Medioriente, Pechino sfida Washington - Nigrizia
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Al Kantara / Maggio 2023
Medioriente, Pechino sfida Washington
L’accordo tra Iran e Arabia Saudita, mediato dalla Cina e siglato lo scorso marzo, prefigura scenari inediti nella regione, con ricadute sulla Sira e Israele. Preoccupato l’establishment Usa
05 Maggio 2023
Articolo di Mostafa El Ayoubi
Tempo di lettura 3 minuti
Joe Biden e Xi Jinping (Credit: Ansa)

Questo articolo è uscito sulla rivista Nigrizia di maggio 2023

Negli ultimi mesi qualcosa di insolito dal punto di vista geopolitico sta accadendo nel Medioriente – Golfo Persico. Una regione in perenne crisi a causa principalmente della sua posizione geostrategica e delle sue riserve naturali. Per questo Usa ed Europa occidentale hanno usato regolarmente ogni mezzo illecito per assicurarsene il controllo.

All’inizio di marzo scorso, sotto l’egida della Cina, l’Iran e l’Arabia Saudita hanno firmato un accordo per ristabilire le loro le relazioni diplomatiche (sospese da sette anni) e riaprire le rispettive ambasciate a Teheran e Riyad. Una svolta diplomatica concepita a Pechino che, se avrà un seguito, potrebbe modificare sensibilmente gli equilibri geopolitici nel Medioriente.

Un avvicinamento tra l’Iran e l’Arabia Saudita va contro gli interessi Usa. L’Iran è sotto sanzioni Usa da più di 40 anni ed è considerato un paese nemico, mentre l’Arabia Saudita è uno storico paese satellite di Washington. La collaborazione diplomatica, e di conseguenza geostrategica, potrebbe vanificare il tentativo di cambiare il regime in Iran per riportarlo nella sfera d’influenza americana.

L’accordo in questione potrebbe contribuire a ridurre l’isolamento internazionale di Teheran e rafforzare la già significativa presenza degli iraniani in Medioriente. E ciò preoccupa anche Israele. Fino a qualche mese fa si parlava di un imminente accordo diplomatico tra Arabia Saudita e Israele (come è già avvenuto con altre monarchie arabe) in chiave anti Iran.

Ma oggi le cose sembrano cambiare e non è escluso che Riyad si allei con Teheran per minare lo status quo di discriminazione imposto ai palestinesi da parte dell’establishment israeliano. Inoltre, l’avvicinamento tra questi due paesi potrebbe compromettere definitivamente l’idea di fare la guerra all’Iran, sulla quale Tel Aviv lavora da decenni.

Il rapprochement tra Teheran e Riyad sta spianando il terreno verso una riconciliazione tra Arabia Saudita e Siria. Dopo una rottura dei rapporti diplomatici che risale all’inizio della guerra contro la Siria nel 2011, il ministro degli esteri siriano è stato ricevuto a Riyad il 12 aprile scorso per rimettere sui binari giusti i rapporti tra i due paesi. Uno scenario che non piace affatto all’establishment israeliano, che ha sempre puntato su un cambio di regime in Siria.

L’establishment americano non vede di buon occhio tutti questi potenziali cambiamenti. E anche il fatto che la Cina sta consolidando i suoi rapporti con l’Arabia Saudita, uno dei principali produttori di petrolio al mondo. L’Arabia è già un partner (non membro) dell’Organizzazione di Cooperazione di Shanghai (Ocs) guidata dai cinesi e dai russi e di cui fa parte anche l’Iran.

Inoltre Pechino sta cercando di accelerare il processo di adesione dell’Arabia Saudita al Brics. Brics e l’Ocs sono due organizzazioni antagoniste al blocco guidato dagli Usa e puntano a liberarsi dall’egemonia economica americana. E se l’Arabia Saudita entrasse nel Brics dovrà accettare il pagamento del suo petrolio con altre valute a scapito del dollaro, ovvero con lo yuan, il rublo, la rupia ecc. Se un tale scenario dovesse realizzarsi, l’unilateralismo geoeconomico e geopolitico statunitense potrebbe vacillare.


Brics
Organizzazione fondata nel 2009 da Brasile, Russia, India e Cina, alla quale si è aggiunto il Sudafrica a partire dal 2011. Nel 2014, i cinque paesi hanno dato vita alla Nuova banca di sviluppo

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