Libia: nuove scoperte archeologiche, antichi saccheggi - Nigrizia
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Crimine organizzato e mercato nero dell’arte distruggono il patrimonio storico
Libia: nuove scoperte archeologiche, antichi saccheggi
Nella Cirenaica è stata scoperta un’antica residenza risalente alla fine del II-III secolo d.C. Ennesima testimonianza di una eredità storica straordinaria presente nel paese, che resta, tuttavia, tra i principali snodi del commercio illegale di opere antiche del Mediterraneo. Un traffico che finanzia reti criminali internazionali, tra cui anche la ’Ndrangheta
13 Febbraio 2025
Articolo di Rocco Bellantone
Tempo di lettura 5 minuti
Credito: © Adobe Stock | Claudio

A metà gennaio 2025, la missione archeologica polacca guidata da Piotr Jaworski ha rinvenuto antichissimi reperti a Tolmeita, situata nella parte settentrionale della Cirenaica, circa 120 chilometri a est rispetto a Bengasi, in Libia. Qui in epoca ellenistica, romana e bizantina sorgeva l’antica città di Ptolemais (Tolemaide in italiano), fondata alla fine del IV o III secolo a.C. e rimasta in piedi fino alla dominazione araba nel VII secolo d.C. Nel V secolo d.C. il suo grande centro era diventato la capitale della provincia tardoantica di Libya Superior.

Le prime ricerche

All’inizio del Novecento, a Tolmeita sono cominciate le ricerche di archeologi italiani e, da un paio di decenni a questa parte, anche di scavatori polacchi. La guerra iniziata in Libia con la caduta di Gheddafi nel 2011 ha costretto quest’ultimi a interrompere le ricerche per un lungo periodo e a ricominciare a scavare solo nel 2023.

Come segnalato dall’agenzia polacca PAP citata da Polskie Radio, ora è stata portata alla luce l’ala di servizio di un’antica residenza risalente alla fine del II-III secolo d.C.

Le ricchezze della scoperta

Gli archeologi hanno scoperto che l’abitazione era dotata di un piccolo peristilio (il portico che cingeva il giardino o il cortile interno posto al centro della casa) e che possedeva anche un sofisticato sistema di raccolta di acqua piovana che la incanalava verso due cisterne sotterranee.

Distrutto dai terremoti almeno due volte alla fine del III secolo d.C., l’edificio è stato in seguito ricostruito dai suoi proprietari.

Negli scavi è stato anche scoperto un volto a grandezza naturale scolpito su un lato di una delle cisterne. La missione polacca vi avrebbe notato una certa somiglianza con dei volti scolpiti trovati a Slonta, città situata nel distretto di Jabal al Akhdar, circa 30 chilometri a sud rispetto a Bayda, anch’essa famosa per le rovine di un tempio di età pre-greca. Questa somiglianza suggerirebbe le possibili origini libiche del proprietario dell’abitazione o degli scultori che hanno realizzato il volto.

La Cirenaica al centro dei traffici

Solo negli ultimi anni gli scavi archeologici in queste aree della Cirenaica sono potuti riprendere con una certa regolarità.

Come in Iraq, Siria, Sudan e Yemen, anche in Libia la situazione di permanente instabilità causata dal conflitto ha creato le condizioni ideali per il ramificarsi di traffici illeciti di reperti archeologici condotti da organizzazioni criminali o gruppi jihadisti.

Reperti trafugati dall’Isis

Nel 2018 la polizia spagnola ha sequestrato in una galleria d’arte di Barcellona circa un centinaio di opere che erano state rubate in siti archeologici libici da gruppi legati a Isis.

Per ognuna di queste opere è stato stimato un valore compreso tra 50mila e 100mila euro. Sempre dal distretto di Jabal al Akhdar, più precisamente dalla località di Shahhat (l’antica Cirene), proveniva un’altra scultura che ha fatto il giro d’Europa fino ad arrivare a un acquirente di un paese del Golfo.

Oltre 200 manufatti saccheggiati

A partire dal 2017, l’archeologo francese Morgan Belzic, a capo della missione archeologica francese in Libia, ha catalogato oltre 200 manufatti saccheggiati in quest’area nei decenni precedenti. Tra questi vi è anche la “Testa velata di dama” del valore di circa 500mila dollari. Un patrimonio immenso che costituirebbe però solo il 10% circa di quelli rubati.

Nel 2011, nel pieno dei combattimenti tra lealisti gheddafiani e milizie ribelli, dai caveau della banca commerciale di Bengasi sparirono 7.500 monete d’oro, argento e bronzo.

A volte sono gli effetti delle calamità naturali che si abbattono sul paese a far emergere in superficie dei reperti. È accaduto anche a seguito del ciclone Daniel, che nel settembre del 2023 colpì anche la Libia causando migliaia di morti.

Sirte, lo snodo

È Sirte, lo snodo principale dei traffici di reperti archeologici che partono dalle coste libiche. Quelli del primo approdo in Europa spesso si trovano o in Spagna o in Calabria, dove i carichi passano sotto il controllo della ’ndrangheta prima di risalire il Vecchio Continente.

Dal Nordafrica traffici simili partono anche da Egitto e Marocco, mentre tra le tappe intermedie del Medioriente prima delle destinazioni finali nei paesi del Golfo o in Asia ci sono Turchia, Libano e Israele.

Viaggi molto lunghi

Per far perdere le tracce dei reperti, spesso i viaggi dal sito di partenza alla destinazione sono molto lunghi e in alcuni casi possono durare anche per anni. 

Negli ultimi anni, per fermare questi traffici illeciti è stata intensificata la cooperazione tra le agenzie delle dogane e le agenzie di intelligence dei principali paesi coinvolti direttamente o indirettamente.

Collaborazioni per fermare il traffico

Come riportato da Jeune Afrique, nella primavera del 2024 a Tripoli si è tenuto un incontro tra i rappresentanti Ufficio centrale per la lotta contro il traffico di beni culturali (OCBC).

Mentre a settembre scorso una delegazione della polizia turistica libica, guidata dal generale di divisione Al Sunousi Saleh Saied, ha firmato a Parigi, con le autorità francesi competenti in materia, una partnership per rintracciare i reperti archeologici rubati in Libia e poi venduti al mercato internazionale.

Sensibilizzare

In parallelo, diversi archeologi si stanno impegnando in prima persona in iniziative di sensibilizzazione sul tema dei traffici di reperti archeologici libici. Tra questi c’è l’archeologo Vincent Michel che per ICOM (International Council of Museums) ha redatto la lista dei beni culturali libici a rischio. Nel 2021, poi, ha curato al Museo del Louvre di Parigi una mostra con esposti reperti rubati in Libia e poi recuperati. 

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