Etiopia: sfratti forzati oscurano la "trasformazione" urbana - Nigrizia
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Amnesty chiede di fermare il mega-piano di sviluppo urbanistico: "Sgomberi forzati senza precedenti” e violazioni dei diritti delle fasce più deboli
Etiopia: sfratti forzati oscurano la “trasformazione” urbana
16 Aprile 2025
Articolo di Redazione
Tempo di lettura 3 minuti
Vista su Addis Abeba (Credit: Arne Hoel/World Bank/Flickr/CC BY-NC-ND 2.0)

Aumento demografico, carenza abitativa, traffico congestionato e servizi pubblici inadeguati: queste le motivazioni addotte dal governo etiope per giustificare il Progetto di sviluppo di corridoi urbani. Approvato dal Consiglio Esecutivo di Addis Abeba nel febbraio 2024, il Corridor Development Project (CDP) è stato presentato come un’iniziativa di “trasformazione urbana” volta a “migliorare infrastrutture, alloggi e spazi pubblici” sia nella capitale che in altre città del paese.

La denuncia di Amnesty

Mentre il progetto avanza rapidamente nella capitale, un recente rapporto di Amnesty International, pubblicato il 14 aprile, getta un’ombra sulle sue conseguenze sociali. L’indagine dell’organizzazione per i diritti umani rivela che almeno 872 persone sono state sgomberate con la forza dalle sub-città di Bole e Lemi Kura a partire dal novembre 2024, tra cui 254 proprietari di case e 618 inquilini.

Il report evidenzia inoltre che tra gli sfollati figurano 114 bambini e numerosi anziani, i quali, secondo le testimonianze raccolte, non hanno ricevuto alcun indennizzo, preavviso adeguato o consultazione preventiva.

Sulla base di queste evidenze, Amnesty conclude che gli sgomberi ad Addis Abeba e in altre città configurano sgomberi forzati, definiti come l’allontanamento di persone dalle proprie abitazioni contro la loro volontà e senza adeguate tutele legali.

L’organizzazione ha quindi lanciato un appello al governo di Abiy Ahmed affinché “sospenda immediatamente” il CDP, denunciando quelli che definisce “sgomberi forzati diffusi” eseguiti senza la necessaria consultazione, indennizzo o garanzie legali.

Per il governo interventi necessari

In risposta alle critiche, Chaltu Sani, ministro delle Infrastrutture e delle Aree Urbane, ha presentato un rapporto sui risultati dei primi nove mesi del suo mandato. In tale rapporto, il ministro ha affermato che il CDP è stato esteso a 63 città e sta “trasformando quartieri degradati e baraccopoli” in spazi moderni e vivibili, dotati di “strade veicolari, percorsi pedonali, piste ciclabili, elettricità e altre infrastrutture di servizio”.

Tuttavia, il rapporto di Amnesty contrasta nettamente questa narrazione, definendo la “portata degli sfratti forzati… senza precedenti in Etiopia” e sottolineando come “milioni di residenti nelle città in cui è attualmente in fase di attuazione il CDP vivono ora nella paura, incerti sul rischio di essere a loro volta cacciati via”.

Progresso per chi?

Già lo scorso anno, Addis Standard, un organo di informazione indipendente, in un editoriale aveva espresso dubbi sull’efficacia del CDP.

Il giornale sottolineava che “con quasi il 60% degli etiopi che vive in condizioni di estrema povertà e un deficit di finanziamento di 1 miliardo di dollari che ostacola gli sforzi di risposta alle emergenze”, investire risorse per soddisfare le necessità basilari di milioni di etiopi in tutto il paese avrebbe potuto rappresentare una strategia più efficace rispetto agli investimenti in progetti di ristrutturazione e abbellimento urbano.

Come peraltro sta avvenendo, sempre nella capitale, per il Progetto Chaka, un lussuoso complesso edilizio sviluppato su oltre 500 ettari sulle colline di Yeka, fortemente voluto da Abiy Ahmed.

Il fatto che la nascita di una nuova, moderna capitale fosse a spese della popolazione più vulnerabile, era stato evidenziato anche da una ricerca di Getaneh Haile, professoressa associata presso il dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Acadia, la cui sintesi era stata pubblicata nel settembre 2024 da The Conversation.

Amnesty International solleva anche preoccupazioni riguardo alla libertà di stampa, riportando che diversi giornalisti che hanno tentato di documentare le violazioni legate al progetto CDP hanno subito molestie e minacce.

Infine, funzionari dell’organizzazione per i diritti umani hanno dichiarato di aver condiviso le loro conclusioni preliminari con le autorità etiopiche all’inizio di aprile, ma di non aver ricevuto alcuna risposta.

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