Ventidue miti. Esposti uno dietro l’altro. Affermazioni che sono diventate sentire comune. E, da sentire comune, dati di fatto indiscutibili, narrazioni spesso semplicistiche che in questo corposo libro, numeri alla mano, vengono smantellate.
Eppure sono proprio queste assunzioni, date per scontate, che continuano a veicolare una divisione spesso falsamente polarizzata tra chi è a favore e chi contro l’immigrazione.
Divisione che Heins De Hass, direttore dell’International migration institute dell’università di Oxford, scardina, andando al di là della propaganda a cui siamo assuefatti, mostrando come quando si vada al vedo delle politiche migratorie, il divario discorsivo percepito non si declina in riforme migratorie opposte, ma in piccole differenze statisticamente non rilevanti.
D’altra parte, se si pensa all’Italia non è difficile tracciare linee di continuità tra governi di colori differenti.
È però proprio questa polarizzazione a parole che rende difficoltoso lo sguardo reale su un fenomeno su cui non si può essere pro o contro, in quanto fenomeno strutturale della storia del mondo.
Una realtà che in nessun tempo è stata di fatto bloccata dalle restrizioni che la politica ha imposto; una realtà, quella migrante, che si perpetua e che rende nuda una ovvietà: le politiche su immigrazione e integrazione sono il problema, hanno fallito.
Per questo un libro come questo, che va al nocciolo di questo assunto, restituendo una visione olistica della migrazione, uno sguardo di analisi che parte da decenni di studi sociali, è necessario.
Perché andando oltre alla campagna politica di destra e sinistra, percorrendo 22 miti, restituisce, con un linguaggio semplice, esemplificativo e documentato, lo sguardo reale che serve non solo per comprendere un fenomeno strutturale, ma per pensare un nuovo paradigma dell’agire.
Una strada che si lasci dietro i miti che servono per alimentare le paure e che parta dalle analisi per poter dare risposte; che superi quello che De Hass chiama “trilemma” cioè il desiderio di frenare l’immigrazione, l’interesse economico ad averne di più e l’obbligo a rispettare i diritti umani.
Un trilemma su cui si è ingarbugliata la politica che ha assunto e alimentato i miti a tutti i livelli e in tutto il mondo occidentale.
Partendo dal dato di fatto che non vi è alcun record di migrazioni nel mondo, visto che i migranti internazionali sono il 3% della popolazione e le persone che vivono all’interno del proprio paese d’origine il 97%; i rifugiati poi corrispondono allo 0,3% della popolazione.
Nessuna emergenza di immigrazione illegale fuori controllo alle frontiere: la stragrande maggioranza di persone che si sposta lo fa con passaporto e visto in regola.
Nessuna disoccupazione causata da chi “ci ruba il lavoro”, né è al migrante che si possono addossare le responsabilità dei salari che non crescono o delle case che non si trovano.
Sfatare i luoghi comuni che spesso fanno parte di un sentire è il primo passo verso la criticità necessaria alla comprensione di un fenomeno complesso.