Ingaggiati con la promessa di un lavoro ben retribuito a Mosca e finiti invece a combattere con l’esercito russo in Ucraina. Decine di giovani in Kenya sono finiti nella trappola di un’organizzazione criminale su cui sta indagando un team specializzato transnazionale di agenti di sicurezza e di intelligence.
L’inchiesta è partita dalla denuncia di un 36enne, Evans Kibet, che in un video postato su un social network aveva raccontato di essere entrato in Russia con un visto turistico, di essere stato poi indotto con l’inganno ad arruolarsi nell’esercito e successivamente catturato dalle forze ucraine.
Il 24 settembre, l’Unità per la criminalità organizzata transnazionale della Direzione delle indagini criminali (DCI) ha effettuato un blitz in alcuni appartamenti a Nairobi, in cui erano alloggiati 21 kenyani in attesa di essere trasferiti in Russia.
Con loro c’era un uomo, Edward Kamau Gituku, incaricato di coordinare le procedure per il loro viaggio in diverse date tra settembre e ottobre. È il primo arresto nell’indagine, ancora in corso.
Dagli 11 ai 15mila euro per un lavoro in Russia
I giovani hanno raccontato di essere stati costretti a pagare cifre ingenti per ottenere un impiego a Mosca, con la promessa di una paga di 200mila scellini mensili (circa 1.300 euro).
“Le vittime – si legge in un comunicato della DCI – hanno rivelato di aver firmato un accordo con un’agenzia estera di sostegno all’occupazione di cui non si conosce il nome, che le impegnava a pagare da 1,7 a 2,3 milioni di scellini (dagli 11 ai 15mila euro circa) per visti, viaggio, alloggio e logistica”. E che “a chi non paga entro 35 giorni viene applicata una penale giornaliera dell’1%”.
Dai primi risultati dell’indagine, fa sapere ancora la DCI, emerge un’attività di reclutamento ben coordinata e di alto livello, con alcuni dei principali attori segnalati come figure di spicco della società.
Durante il raid, gli agenti hanno recuperato libretti di assegni, documenti di viaggio, lettere di offerte di lavoro provenienti da diversi paesi e una serie di documenti, tra cui una partnership di un anno con due oscure agenzie di collocamento all’estero: la Ecopillars Manpower Ltd e la Global Face Human Resource Ltd, nel cui sito web appare solo un’immagine di home page con un breve testo: “Il tuo partner affidabile per il collocamento all’estero e i servizi di gestione delle risorse umane”.
Diplomazie al lavoro
Parallelamente all’inchiesta di polizia in Kenya si sta muovendo la diplomazia. «Stiamo seguendo con attenzione le informazioni su tre o quattro kenyani presumibilmente trafficati in Russia e attualmente detenuti come prigionieri di guerra dall’Ucraina», ha fatto sapere il segretario generale degli Affari Esteri, Korir Sing’Oei.
Lo scorso 20 settembre, il governo ucraino ha dichiarato di essere disponibile a dialogare con il Kenya sulla possibilità di rimpatriare i prigionieri di guerra kenyani, ma che per il momento continuerà a trattenerli ai sensi della Convenzione di Ginevra.
Non solo kenyani
Evans Kibet e gli altri giovani kenyani non sono gli unici stranieri costretti dalla Russia a combattere in Ucraina.
Il portavoce ucraino per il trattamento dei prigionieri di guerra, Petro Yatsenko, ha dichiarato alla BBC che nei campi di prigionia di Kiev sono attualmente detenuti, tra gli altri, cittadini di Somalia, Sierra Leone, Togo, Cuba e Sri Lanka. Cosa che alimenta il sospetto che la rete criminale di reclutamento possa estendersi ben oltre i confini del Kenya.
A conferma di questo un’inchiesta pubblicata lo scorso giugno dall’emittente France 24, che documentava come centinaia di giovani di Senegal, Ghana, Camerun, Repubblica Centrafricana, Nigeria e Zambia, fossero stati arruolati con l’inganno da Mosca e mandati a combattere sul fronte ucraino.
Non solo uomini
Un’altra inchiesta giornalistica, pubblicata nell’ottobre 2024 da Associated Press, rivelava la presenza in un’area della Russia definita Zona Economica Speciale di Alabuga, nella repubblica del Tatarstan, di circa 200 donne provenienti da vari paesi africani, reclutate per l’assemblaggio di migliaia di droni d’attacco, progettati dall’Iran per essere usati nel conflitto con l’Ucraina.
Le giovani donne hanno raccontato di aver accettato la proposta partecipare a un programma di studio-lavoro in Russia e di essere state invece costrette a lavorare per molte ore sotto costante sorveglianza, senza ricevere un salario adeguato e alle prese con sostanze chimiche pericolose.