
Sabato 12 aprile, i gabonesi si recano alle urne per il primo turno delle presidenziali. Più di 846mila, secondo le cifre delle ultime elezioni generali del 2023, gli elettori chiamati a scegliere il nuovo presidente, il primo del “dopo Bongo”. Per la prima volta dal 1967, infatti, un’elezione presidenziale in Gabon si tiene senza la dinastia Bongo.
Dopo che questa era stata cacciata dal potere in seguito al colpo di stato il 30 agosto 2023, contro il presidente Ali Bongo Ondimba, orchestrato dal generale Brice Clotaire Oligui Nguema, allora capo della guardia repubblicana, gli occhi di molti si erano rivolti con simpatia al paese dell’Africa centrale i cui nuovi dirigenti promettevano in tempi brevi un’alternanza politica reale (diversamente da altri golpisti, vedi Mali, Niger, Burkina, Guinea).
Nel suo giuramento come presidente della transizione, Oligui Nguema aveva promesso di restituire il potere ai civili, che non si sarebbe candidato alla presidenza nelle prossime elezioni e che avrebbe installato istituzioni realmente democratiche.
Ma dopo l’entrata in vigore della nuova Costituzione prima, e poi del nuovo codice elettorale, nel gennaio scorso, Oligui Nguema, il 3 marzo aveva annunciato la sua candidatura nel corso di un grande comizio, a Libreville, la capitale, dicendo che aveva inteso l’appello della gente che lo voleva candidato: «Dopo matura riflessione e in risposta ai vostri numerosi appelli – aveva detto ai suoi sostenitori ‒ ho deciso di candidarmi. E per quel che mi riguarda, sono pronto! Pronto a presiedere al destino del nostro paese!».
Svestito il kaki per abiti civili, Oligui Nguema può contare sul sostegno del Rassemblement dei costruttori, una “macchina da guerra” che riunisce personalità di origini diverse, associazioni, ong e anche sindacati.
Ha inoltre il sostegno dell’Unione Nazionale, uno dei partiti di opposizione più importanti, oggi presieduto da Jeannine Taty Koumba, e di cui fa parte anche Paulette Missambo, l’attuale presidente del senato nominata dalle autorità della transizione.
Il 29 marzo, durante il comizio di avvio della campagna elettorale, il candidato presidente ha difeso il bilancio della transizione e promesso un progetto di società che ha definito «nuovo, inclusivo e durevole, per la nostra crescita verso la felicità» che «si propone di cambiare il nostro paese in profondità, facendo tesoro dei recenti successi della transizione».
La campagna elettorale è stata completamente diversa dalle precedenti. Contrariamente a quelle – intense e virulente – del 2009, 2016 e 2023 in cui l’opposizione si presentava unita con lo scopo di cacciare dal potere, tramite le urne, Ali Bongo, questa volta il capo della transizione candidato, Brice Clotaire Oligui Nguema, è riuscito a federare dietro di sé la quasi totalità del sistema politico gabonese.
Sono 8 i candidati alla presidenza (dei 23 che avevano deposto un dossier di candidatura). Ma durante la campagna elettorale si è praticamente vista una sola persona, Oligui Nguema, così come è risuonato un solo slogan: “finalmente ecco la nostra crescita verso la felicità”.
C’è da attendersi dunque a un plebiscito in favore di un solo uomo, il presidente della transizione? Certo, lui beneficia dell’aura di eroe che riveste dai giorni del colpo di stato che “liberò” il paese dalla dittatura Bongo. E poi, a sua disposizione ha avuto tutti i mezzi che ha chi detiene il potere. Gli altri candidati hanno dovuto accontentarsi dei social.
Queste elezioni rappresentano certamente l’inizio di un capitolo che dovrebbe essere nuovo nella storia politica del Gabon ‒ paese dell’Africa centro-occidentale la cui popolazione è stimata intorno ai 2,3 milioni di persone ‒ ricco in risorse naturali ma preda di profonde ineguaglianze sociali.
Il PIL pro capite è intorno agli 8mila dollari (cifre del 2023), quindi tra i paesi subsahariani più “ricchi”. Ma secondo la Banca Mondiale, circa un terzo della popolazione vive nella povertà. La situazione è ancora più grave nelle zone rurali dove la povertà è tre volte maggiore di quella dei poveri delle città. È lì che a Oligui Nguema potrebbe manifestarsi un’opposizione importante.
La riduzione della disoccupazione, giovanile in particolare, la lotta contro la corruzione, il miglioramento delle infrastrutture e la diversificazione dell’economia ‒ così da ridurre la dipendenza del paese dal petrolio – sono le maggiori preoccupazioni del popolo gabonese.
Chi sarà eletto dovrà quindi darsi molto da fare per pacificare il paese, la classe politica che si sente defraudata da chi ha operato il colpo di stato, non deludere le speranze legate a infrastrutture da realizzare: scuole, strade, ospedali…
Se vuole realizzare le promesse, non potrà non rafforzare le risorse del paese, nazionalizzando, se necessario, legname e petrolio in primis, oggi sfruttati da agenzie straniere. L’agricoltura, molto negletta dai precedenti governi, dovrebbe essere comunque tra le priorità assolute, se si vuol dare sostenibilità al paese.
Al vincitore il nostro augurio per il benessere del popolo gabonese, nella libertà.
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