Kenya: il gioco d’azzardo di Ruto sulla stabilità regionale - Nigrizia
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Il presidente sembra rivendicare il diritto di sparigliare le carte per cercare soluzioni innovative a problemi regionali annosi e complessi
Kenya: il gioco d’azzardo di Ruto sulla stabilità regionale
Nairobi è intervenuta in modo ben poco rituale nella crisi della Rd Congo e in quella del Sudan, ospitando importanti summit di gruppi politici e milizie che combattono i governi centrali dei due paesi. Scatenando le ire di Kinshasa e Port Sudan
06 Marzo 2025
Articolo di Bruna Sironi (da Nairobi)
Tempo di lettura 5 minuti
Il presidente del Kenya William Ruto (Credit: TV47)

In un post pubblicato su Instagram non molto tempo fa, Musalia Mudawadi, ministro degli Esteri dell’attuale governo di Nairobi, diceva: “La diplomazia rimane centrale per il Kenya nella ricerca della stabilità regionale, della crescita economica e di partnership globali”.

Ma bisogna capire che cosa significhi diplomazia oggi per il governo del Kenya, e in particolare per il suo presidente William Ruto. Sembra che la prudenza e la riservatezza, finora virtù cardini del settore, non gli appartengano. Anzi sembra rivendicare il diritto, e forse anche il dovere, di sparigliare le carte per cercare soluzioni innovative a problemi regionali annosi e complessi.

L’Alleanza del fiume Congo

L’ha fatto in almeno due occasioni, intervenendo in modo sicuramente ben poco rituale nella crisi della Repubblica democratica del Congo e in quella del Sudan. In entrambi i casi ha ospitato pubblicamente i gruppi che combattono i governi centrali dei due paesi nei momenti in cui si preparavano a porsi come alternative di potere, suscitando reazioni sia nei paesi interessati che nella regione.

Nel dicembre del 2023, pochi mesi dopo l’insediamento del governo Ruto, è nata a Nairobi l’Alleance Fleve Congo (Alleanza del fiume Congo), composta da forze sociali e politiche e da una decina di gruppi armati attivi nelle province del Kivu e dell’Ituri.

Tra gli altri l’M23, sostenuto dal Rwanda, in queste settimane all’attacco con gravissime conseguenze per la popolazione e la stabilità del paese e dell’intera regione. L’obbiettivo dichiarato dal gruppo era, ed è, quello di lavorare «per la ricostruzione dello Stato e la risoluzione delle cause profonde dei conflitti ricorrenti».

Governo parallelo in Sudan

Lo scorso febbraio la stessa vetrina è stata offerta ad una delle parti belligeranti nel conflitto sudanese, le Forze di supporto rapido (RSF) che, insieme a diversi movimenti armati, forze politiche e gruppi della società civile hanno firmato Nairobi una carta che li impegna a formare presto un governo nelle zone controllate dalle RSF.

In contrapposizione dichiarata con il facente funzione di governo del paese, quello della giunta militare guidata dal generale al-Burhan, insediato a Port Sudan, e parte in causa nel conflitto che dilania il paese.

L’iniziativa è caduta contemporaneamente ad un’offensiva dell’esercito (SAF) per riconquistare la capitale Khartoum e altre regioni del paese, mentre le RSF si stanno sempre più arroccando nella regione del Darfur.

Congo e Sudan reagiscono

Le due iniziative, svoltesi in spazi paraistituzionali nella capitale del Kenya, hanno suscitato ovvie reazioni nei due paesi. A Kinshasa il governo congolese ha convocato l’ambasciatore kenyano per spiegazioni e ha richiamato il suo ambasciatore a Nairobi. Spiegazioni sono state chieste anche alla Tanzania, dove ha sede la Comunità dell’Africa orientale (EAC), di cui sono membri sia il Kenya che la Rd Congo.

Reazione simile a Port Sudan. L’ambasciatore a Nairobi è stato richiamato per consultazioni mentre il ministero degli Esteri emanava un comunicato in cui stigmatizzava come “vergognoso” quello che considerava un atto ostile da parte del Kenya. E continuava in modo durissimo, osservando che si trattava di “un pericoloso precedente mai visto prima nella regione o nel continente”.

Il Kenya replica

La risposta di Nairobi non si è fatta attendere, ed è stata tanto irrituale quando il sostegno alle due iniziative.

In un articolo pubblicato sul settimanale The East African del 24 febbraio si legge che Nairobi è fermissima nell’affermare che non deve piacere, e neppure essere imparziale, per sostenere o proporre soluzioni ai conflitti regionali, e in particolare in quelli delle regioni orientali della Rd Congo e del Sudan.

Per definire la direzione diplomatica intrapresa usa l’aggettivo inglese bold. In questo caso è un termine decisamente ambiguo, perché può significare sia coraggioso che sfacciato.

In definitiva per gli autori – si tratta di un joint report – si chiedono quale sia il gioco del presidente. Ruto’s risky gambit: Is Kenya meddling or mediating in regional conflicts? (La rischiosa mossa di Ruto: il Kenya si sta immischiando o sta mediando nei conflitti regionali?) dice il titolo.

Il ministro degli Esteri Mudawadi ricorda che “il Kenya ha una lunga storia nel proporre piattaforme per negoziati di pace senza prendere posizione”. Secondo il suo parere l’appoggio alle iniziative prese nei confronti di una delle parti in causa nel conflitto della Rd Congo e in quello del Sudan è del tutto compatibile con il suo modo di operare nel passato.

In Kenya si sono svolti i negoziati che hanno messo fine ad una più che ventennale guerra civile in Sudan e hanno aperto la strada all’indipendenza del Sud Sudan. Anche l’attuale assetto della Somalia e della sua governance è frutto di negoziati svoltisi in Kenya. Dove in questi mesi si stanno svolgendo, senza grandi progressi, per la verità, anche quelli per un accordo di pace inclusivo in Sud Sudan.

Stabilità regionale

Il ruolo di Nairobi è cruciale per la stabilità regionale. Per questo sarebbe meglio che si allineasse ai negoziati di pace già aperti e sostenuti dalla comunità internazionale. Lo affermano diversi analisti. Tra gli altri Nuur Mohamud Sheekh, ex portavoce e segretario esecutivo IGAD (Intergovernmental Authority on Development), l’organizzazione regionale attorno al cui tavolo si sono svolte molte delle mediazioni di cui il Kenya è stato fulcro e punto di riferimento.

Diplomatici kenyani, però, sottolineano che i conflitti nella regione hanno un diretto impatto sul Paese, e dunque è nel suo interesse trovare vie di soluzione.

Secondo queste osservazioni, politica interna e diplomazia regionale avrebbero interessi non compatibili. Dunque l’intervento diretto del governo kenyano nelle crisi della Rd Congo e del Sudan avrebbe ampie giustificazioni.

Tuttavia non si può non pensare che sia una visione piuttosto miope. E soprattutto non si può non chiedersi se Nairobi non abbia deciso di abdicare al suo ruolo di mediatore indipendente per assumere quello di potenza regionale che indirizza soluzioni al di là, e al di sopra, degli attori e delle popolazioni più direttamente interessate.  

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