
Le acque del Mar Rosso tornano ad agitarsi dopo che nei giorni scorsi gli Stati Uniti hanno lanciato nuovi raid aerei nei territori yemeniti controllati dagli houthi. E lo saranno ancora di più ora che Israele ha ripreso a bombardare la Striscia di Gaza causando oltre 400 morti in risposta, a detta di Tel Aviv, della mancata volontà di Hamas di consegnare nuovi ostaggi israeliani.
Il fragile accordo per un cessate il fuoco nella Striscia è dunque crollato, con una prevedibile escalation di tensione in tutto il Medioriente.
Nuovi attacchi nel Mar Rosso
Il 17 marzo gli houthi, che in Yemen controllano la capitale Sana’a e vaste zone centroccidentali del paese compreso un lungo tratto di costa affacciato sul Mar Rosso, hanno rivendicato un secondo attacco nell’arco di 24 ore con missili e droni contro la portaerei americana USS Harry Truman e altre navi militari a suo supporto. Una risposta alle offensive aeree con cui gli USA, nei giorni precedenti, avevano ucciso decine di persone (almeno 53 secondo i miliziani yemeniti) nella provincia di Saada, a nord della capitale dello Yemen.
Nel Mar Rosso si torna dunque a combattere. Lo scorso 20 gennaio gli houthi avevano dichiarato che fino a quando sarebbe durata la tregua a Gaza, non avrebbero colpito navi portacontainer e petroliere non appartenenti o collegate a Israele. Il 22 gennaio hanno rilasciato l’equipaggio formato da 25 persone della nave cargo Galaxy Leader che avevano sequestrato nel novembre del 2023.
I nuovi scambi di attacchi con gli USA stanno già avendo delle ripercussioni sul prezzo del petrolio, tornato subito a salire non solo per via di possibili nuovi assalti lungo il Mar Rosso ma anche per eventuali sortite degli houthi contro infrastrutture energetiche in Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, paesi con cui sono in guerra dal 2015.
Secondo il Joint Maritime Information Centre (JMIC) da novembre 2023 gli houthi hanno condotto 112 attacchi contro navi mercantili, affondandone due, compiendo quattro dirottamenti e uccidendo quattro persone.
L’operazione Prosperity Guardian, lanciata dagli Stati Uniti per garantire la sicurezza lungo la rotta marittima che dall’Oceano Indiano passa per il Golfo di Aden e lo Stretto di Bab el-Mandeb risalendo il Mar Rosso fino al Canale di Suez, non ha impedito ai ribelli di continuare ad attaccare. Il 12 marzo hanno infatti ripreso le offensive rispondendo alla decisione di Israele di bloccare l’ingresso di aiuti umanitari a Gaza.
Gli effetti sui traffici marittimi
Questa prolungata fase di scontro in mare ha avuto, e continuerà ad avere, ripercussioni negative sul traffico marittimo tra Asia ed Europa. Il ripiegamento di buona parte delle navi commerciali verso la rotta più lunga e dispendiosa, ma più sicura, che comporta la circumnavigazione dell’Africa passando per Capo di Buona Speranza, sta comportando infatti un aumento dei costi nel trasporto delle merci per via dei tempi di percorrenza più lunghi e per conseguenti dispendi maggiori per la logistica e le coperture assicurative. Tra i player che hanno abbandonato la rotta del Mar Rosso ci sono ad esempio British Petroleum, Shell e il Gruppo Trafigura.
«Dal 2023, vale a dire prima degli attacchi degli houthi nel Mar Rosso alle navi commerciali, la capacità totale delle compagnie di navigazione a livello globale è aumentata di oltre 6 milioni di TEU, pari a un +23% – spiega a Nigrizia Antonella Teodoro, senior consultant di MDS Transmodal – Nonostante questo aumento significativo, la capacità offerta dalle società di navigazione è cresciuta a un ritmo più lento, pari al 10%, poiché i servizi di linea sono stati reindirizzati verso Capo di Buona Speranza anziché transitare attraverso il Canale di Suez».
Tra i corridoi commerciali marittimi che più stanno beneficiando delle tensioni nel Mar Rosso c’è quello tra Estremo Oriente e Africa subsahariana che, secondo l’analista, ha registrato un aumento di flussi del 31% da dicembre 2023 e, nello specifico, del 37% tra marzo 2024 e marzo 2025.
Viceversa, tra i corridoi più in calo c’è quello Estremo Oriente-Golfo-Mediterraneo-Europa che, tra tutti, ha segnato la flessione più significativa con un crollo dei flussi del 43% da dicembre 2023 a marzo 2025 e del 19% tra marzo 2024 e marzo 2025. «La quota dell’Africa sulla capacità totale offerta dalle società di navigazione sta crescendo costantemente» prosegue Teodoro. «A marzo 2025 è all’11,5%, in aumento rispetto al 10,7% del dicembre 2023».
L’aumento della quota è una conseguenza dell’aumento di capacità offerta ai porti africani, in crescita del 16% da dicembre 2023 a marzo 2025 e con un +11% tra marzo 2024 e marzo 2025.
Lungo il corridoio emergente Estremo Oriente-Africa Subsahariana, le principali compagnie di navigazione si stanno così muovendo: MSC rimane il leader di questo mercato, controllando il 30% della capacità totale distribuita con 405.413 TEU a marzo 2025 e un aumento del 19% rispetto a dicembre 2023; Maersk ha registrato un leggero calo (-4% tra marzo 2024 e marzo 2025) con una quota di mercato del 20%, mostrando una relativa stabilità ma nessuna forte crescita.
CMA CGM ha aumentato la sua capacità del 17% da dicembre 2023, con una quota di mercato del 18%; Hapag-Lloyd è cresciuta in modo significativo, con un aumento del 35% da dicembre 2023.
I player più in crescita sono Sea Lead Shipping (+444% da dicembre 2023, passando da 3.683 TEU a 20.033 TEU) e ZIM (che ha più che raddoppiato la sua capacità con un +111% tra marzo 2024 e marzo 2025, +55% da dicembre 2023); un calo contenuto è stato infine registrato da COSCO (-8% mese su mese a marzo 2025).
Una nuova tregua nella Striscia di Gaza riporterebbe nel Mar Rosso già nel breve periodo circa 70 navi per una capacità fino a 1 milione di TEU. Uno scenario, però, altamente improbabile alla luce di quanto è accaduto negli ultimi giorni.