Italiani in Tunisia, (almeno) cinque secoli di storia - Nigrizia
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La scomparsa di Claudia Cardinale riaccende la memoria delle comunità italiane nel paese
Italiani in Tunisia, (almeno) cinque secoli di storia
Oggi è per lo più meta di pensionati, attratti dal clima mite, da un sistema fiscale e un costo della vita vantaggiosi, ma, escludendo l’impero romano, il primo insediamento di italiani nel paese nordafricano di cui si ha testimonianza scritta comincia con la famiglia genovese Lomellini, secoli prima che l’Italia stessa nascesse
29 Settembre 2025
Articolo di Nadia Addezio
Tempo di lettura 5 minuti

Il 23 settembre è venuta a mancare l’attrice Claudia Cardinale, all’anagrafe Claude Joséphine Rose Cardinale. Compianta e ricordata con affetto tanto dalla Tunisia quanto dall’Italia, la sua scomparsa ha riportato alla memoria la storia della comunità di italiani nel paese nordafricano. Una storia lunga, poco conosciuta, e che ancora oggi persiste.

Le origini delle comunità italiane in Tunisia

L’insediamento degli italiani comincia secoli prima che l’Italia stessa nascesse. Una presenza che si fa strada sempre di più con le attività commerciali che i liguri intrattenevano prima con i regni almohade e hafside, poi con il beylicato ottomano di Tunisi.

Si potrebbe dire, tuttavia, che una data di riferimento sia il 1542, quando l’allora isola di Tabarka, nel nord-ovest del paese, fu data in concessione dal sultano hafside Muley Ahmad, vassallo della Spagna di Carlo V d’Asburgo, alla famiglia genovese Lomellini.

Questi si portò al seguito gruppi di abitanti del quartiere genovese Pegli per pescare e commerciare il corallo rosso, specie marina dal valore inestimabile di cui Tabarka era ricchissima.

Dopo due secoli di estrazione e conseguente riduzione degli stock, la famiglia Lomellini cominciò ad accumulare debiti e una contrazione degli affari. Decise così di entrare in trattativa con la francese Compagnie royale d’Afrique, intanto impegnata nel commercio del corallo a La Calle (attuale El Kala, nell’est dell’Algeria, a solo 36 km da Tabarka). L’obiettivo sarebbe stato cedere la concessione dell’isola. Ma, sul punto di finalizzare segretamente l’accordo, nel 1741 il bey di Tunisi Abu l-Hasan Ali I reagì inviando le sue truppe per occupare l’isola.

Fu allora che circa 800 tabarchini (genovesi) furono ridotti in schiavitù. Alcuni furono trasferiti a Tunisi, altri ad Algeri. Altri ancora furono riscattati dal re Carlo III di Spagna e trasferiti nell’Isla Plana, che prese poi il nome di Nueva Tabarca.

Altri tabarchini furono riscattati da Carlo Emanuele III di Savoia, re di Sardegna: il sovrano stava tentando di popolare zone disabitate della Sardegna e proprio qualche anno prima della caduta di Tabarka aveva accolto la richiesta di alcuni tabarchini di insediarsi a Carloforte e Calasetta. In questi due comuni dell’isola di San Pietro ancora oggi si parla il “tabarchino”, un dialetto ligure.

L’arrivo dei “livornesi”

Con la “caduta di Tabarka”, la presenza italiana in Tunisia non si arresta. Al contrario, a Tunisi, La Goulette, Bizerte continuavano a risiedere comunità di mercanti liguri. Vi era, inoltre, la comunità detta dei “livornesi”: si trattava di ebrei sefarditi che, fuggiti dalle violenze spagnole del 1391 ed espulsi con il Decreto di Alhambra del 1492 dalla penisola iberica, ripararono in città come Anversa, Amsterdam, Bordeaux, Venezia e Livorno.

Il loro arrivo in quest’ultima diede vita a una comunità ebraica ex-novo. E fu favorito dal Granduca Ferdinando I de’ Medici che mirava ad attrarre nella città tutti coloro che avrebbero potuto contribuire all’espansione delle attività commerciali nella città.

A partire dal XVII secolo, gli ebrei livornesi iniziarono poi a trasferirsi e risiedere nel beylicato ottomano di Tunisi. Qui la loro nuova comunità ebraica, detta dei “grana”, si affiancava alla comunità ebraica autoctona tunisina, detta dei “twansa”.

Con la crisi economica che anticipò e seguì l’invasione napoleonica, nel corso dell’Ottocento si ebbe una nuova emigrazione di ebrei toscani verso le coste nordafricane. Questi nuovi livornesi, come riporta Filippo Petrucci in “Una comunità nella comunità: gli ebrei italiani a Tunisi”, erano italiani per lingua, abitudini e cultura. Secondo l’autore, questi divennero i primi difensori della causa italiana, “arrivando a considerarsi «italiani ancor prima della nascita del regno d’Italia»”. Inoltre, gli ebrei toscani furono tra i promotori dell’idea di una comune nazionalità italiana in terra tunisina.

La grande emigrazione siciliana

Dopo la seconda metà dell’Ottocento e fino agli inizi del Novecento si contavano circa 80mila italiani in Tunisia, di cui circa il 70% era rappresentato dai siciliani. A spingerli a migrare furono le condizioni di vita estremamente precarie, la povertà rurale, la crisi agricola determinata dal crollo internazionale del prezzo del grano, la sovrappopolazione, l’assenza di industrializzazione, la pressione fiscale e le politiche post Unità d’Italia, disinteressate allo sviluppo del Sud del paese.

Intanto, nel 1868 veniva siglato il Trattato di La Goulette tra il neo stato italiano e il beylicato tunisino. L’accordo favoriva l’immigrazione di italiani in Tunisia, garantendo la libertà commercio, la facoltà degli italiani di possedere beni immobili e aprire scuole ed enti culturali, nonché il mantenimento della nazionalità italiana. Il Trattato contribuì, di fatto, alla migrazione siciliana verso le coste tunisine, tale che la cittadina costiera di La Goulette venne soprannominata “la piccola Sicilia”. La stessa dove è cresciuta l’attrice Claudia Cardinale.

La francesizzazione

Alimentato dalla forte presenza italiana, il neo stato italiano coltivava mire coloniali sulla Tunisia. Ma la stipula del Trattato del Bardo nel 1881 tra il bey di Tunisi e la Francia – detta, da parte italiana, “lo schiaffo di Tunisi” – deluse le sue aspettative. L’accordo rendeva, infatti, il paese nordafricano un protettorato francese.

Tra gli effetti, negli anni si ebbe la francesizzazione del paese che portò alla chiusura di scuole e istituti culturali italiani da parte delle autorità del protettorato. Ciò provocò una “amnesia culturale” tra gli italiani di Tunisia, estranei alla lingua italiana. Il caso della Cardinale è emblematico: aveva studiato alle scuole francesi e in famiglia parlava siciliano, ma studierà italiano solo quando si trasferirà in Italia per lavorare nel cinema.

Inoltre, la Francia impose la naturalizzazione francese in cambio di vantaggi salariali o accesso a cariche pubbliche. Se diversi italiani aderirono alla proposta, molti decisero di mantenere la cittadinanza italiana, trasmessa via ius sanguinis.

La comunità italiana oggi

In Tunisia sta vivendo oggi una nuova ondata di migrazione italiana. Sono soprattutto persone pensionate che, attirate da un sistema fiscale e un costo della vita vantaggiosi, decidono di espatriare alla volta di Hammamet, Tunisi e La Goulette.

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