Libia: sospese 10 ong (tra cui Cesvi) accusate di attività ostili
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Al personale straniero delle strutture umanitarie colpite dal decreto è stato chiesto di lasciare il paese
Libia: sospese 10 ong internazionali (tra cui Cesvi) accusate di attività ostili
Sono ritenute dalle autorità libiche coinvolte in un "progetto per alterare la composizione demografica del paese attraverso l'insediamento di migranti africani". Sarebbero coinvolte già in passato in un "complotto internazionale" orchestrato dall'UE attraverso l'Italia. Tra le contestazioni anche il traffico di migranti e riciclaggio di denaro sotto la copertura dell'aiuto umanitario
03 Aprile 2025
Articolo di Giba
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Credito: Getty Images

Le autorità libiche hanno annunciato mercoledì 2 aprile la sospensione delle attività di dieci organizzazioni umanitarie internazionali, accusandole di cercare di «insediare migranti di origine africana» nel paese. Gli uffici delle organizzazioni a Tripoli sono stati chiusi.

L’Agenzia per la sicurezza interna (ASI) ha giustificato la decisione sostenendo che queste ong starebbero partecipando a «un progetto per alterare la composizione demografica della Libia». Il portavoce dell’agenzia, Salem Gheith, ha denunciato «azioni ostili, un complotto che minacciano l’integrità e la sicurezza interna dello stato».

Secondo il portavoce, «non si tratta di un progetto nuovo; l’Unione Europea aveva già tentato la stessa cosa con il precedente regime, attraverso l’Italia». Ha aggiunto che dopo la caduta e la morte di Muammar Gheddafi nel 2011, «l’UE ha cambiato i suoi metodi e si è rivolta alle ong per portare avanti lo stesso progetto».

Coinvolta anche l’italiana Cesvi

Tra le organizzazioni colpite figurano il Norwegian Refugee Council (NRC), Medici Senza Frontiere, l’organizzazione francese Terre des Hommes e l’italiana Cesvi. Altre ong sanzionate includono l’International Medical Corps (IMC), l’International Rescue Committee (IRC) e il Danish Refugee Council (DRC).

Il portavoce ha anche attaccato l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), accusandolo di essere coinvolto in «attività illegali», e ha affermato che anche questo organismo sarebbe stato sanzionato dal ministero degli affari esteri. Secondo Gheith, tutte le ong sono accusate di «traffico di migranti» e di «riciclaggio di denaro» con il pretesto dell’azione umanitaria.

Preoccupazioni diplomatiche

Prima dell’annuncio ufficiale, una lettera firmata da 17 ambasciatori, tra cui quelli di Francia, Gran Bretagna, Spagna, Italia e Unione europea – e indirizzata al ministro libico degli affari esteri il 27 marzo – aveva denunciato la convocazione di «almeno 18 membri del personale» delle ong. Alcuni dipendenti sono stati costretti a «firmare impegni a non lavorare mai più per una ong internazionale», mentre altri sono stati privati del passaporto.

Al personale delle organizzazioni non governative è stato chiesto di lasciare il paese.

Nella loro lettera, i diplomatici hanno chiesto alle autorità di permettere alle ong «di riaprire i loro uffici e di riprendere le loro operazioni umanitarie il prima possibile», esprimendo forte preoccupazione per l’impatto di queste misure sull’assistenza sanitaria di base nella regione.

La Libia rappresenta un’importante area di transito per i migranti che cercano di raggiungere l’Europa. Questa sospensione delle attività umanitarie potrebbe complicare l’accesso agli aiuti per migliaia di persone vulnerabili.

Con Gheddafi, milioni gli immigrati africani lavoratori

Vale la pena ricordare che durante l’era di Gheddafi, la Libia era una destinazione importante per i lavoratori africani subsahariani. Prima della caduta del regime nel 2011, si stima che fossero tra l’1,5 e i 2,5 milioni gli immigrati africani che lavoravano legalmente in Libia, rappresentando circa un terzo della popolazione del paese all’epoca. Questi lavoratori erano impiegati principalmente nei settori dell’agricoltura, dell’edilizia e dei servizi, attirati dalle opportunità economiche offerte dalla ricchezza petrolifera libica e dagli ambiziosi progetti di sviluppo promossi dal regime.

Ciad, Niger, Sudan e Mali i paesi di provenienza

La politica di Gheddafi, specialmente dopo le sanzioni internazionali degli anni ’90 e il suo orientamento panafricano, favoriva l’immigrazione dai paesi vicini come Ciad, Niger, Sudan e Mali. Alcuni studi indicano che nel periodo 2000-2010, circa 1-1,5 milioni di lavoratori stagionali attraversavano annualmente i confini meridionali della Libia in cerca di opportunità lavorative.

Oggi il paese sta ancora lottando per riprendersi da un decennio di caos e divisioni tra gruppi armati molto attivi a Tripoli e due fazioni rivali che si sono spartite il territorio dopo la caduta del regime nel 2011. Negli ultimi mesi, diversi rapporti delle Nazioni Unite e delle organizzazioni internazionali hanno condannato gli arresti arbitrari di giornalisti, avvocati, giudici e oppositori, nonché gravi abusi contro i migranti, inclusa la scoperta di fosse comuni.

Gli attivisti per i diritti umani accusano l’ASI e il suo leader, il controverso Lotfi al-Harari, di effettuare arresti sotto forma di rapimenti per strada, causare sparizioni forzate e ottenere confessioni mediante coercizione.

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