
Una nuova ombra si allunga sul mondo del commercio globale di materie prime cruciali. Una dettagliata inchiesta condotta da Global Witness e pubblicata lo scorso aprile indica che Traxys, colosso lussemburghese nel settore, avrebbe acquistato coltan contrabbandato dalle zone di conflitto nell’est della Repubblica democratica del Congo, attraverso il Rwanda. Una rivelazione che mette in discussione l’integrità della catena di approvvigionamento di un minerale indispensabile per la nostra tecnologia.
I documenti doganali esaminati da Global Witness mostrano che nel 2024 Traxys ha acquisito 280 tonnellate di coltan dall’esportatore di minerali rwandese African Panther Resources Limited. L’analisi dei flussi commerciali, unita alle testimonianze raccolte da due individui coinvolti nel traffico di coltan, suggerisce che una porzione significativa di questo minerale sia intrinsecamente legata alle violenze che imperversano nelle regioni congolesi del Nord e Sud Kivu, alimentate in larga parte dal gruppo armato M23, sostenuto militarmente da Kigali.
Il coltan è un elemento chiave per la fabbricazione di dispositivi elettronici come smartphone e computer, e per componenti per veicoli elettrici, pilastri della transizione energetica. Questa centralità tecnologica rende la provenienza del coltan una questione di portata globale, con risvolti etici profondi.
L’M23 e il denaro sporco del coltan
L’escalation del conflitto nel Kivu ha raggiunto picchi allarmanti e generato una delle più grandi crisi umanitarie al mondo. Nel febbraio 2024, l’M23 ha conquistato Bukavu, capoluogo del Sud Kivu, appena settimane dopo aver preso Goma, la città più grande dell’est congolese, capoluogo del Nord Kivu.
Il gruppo armato ha ottenuto anche il controllo dei principali siti di estrazione mineraria della regione, tra cui la miniera di Rubaya, nel territorio di Masisi, da cui proviene circa il 15% del commercio mondiale di tantalio, uno degli elementi che compone il coltan.
Ed è grazie al commercio illecito del minerale attraverso il vicino Rwanda, che la milizia garantirebbe il proprio sostentamento. Secondo gli esperti delle Nazioni Unite, il commercio di coltan frutterebbe al M23 un fatturato stimato di almeno 300mila dollari al mese.
Sia Traxys che African Panther peraltro, fa sapere il think thank internazionale, respingono fermamente ogni collegamento tra il coltan esportato dal Rwanda e le miniere di Rubaya.
Accordi UE-Rwanda
Questa drammatica situazione si scontra apertamente con le intese strategiche tra l’Unione Europea e il Rwanda.
Alla fine del 2023, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, aveva discusso l’approvvigionamento di materie prime critiche con il presidente rwandese Paul Kagame. Il dialogo aveva condotto alla firma di una partnership strategica nel febbraio 2024, con l’obiettivo dichiarato di facilitare l’accesso dell’UE a minerali rwandesi, incluso il coltan, classificato dall’UE come “critico”.
L’indagine di Global Witness, tuttavia, suggerisce che l’UE non abbia predisposto barriere efficaci per impedire che i minerali provenienti da zone di conflitto varchino i suoi confini. Anche il Parlamento europeo, già lo scorso febbraio aveva stigmatizzato l’inefficacia delle misure adottate per fronteggiare la crisi nell’est della Rd Congo e chiesto lo stop al sostegno economico e militare al Rwanda.
L’ONG fa notare che lo scorso 17 marzo la Commissione europea ha imposto sanzioni a figure chiave del M23, a ufficiali dell’esercito rwandese e a una società implicata in violazioni dei diritti umani nella Rd Congo. Ma anche che, “sorprendentemente, si è appreso che il Lussemburgo, sede di Traxys, in passato avrebbe opposto resistenza a queste sanzioni”.
