
La morte in detenzione di Albert Ojwang, 31 anni, insegnante e blogger, ha portato per l’ennesima volta all’attenzione dell’opinione pubblica del Kenya la questione degli abusi delle forze dell’ordine.
Nella capitale, Nairobi, la mobilitazione dura da giorni. La folla si è radunata prima davanti all’obitorio dove si stava svolgendo l’autopsia, che ha verificato la morte sotto tortura del blogger, smentendo la ricostruzione del capo della polizia, Douglas Kanjia, che aveva parlato di suicidio.
Ieri c’è stato un primo presidio davanti alla sede centrale della polizia, per chiedere le dimissioni, o almeno la sospensione dall’incarico, del vicecapo, Eliud Lagat, che aveva chiesto l’arresto del blogger perché aveva postato giudizi severi nei suoi confronti.
Oggi è stata convocata una vera e propria manifestazione di protesta perché si faccia luce su quanto accaduto e perché i colpevoli paghino per i crimini commessi.
Ieri l’accaduto è stato discusso anche in parlamento, dove Douglas Kanjia è stato messo sotto accusa per aver tentato di coprire i propri uomini e di insabbiare le loro azioni criminali.
Dal presidente appelli alla calma
Anche il presidente Ruto è intervenuto sul caso, chiedendo calma e pazienza mentre si svolge l’inchiesta dell’IPOA (Indipendent Policing Oversight Authority), l’istituzione che ha il compito di monitorare l’operato delle forze dell’ordine.
È chiaro il timore che il caso dia fiato alle proteste dei kenyani, già esasperati per le decine di ragazzi feriti e uccisi durante le manifestazioni iniziate proprio a giugno dell’anno scorso contro la legge finanziaria e le numerose sparizioni di giovani critici con il governo, continuate anche nei mesi successivi.
Picchiato a morte
Intanto trapelano le prime ricostruzioni su quanto accaduto.
Dopo l’arresto, il 6 giugno nella contea di Homa Bay, Albert Ojwang è stato portato alla stazione centrale di polizia di Nairobi, dove è arrivato in buona salute. Durante la notte sarebbe stato prelevato dalla sua cella in modo violento. Il detenuto in una cella vicina avrebbe sentito urla provenienti da quella del blogger.
Dalla stazione di polizia sarebbe stato portato nella foresta Karura, un vasto polmone verde in cittá, dove sarebbe stato aggredito da diversi poliziotti mentre era ammanettato. Il pestaggio sarebbe stato tanto violento da mandarlo in coma. A quel punto lo avrebbero riportato in cella dove Albert Ojwang poco dopo sarebbe morto.
Maldestri depistaggi
Allora gli agenti di polizia responsabili, con la copertura di quelli in servizio, avrebbero cercato di inscenare un suicidio sostenendo che il blogger si era spaccato la testa battendola violentemente contro il muro. Una ricostruzione impossibile da sostenere visti le ferite e lividi su tutto il corpo.
Per non lasciare tracce delle loro azioni, avrebbero anche manipolato le telecamere di sorveglianza.
Azioni gravissime che contribuiranno a minare la fiducia, già scarsa, dei kenyani nelle loro istituzioni.
Intanto l’inchiesta dell’IPOA starebbe già chiarendo diverse responsabilità. 13 agenti, su 17 convocati, avrebbero già testimoniato. Alcuni di loro sarebbero stati sospesi dall’incarico.
Secondo Mohamed Amin, direttore del Dipartiment of Criminal Investigation (DCI), il maggior sospettato sarebbe Samson Talaam, l’ufficiale in carica della stazione di polizia.