Viviamo un’epoca in cui in Occidente sembra crescere un nuovo afropessimismo, se si considerano vari fattori: aumento dei conflitti, massicci flussi migratori interni ed esterni al continente, ripetuti colpi di stato militari, crisi finanziarie legate all’insolvenza del debito, crisi climatica.
Scivolano in secondo piano allora le prospettive di speranza che pure sono riscontrabili: la potenzialità delle nuove generazioni, le competizioni elettorali sempre più spesso pacifiche, il prolifico e vibrante scenario culturale… e la forte sensibilità religiosa ed ecclesiale espressa nell’accoglienza e nella solidarietà.
L’Africa appare di nuovo divisa nella percezione: continente del futuro o fallimento. Sta qui l’importanza dell’opera di Paolo Borruso, che offre una narrazione storica obiettiva delle relazioni Italia-Africa e delle attività di associazioni, Chiese, mondo missionario, volontariato e istituzioni pubbliche e private.
Il periodo storico preso in esame parte dal secondo dopoguerra e si concentra sulla fase post-coloniale. In campo cattolico, le aperture del concilio Vaticano II, a cui partecipò per la prima volta una visibile rappresentanza africana, hanno ampliato le relazioni e l’attenzione reciproca tra Italia e Africa.
Come ben descritto, tuttavia, il grande slancio “terzomondista” e di attenzione al continente si esaurisce con la fine del mondo bipolare nel 1990 e il dissolversi dei tradizionali assetti politici a livello globale. A cui si somma in contemporanea l’esplosione del fenomeno migratorio.