“Contaminazione” della filiera globale
Alex Kopp di Global Witness, non usa mezzi termini: “La nostra indagine indica con forza che il coltan ‘insanguinato’ della Rd Congo, contrabbandato in Rwanda, è giunto in Europa. L’UE sembra incapace di attuare controlli efficaci e dovrebbe annullare immediatamente la sua partnership sulle materie prime con il Rwanda”.
Kopp ha poi sottolineato l’influenza che l’UE e i suoi stati membri, in quanto principali donatori, esercitano su Kigali, esortandoli a sospendere gli aiuti allo sviluppo – incluso il programma di investimenti da 900 milioni di euro nell’ambito del Global Gateway – fino a quando il Rwanda non ritirerà le sue truppe dall’est della Rd Congo e cesserà ogni sostegno al M23.
Nel loro ultimo rapporto semestrale, presentato lo scorso gennaio, gli esperti delle Nazioni Unite stimano che tra maggio e ottobre 2024, almeno 120 tonnellate di coltan al mese siano state contrabbandate da Rubaya al Rwanda, un flusso che costituisce la “più vasta contaminazione delle catene di approvvigionamento minerale” nella regione africana dei Grandi Laghi nell’ultimo decennio.
I dati ufficiali rwandesi supportano la denuncia dell’ONU, mostrando un raddoppio delle esportazioni di coltan, da circa 1.000 tonnellate nel 2021 a 2.000 nel 2023, con un’ulteriore impennata nel primo trimestre del 2024, che ha superato le 630 tonnellate.
Le Nazioni Unite e le organizzazioni non governative hanno ripetutamente evidenziato come le cifre di esportazione di minerali del Rwanda siano di gran lunga superiori all’effettiva produzione interna del paese, una discrepanza evidente già nel 2023, quando il piccolo paese dei Grandi Laghi figurava addirittura come il primo esportatore di coltan a livello mondiale.
I traders negano le accuse
Di fronte all’inchiesta, Traxys ha negato che il suo coltan provenisse da Rubaya, dichiarando il proprio “fermo impegno a collaborare solo con catene di approvvigionamento responsabili in aree ad alto rischio o interessate da conflitti”.
Global Witness, tuttavia, ha sollevato dubbi sulle credenziali di alcune delle aziende nominate da Traxys come fornitori di African Panther, citando precedenti controversi nell’approvvigionamento di minerali nella regione. Alcune sarebbero state infatti segnalate in passato per aver venduto minerali con false indicazioni di origine o per aver acquistato minerali da zone di conflitto.
Da parte sua African Panther ha negato la presenza di coltan di contrabbando da Rubaya nella sua filiera, ma, fa sapere Global Witness, “non ha rivelato i nomi dei propri fornitori, né ha risposto alle richieste di chiarimenti sulle miniere di provenienza del coltan”.
Entrambe le aziende hanno affermato di verificare l’origine del coltan tramite l’analisi del rapporto tra tantalio e niobio, sostenendo che il ‘coltan bianco’ di Rubaya presenta una maggiore concentrazione di tantalio e una minore di niobio rispetto al ‘coltan nero’ rwandese.
Global Witness, però, controbatte che, secondo studi accademici, i gradi di tantalio variano notevolmente nelle miniere artigianali di coltan in Rwanda. L’ONG precisa inoltre che “due geologi esperti della regione hanno confermato che lo stesso vale per il niobio, aggiungendo che, una volta arrivato in Rwanda, il ‘coltan bianco’ della Rd Congo viene regolarmente scurito o mescolato con il ‘coltan nero’ rwandese per celarne la vera provenienza”.
Traxys ha anche affermato che tutte le consegne di coltan da African Panther sono “etichettate da fornitori di tracciabilità riconosciuti dal settore”. Eppure, fa notare ancora Global Witness, un suo rapporto del 2022 aveva già evidenziato che il sistema di tracciabilità dominante in Rwanda, ITSCI (di cui sia Traxys che African Panther sono membri), sembra essere stato ampiamente utilizzato per il riciclaggio di minerali di contrabbando.