozione delle famiglie e delle donne africane. Secondo Francesco, la passione di Comboni scaturiva dalla «gioia del Vangelo» e dall’«amore di Cristo», non da sole motivazioni umane.

Il Papa ha elogiato gli sforzi instancabili di Comboni per ricordare alla Chiesa di non dimenticare i popoli africani. «Comboni incarnò l’amore del Buon Pastore nel combattere l’indifferenza e l’esclusione», ha detto Papa Francesco. «Il suo sogno era di una Chiesa che facesse causa comune con i popoli crocifissi della storia». Il Papa ha incoraggiato i discepoli missionari di oggi a emulare lo zelo di Comboni, l’amore per i poveri e la passione per una Chiesa africana autoctona e autosufficiente.

Il suo apprezzamento per il lavoro dei comboniani, papa Francesco lo ha espresso anche nella scelta di diversi confratelli africani chiamati a dirigere Chiese locali.

Ora non ci rimane che attendere la scelta dei cardinali, che noi crediamo ispirata dallo Spirito che ama la sua Chiesa. Che il cristiano che sarà scelto per essere vescovo di Roma prenda sul serio il vangelo come sua regola di vita, così come ha fatto Francesco. Così, credenti e non, faremo tutti un passo in avanti per vivere felici in un mondo di pace.

Copyright © Nigrizia - Per la riproduzione integrale o parziale di questo articolo contattare previamente la redazione: redazione@nigrizia.it