L’inventario dei sogni - Nigrizia
Libri
Chimamanda Ngozi Adichie
L’inventario dei sogni
Einaudi, 2025, pp. 512. € 22,00
02 Luglio 2025
Articolo di Arianna Baldi
Tempo di lettura 3 minuti

Non è semplice tornare dal proprio pubblico dopo 12 anni di attesa. Benché nel frattempo non sia rimasta certo in silenzio, esplorando forme più brevi o saggistiche, Chimamanda Ngozi Adichie ha lasciato i lettori digiuni dai suoi romanzi per un intervallo atipico nella contemporaneità. Il suo ritorno alla narrativa, che rompe il blocco dello scrittore che l’ha colpita dopo la nascita della figlia, è nato da un’urgenza personale: affrontare il dolore per la perdita della madre, scomparsa pochi anni fa, a pochi mesi di distanza dal padre.

Un lutto che ha segnato un punto di svolta nella sua vita e nella sua produzione letteraria. L’attesa che ha accompagnato l’uscita de L’inventario dei sogni è tanto più singolare se si considera che la scrittura di Adichie non ammicca affatto agli stereotipi occidentali sulle persone nere, tutt’altro. Le sue protagoniste, rigorosamente nigeriane e spesso espatriate, sono ricche, belle, di successo. Il ritorno alla fiction raccoglie e rilancia gli elementi distintivi della sua produzione, dentro e fuori il romanzo.

Il pericolo della “storia unica”, per citare un suo celebre TED Talk del 2009, è arginato dalla coralità di voci che attraversano le oltre 500 pagine del libro. Si alternano le vite di quattro donne e la loro corsa verso il compimento dei propri sogni, tra amori deludenti, migrazione, violenza e difficili consuetudini sociali. Questa volta, però, non è solo la storia di molte Afriche, ma anche di molte Americhe, con esperienze migratorie diverse e sguardi differenti sull’emancipazione femminile.

«Dovremmo essere tutti femministi», disse Adichie nel 2014, e infatti questo libro lo è, per l’ostinato cammino verso l’autodeterminazione che compiono tutte e quattro le protagoniste. Eppure, quello di Adichie è un femminismo che può risultare ostico a uno sguardo occidentale. Una femminista europea potrebbe faticare a ritrovarsi in un personaggio come Chiamaka, oscillante tra dipendenza affettiva a tratti morbosa e la ricerca, ora sognante, ora annoiata, di un marito per accontentare il lato igbo più tradizionalista della famiglia.

Ma la pluralità dell’umano, così come quella dei femminismi, è sorprendente, e Adichie lo sa bene. Dietro alle ingenuità e alle idiosincrasie delle sue protagoniste, c’è il tocco preciso e profondo dell’autrice, che con pazienza ed empatia smaschera i meccanismi messi in atto dai personaggi. È il caso di Kadiatou, donna pia cresciuta in un villaggio della Guinea, figlia di un minatore, che forse mai si definirebbe “femminista” nella vita, e che pure incarna con forza il senso più autentico del termine all’interno del romanzo.

La presenza della Nigeria, invece, si fa più sfumata. Se in Americanah i due mondi trovavano equilibrio, ne L’inventario dei sogni la componente nigeriana si alleggerisce, lasciando spazio a un altro tipo di indagine, inedita per Adichie: quella sul peso della classe sociale nell’esperienza migratoria e nella parità di genere.

Adichie torna con un romanzo che conferma la sua capacità di esplorare le stanze più caotiche e disordinate della mente umana. Forse non è il suo romanzo migliore, e all’inizio si avverte una lieve fatica nel rimettersi in moto, ma resta una prova d’autore potente e stratificata. Un ritorno che non delude e che, pagina dopo pagina, si consolida con grazia e determinazione.

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