L’Egitto assetato teme che gli venga prosciugato parte del Nilo. L’Etiopia non vuole essere schiacciata economicamente, priva com’è di sbocco sul mare. Gibuti, che vive anche grazie alle merci etiopiche al suo porto, è allarmata per il progetto di Addis Abeba di ancorare nella rada di Berbera, in Somaliland, per i suoi scambi commerciali. Progetto che ha aperto una crisi diplomatica tra Somalia ed Etiopia: il governo di Abiy Ahmed ha riconosciuto la soggettività di Harghiesa che Mogadiscio, invece, considera territorio suo. E grida, dunque, alla violazione della sua sovranità territoriale.
Una caotica architettura geopolitica regionale. Un guerreggiare a bassa intensità che ha un nome: idropolitica. L’acqua come elemento di potere. E di sopravvivenza. Che sia il Nilo o il Mar Rosso, è l’oro blu ad accendere gli animi in una regione strategica. Gli attori del Corno d’Africa si sono infilati in un pasticcio da cui è difficile uscire indenni. E come se non bastasse, alla compagnia si è unita anche l’Eritrea, desiderosa di diventare la terza gamba dell’alleanza Egitto-Somalia. Tutti contro l’Etiopia.
Mentre l’attenzione è sull’altra sponda del Mar Rosso, quella mediorientale, anche da questa parte della costa ribollono tensioni belliche. Le ragioni che hanno portato all’ instabilità sono spiegate nell’articolo di Umberto Profazio (vedi pag. 32). Qui vorremmo ragionare sui possibili scenari. Che ci preoccupano.
Il Cairo, con la militarizzazione della Somalia, è alle porte dell’Etiopia. Mai così vicini i due paesi. E sappiamo quanto siano porosi i confini delle nazioni del Corno. Basta poco per appiccare l’incendio. Durano da anni le tensioni tra le due potenze dell’area (ci sarebbe anche il Sudan, ma la guerra fratricida sta distruggendo il paese). Nel tempo si sono susseguiti piccoli conflitti per procura. Questa volta a entrare in scena sarebbero gli attori protagonisti.
Al Cairo, “dono del Nilo”, interessa quasi esclusivamente il controllo della sorgente di quella lunga vena d’acqua che attraversa l’Africa. O, in alternativa, vorrebbe ostacolarne l’uso da parte dell’Etiopia. Che, a sua volta, ha bisogno della Grande diga della rinascita per non dipendere dall’aleatorietà della meteorologia. Per crescere economicamente. Per sfamare la sua gente. Addis Abeba percepisce la presenza dell’Egitto ai suoi confini come una minaccia diretta alla sua sicurezza. Ma il primo ministro etiopico appare poco propenso a seguire un corso di idrodiplomazia. In questa quadro regionale così definito, i concetti di sovranità e di cooperazione non coincidono politicamente ed economicamente.
In tutto questo c’è chi non sta a guardare. L’Egitto continua ad armarsi. Gli Stati Uniti hanno confermato anche per quest’anno un sostegno militare per un miliardo e 300 milioni. È il paese africano con le forze armate più potenti, piazzandosi al 15° posto a livello globale. Nel 2022 le sue spese militari hanno superato i 4,6 miliardi di dollari. Normale si senta una potenza. Solo che in questo momento sta perdendo autorevolezza.
Diplomaticamente è sempre meno influente nello scacchiere mediorientale. Spostarsi a sud, nel Corno, assumere una postura da petto in fuori, disboscare il ginepraio di interessi avversi ai suoi, potrebbero rivelarsi un pensiero afrodisiaco. Ma destabilizzare Addis Abeba, già alle prese con molteplici crisi interne, vorrebbe dire sconvolgere l’intera regione. Con conseguenze difficilmente decifrabili.
E magari con potenze straniere, vedi Turchia, pronte ad approfittarne..
Nilo
L’intero bacino del Nilo, con il complesso tessuto dei suoi affluenti, copre 3,17 milioni di km². Una superficie pari a quella dell’intero Mediterraneo, compresa la penisola italiana e una buona parte della Francia. Il fiume, lungo 6671 km, attraversa l’Africa come se fosse una lunga vena che parte dalla Sicilia per finire al circolo polare artico.