
Sono ore molto concitate a Maputo. L’attenzione era rivolta al secondo incontro fra il presidente della repubblica, Daniel Chapo, e Venâncio Mondlane, il “presidente del popolo”, in merito al difficile processo di pacificazione del paese. I due leader avrebbero stabilito una roadmap per provare a portarlo avanti.
Tuttavia, vi è una situazione che sta provocando ulteriori preoccupazioni nel paese. Si tratta della tenuta interna della Renamo, storico secondo polo della politica mozambicana in contrasto alla formazione che governa il paese da 50 anni, il Frelimo. Una questione delicata per tutta la scena politica del Mozambico, un paese lacerato da conflitti interni sempre più profondi.
Da giorni, una cinquantina di ex-guerriglieri della Renamo ha occupato la sede centrale della formazione politica, nella capitale Maputo. Renamo è il movimento-partito che negli anni settanta e ottanta aveva scatenato una sanguinosa guerra civile, conclusasi a Roma nel 1992.
Una fase di ostilità si è poi riaperta nel 2013 per concludersi definitivamente nel 2019. Ormai da giorni gli ex-guerriglieri stanno accampati nella sede del loro partito, senza lasciare che nessuno entri o esca, esigendo la testa del suo massimo dirigente Ossufo Momade.
La minaccia dell’intervento di una forza privata di sicurezza, sostenuta anche da uomini della Renamo ancora fedeli a Momade, si è sparsa rapidamente a Maputo, mettendo in allarme i cittadini della capitale e le autorità. Tutti vorrebbero evitare di assistere a una sorta di presa della Bastiglia in salsa “renamista”, con prevedibile, inutile spargimento di sangue.
Da dove nasce l’emergenza
Le ragioni della crisi sono molto profonde e affondano in almeno due elementi: da un lato, risultati elettorali particolarmente deludenti. La Renamo, infatti, al netto dei forti dubbi sulla trasparenza delle ultime elezioni, è passata dal 22% del 2019 al 5% registrato al voto dell’ottobre 2024, perdendo la leadership delle opposizioni che guidano la lotta contro il partito-stato Frelimo.
Una campagna elettorale disastrosa, con alla testa un leader, appunto Momade, privo di idee e poco carismatico. A questo si aggiungono la concorrenza di partiti come Podemos e l’exploit di altri candidati dell’opposizione come l’ex Renamo, Venâncio Mondlane.
Ne è conseguito il peggior risultato della storia elettorale della Renamo. Già questo avrebbe dovuto indurre Momade e tutta la dirigenza a convocare un’assemblea straordinaria degli iscritti per decidere la direzione da far assumere al partito. Il quadro politico stava infatti mutando e così, secondo logica, avrebbe dovuto fare la leadership di Momade.
Niente di tutto questo è avvenuto, con un silenzio assordante di Momade di fronte alle richieste, venute da più parti, di sue dimissioni.
Dall’altro lato, a innescare il ritorno alla violenza degli ex guerriglieri deve essere stato il trattamento che molti di loro, oggi anziani, hanno ricevuto in seguito alla chiusura del cosiddetto DDR, acronimo portoghese di disarmo, smobilitazione e reintegrazione.
Il processo si è chiuso nel giugno 2023 a seguito di un’intesa fra l’ex-presidente Nyusi e Momade e con la mediazione di Mirko Manzoni, ex-ambasciatore svizzero e poi delegato del segretario-generale delle Nazioni Unite, António Guterres.
Senza pensione
Dei 5.200 ex-guerriglieri della Renamo con diritto alla pensione, soltanto il 34% stava ricevendo quanto concordato coi vertici della Renamo a marzo del 2024, secondo quanto dichiarato a suo tempo dall’ex presidente Nyusi.
Oggi, una buona parte continua a non godere del trattamento pensionistico riservato agli ex-guerriglieri, mentre altri riscuotono appena 1.500 meticais al mese, ossia circa 20 euro: una miseria, per chi vive in un paese in cui il salario minimo è di 6.500 meticais al mese (circa 90 euro).
La realtà è che dopo la firma degli accordi di pace definitivi e il completamento del DDR i vertici della Renamo si sono sostanzialmente disinteressati del lascito della pace, lasciando gli ex-guerriglieri a se stessi.
Così, inascoltati sia dal governo centrale che dal proprio partito, persa la loro funzione di deterrenza armata rispetto agli arbitri del Frelimo e del suo governo, alcuni di questi anziani combattenti hanno iniziato di nuovo a usare la violenza per farsi notare, come estremo segnale di vita.
Ex guerriglieri sono i principali sospettati di alcuni atti di violenza compiuti nelle settimane scorse nel loro territorio di elezione (province di Sofala e Zambézia, centro del paese). Sono stati incendiati tre camion a Caia (Sofala), bloccando la strada di accesso alla città.
La sospetta escalation è culminata con l’occupazione della sede centrale della Renamo, a Maputo, da cui appunto dicono che non usciranno, senza la promessa di dimissioni di Momade. Oppure con un raid violento contro di loro.
Il partito ha annunciato oggi 23 maggio l’organizzazione di una conferenza nazionale degli ex combattenti per discutere delle questioni interne che bloccano il partito e «trovare una soluzione per la nostra organizzazione», come affermato dal portavoce Saìde Fidel.
Nei giorni scorsi il leader di Renamo aveva fatto sapere dal canto suo che le istanze degli ex-guerriglieri sarebbero state discusse nelle «sedi opportune», ossia negli organismi di partito preposti, lasciando intendere una timida apertura verso la convocazione degli organismi dirigenti.
Tuttavia, anche in caso di dimissioni di Momade, ciò che maggiormente interessa agli ex-guerriglieri è che la Renamo riapra i negoziati per completare in modo più soddisfacente il processo di DDR col governo. Un capitolo che sia i vertici dell’esecutivo che la comunità internazionale avevano dato per archiviato, e che non sarà affatto semplice tornare ad affrontare.