
Questo articolo è uscito sulla rivista Nigrizia di marzo 2023
È curioso vedere come in questi giorni, molti personaggi pubblico-mediatici, politici, ma non solo, donne, ma non solo, di destra, ma non solo, sottolineino positivamente e si felicitino del fatto che, per la prima volta in Italia sia stata nominata una premier donna. Che Giorgia Meloni sia donna sembra prevalere sulla sua ideologia politica.
Da un lato, questo atteggiamento sottende una sorta di discriminazione positiva basata sul genere, come se esistesse un “pensiero femminile” condiviso da tutte le donne. Difficile pensare che la premier, Nilde Iotti, Tina Anselmi, Liliana Segre e molte altre possano essere accomunate da un idem sentire per il fatto di essere donne. Supporre che esista un pensiero di genere, si configura in modo simile alle concezioni razziali.
Da un altro lato, allargando lo sguardo, questo atteggiamento rivela un progressivo prevalere del presunto “naturale” sul culturale. Essere donna o uomo non è una scelta. Pur aderendo all’idea, sempre più diffusa, della fluidità di genere, rimane il fatto che qualunque genere si voglia adottare – compreso il non-genere – questo non presuppone un pensiero comune e condiviso.
Ipotizzare che esista un pensiero, per quanto fluido, legato a un genere, anche temporaneo, significa “naturalizzare” quel genere, attribuendogli la capacità di condizionare il pensiero, nello stesso modo in cui si pensa che una presunta “razza” possa determinare una cultura.
Questo ritorno al “naturale” è peraltro già apparso evidente in molte istanze localistiche, oggi sovraniste, in cui si fa appello alle “radici”, riducendo l’individuo a metafora arborea, condannata dalla natura del terreno in cui è nato a essere quello che è. I ripetuti richiami alla patria, ai patrioti e al patriottismo cosa sono se non un’ulteriore espressione del pensiero che lega l’individuo, nei suoi affetti e nei suoi doveri, a un suolo: quello in cui è nato, non quello che ha scelto.
Questo ne connota i sentimenti, le aspirazioni, ne condiziona i diritti. In una tale concezione, basata sull’autoctonia (un dato non certo legato alla cultura, ma alla casualità) i diritti vengono concessi o meno in base al grado di “indigenità”. Lo slogan “prima gli italiani” ne è una conferma.
Liliana Segre
Senatrice italiana, antifascista, superstite dell’Olocausto e testimone attiva della Shoah. All’età di tredici anni fu arrestata e deportata al campo di concentramento di Auschwitz