
In Yemen decine di persone provenienti dall’Africa sono rimaste uccise in un raid aereo delle forze armate statunitensi contro un centro di detenzione per migranti nel nord del paese, uno delle centinaia di attacchi ordinati da Washington contro il gruppo armato degli houthi in poco più di un mese.
A fornire la notizia sono per adesso solo media collegati agli houthi, gruppo armato che controlla la capitale Sanaa e buona parte dello Yemen nord-occidentale, ma media internazionali hanno rilanciato l’informazione anche dopo aver visionato del materiale video, evidentemente ritenuto credibile.
La crisi yemenita
Lo Yemen è teatro di una guerra civile e di una conseguente, gravi crisi umanitaria da oltre 10 anni. Dal 2014 si fronteggiano appunto i ribelli houthi, ritenuti alleati dall’Iran, e un governo riconosciuto dalla comunità internazionale, supportato in primis da Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. Un cessate il fuoco è stato siglato nel 2022 ma le violenze continuano, anche se con minore intensità.
Dal gennaio 2024 gli Stati Uniti e in parte la Gran Bretagna hanno iniziato a bombardare il paese in risposta a degli attacchi che gli houthi conducono nel Mar Rosso contro navi legate a Israele e USA, lanciati a loro volta in solidarietà con il popolo palestinese e con il partito-milizia di Hamas. Più volte sono state colpite in realtà anche imbarcazioni che non hanno connessioni con Israele e Stati Uniti.
Il contesto è quello del probabile genocidio condotto da Tel Aviv a Gaza nell’ultima fase del decennale conflitto israelo-palestinese, cominciata il 7 ottobre 2023 dopo un attacco di Hamas sul suolo israeliano.
Dallo scorso mese, gli USA hanno avviato una nuova, massiccia campagna di attacchi aerei, ribattezzata Operation Rough Rider, nel tentativo di fiaccare le rappresaglie houthi una volta per tutte e di ristabilire la sicurezza di navigazione nella regione, punto di passaggio di circa il 15% di tutto il commercio mondiale.
Un paese di migrazione nonostante tutto
Nonostante le dure condizioni di vita, in Yemen vivono decine di migliaia di migranti, profughi e richiedenti asilo provenienti per lo più dal Corno d’Africa, soprattutto da Etiopia e Somalia. Al paese si arriva nella maggior parte dei casi con imbarcazioni di fortuna e attraverso una rotta marittima che parte da Gibuti e lungo cui sono già morte migliaia di persone negli ultimi anni.
L’obiettivo finale del viaggio dovrebbe essere l’Arabia Saudita ma molte persone restano bloccate in Yemen. Anche oltre il confine saudita le condizioni dei migranti sono spesso precarie comunque, segnate da sistematico sfruttamento e schiavitù sui posti di lavoro ma anche, spesso, da prolungate e arbitrarie detenzioni imposte dalle autorità di Ryiad.
L’attacco USA
Tornando all’attacco di oggi, secondo l’emittente televisiva vicina agli houthi al-Masirah almeno 68 persone migranti africane sono state uccise dal raid aereo statunitense. Il centro per migranti colpito si trova nella provincia di Sada, nel nord-ovest dello Yemen.
Video del canale televisivo mostrano i resti del centro per migranti, dove si sarebbero trovate fino a 115 persone, oltre che i corpi di persone uccise e ferite. In uno dei filmati, stando a quanto riporta l’agenzia Reuters, si sente parlare amarico, una delle lingue più diffuse dell’Etiopia.
Il bilancio di 68 morti è ripreso anche da un gruppo di difesa houthi tramite il suo canale Telegram, aggiungendo che ci sarebbero anche 47 feriti. Sempre secondo al-Masirah, in altri attacchi nelle stesse ore sono morte almeno altre 10 persone.
Lo United States Central Command (CENTCOM), il centro unificato di combattimento dell’esercito USA che ha condotto il bombardamento, non ha confermato la notizia relativa al centro per migranti. Poche ore prima dell’attacco, del resto, il centro delle forze armate aveva comunicato apertamente che per «preservare la sicurezza operativa» non renderà noti i dettagli rispetto alle sue operazioni in Yemen.
In un comunicato, CENTCOM ha affermato di aver colpito oltre 800 obiettivi legati agli houthi dallo scorso 15 marzo. Sarebbero rimasti uccisi «centinaia di combattenti houthi e numerosi» leader della milizia, tra cui alti funzionari per la gestione dei missili e dei droni.
Non si parla di vittime civili nonostante i media yemeniti abbiano riportato circa 250 morti. In diversi casi, come in quest’ultimo, i media di Sanaa non riferiscono di perdite significative nelle file dei vertici houthi, mentre a perdere la vita sono stati decine di civili.
Non è la prima volta che in conflitto in Yemen colpisce migranti e profughi. Nel 2022 un attacco della coalizione a guida saudita che sostiene il governo riconosciuto nel conflitto ha causato la morte di almeno 66 persone, a cui vanno aggiunti oltre 10 migranti uccisi dagli houthi durante il tentativo di fuggire da ciò che restava della struttura.
Rotta mortale
In Yemen vivono circa 61mila profughi, provenienti per lo più da Somalia ed Etiopia, stando a quanto riferisce l’Alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite (UNHCR). Oltre dai danni causati dal conflitto, la permanenza dei profughi nel paese è segnata da uno status giuridico incerto e dalla possibilità di essere arrestati durante il viaggio verso l’Arabia Saudita.
Lo stesso viaggio per raggiungere lo Yemen e più in generale la penisola arabica e i paesi del golfo è molto rischioso: secondo l’Organizzazione mondiale delle migrazioni (OIM) oltre 1.800 persone sono morte o sono rimaste disperse durante la traversata fra il 2014 e il 2024.
In tanti rischiano al vita anche in viaggi di ritorno verso il Corno d’Africa, che sempre più spesso si rendono necessari a causa delle conseguenze del conflitto yemenita.
A complicare il percorso ci sono ostacoli di tutti i tipi: nei giorni scorsi le autorità di Gibuti, il principale paese di partenza per lo Yemen, distante appena 35 chilometri di mare nel suo punto più vicino, hanno avviato una campagna di espulsione dei migranti privi di documenti che potrebbe riguardare decine di migliaia di persone somale ed etiopi.