«Recentemente in alcune località i nostri padri stanno discutendo di colpo di stato in Etiopia, ma fallirà. Siamo soldati e abbiamo costruito le istituzioni in modo da garantire che il golpe non abbia successo», ha dichiarato lo scorso 4 luglio fa Abiy Ahmed, secondo quanto riportato da Borkena, l’agenzia con sede a Toronto, in Canada, che informa gli etiopici all’estero.
Rispondendo alle domande poste dai parlamentari presenti alla 36ª sessione ordinaria della Camera dei rappresentanti, il primo ministro ha affermato, per la seconda volta in meno di un anno, che nel paese è in corso un tentativo di organizzare un golpe contro il suo governo.
E ha aggiunto, senza farne il nome, che dietro il complotto ci sarebbe un paese coinvolto nel finanziamento. Abiy ha quindi definito chi tenterebbe di rovesciare il suo governo «i miei padri e i miei fratelli maggiori», di nuovo senza nominarli specificamente.
Sospettati
In un primo momento qualcuno aveva prospettato che il paese dietro al possibile golpe fosse l’Eritrea visto il progressivo deterioramento delle relazioni tra i due stati. In seguito Borkena ha ventilato l’ipotesi che Abiy si riferisse invece agli Stati Uniti.
Negli USA si è trasferito da tempo Tsadkan Gebretensae, sospettato di essere tra i complottisti, ex combattente del Fronte popolare di liberazione del Tigray (TPLF), comandante e successivamente capo di stato maggiore della difesa etiopica dopo l’ascesa al potere di Meles Zenawi e del TPLF.
Tsadkan, tra l’altro, è stato uno dei negoziatori chiave del TPLF durante i colloqui di Pretoria con il governo guidato da Abiy Ahmed che hanno portato all’accordo sulla cessazione delle ostilità firmato nel novembre 2022, dopo due anni di guerra civile.
Oltre a Tsadkan Gebretensae, qualcuno ha menzionato anche Gendu Andargachew, già consigliere di Abiy Ahmed nell’ufficio per la sicurezza nazionale. I due si dice avessero incontrato qualche tempo fa alcuni funzionari governativi statunitensi negli USA.
Secondo il canale informativo in amarico Ethio News, Abiy Ahmed sarebbe stato allertato del presunto tentativo di colpo di stato da membri di una fazione del TPLF nota come gruppo Adwa.
Secondo costoro Tsadkan Gebretensae, che non ha ancora commentato l’accusa del suo presunto coinvolgimento nel progettato golpe, avrebbe avuto contatti in Etiopia con politici e membri dell’esercito riguardo al complotto, per cui il gruppo Adwa avrebbe consigliato al governo di proibirgli di tornare nel paese.
Da sottolineare che l’inviato speciale degli Stati Uniti nel Corno d’Africa, Mike Hammer, si trova attualmente in Etiopia per una visita “di lavoro” e dovrebbe incontrare i funzionari governativi.
Denuncia di sequestri di persona
In un altro sviluppo, l’ambasciatore USA in Etiopia, Ervin Massinga, ha denunciato l’alto numero di sequestri e rapimenti di persone moltiplicatisi di recente negli stati-regione di Oromia e Amhara, causati apparentemente dal prolungato conflitto che sta affliggendo l’area.
«Il perdurante conflitto incoraggia i criminali e indebolisce lo stato di diritto», ha detto l’ambasciatore, aggiungendo che «i rapimenti di civili e studenti a scopo di lucro devono cessare. La settimana scorsa, oltre 100 studenti e passeggeri sono stati rapiti a scopo di riscatto».
Secondo la diretta testimonianza di studenti sfuggiti al sequestro, questo è avvenuto presso Gohatsion, nello stato regionale dell’Oromia, ad opera di ribelli “Shene”, come vengono definiti gli appartenenti all’Esercito di Liberazione Oromo (OLA).
Da segnalare, nello stesso quadro, che la settimana scorsa alcune attiviste sono scese in strada a Macallè, capoluogo dello stato regionale del Tigray, dopo aver saputo che una ragazza di sedici anni rapita ad Adwa era stata uccisa e sepolta dai suoi rapitori.
Politici e attivisti, compresi leader di etnia oromo come Jawar Mohammed, sono convinti che il rapimento a scopo di riscatto sia posto in atto sia da parte di ribelli che di elementi delle forze governative.