Circa cinquant’anni fa, a metà degli anni Settanta, si assisteva alla fine di un ciclo di mezzo secolo di regime coloniale fascista in Mozambico. Nonostante la resistenza di alcuni settori leali alle forze portoghesi, il Frelimo (Fronte di Liberazione del Mozambcio) riuscì a conquistare ampi consensi nella società, particolarmente nelle zone rurali del Nord e del centro del Mozambico, nei quartieri periferici urbani ed anche tra i settori più progressisti della società coloniale, come studenti, giuristi, giornalisti e all’interno delle forze armate portoghesi.
Il Frelimo si presentava come un movimento di liberazione dall’oppressione, ma anche di redistribuzione della ricchezza e di giustizia sociale. Nata come organizzazione politico-militare e poi diventata partito politico, il Frelimo è poi rimasto al potere ininterrottamente dall’indipendenza fino a oggi.
Dai discorsi socialisti iniziali basati sulla “liberazione dell’uomo e della terra”, nei decenni successivi, emersero nuove visioni, fondate sulla possibilità che i paesi precedentemente colonizzati potessero diventare capitalisti. Così, gli antichi leader della liberazione si trasformarono in latifondisti e azionisti, nel settore bancario, minerario o della sicurezza privata, riproducendo lo stesso sistema di relazioni sociali – produttore di esclusione e disuguaglianza – che loro stessi avevano combattuto.
Chi anima la protesta
Cinquant’anni dopo, emerge a livello nazionale un nuovo movimento di protesta e di “liberazione” dal nuovo oppressore, il Frelimo, che coinvolge diversi settori della società. Le accuse di frode alle elezioni del 9 ottobre scorso hanno dato il là a una mobilitazione nazionale ormai su larga scala. Il candidato uscito sconfitto dal conteggio ufficiale Venancio Mondlane rivendica un conteggio parallelo che lo vedrebbe trionfare e denuncia brogli, supportato da quanto riscontrato dalla stragrande maggioranza degli osservatori esteri e della società civile. I video delle proteste che circolano su internet mostrano l’esistenza di un ampio malcontento fra diversi gruppi sociali.
Ci sono i giovani disoccupati, che sopravvivono con espedienti quotidiani, residenti nelle principali città del Paese (Maputo, Matola, Nampula, Nacala-Porto, Chimoio, Moatize, ecc.), ma anche in piccoli paesi alla frontiera (Ressano Garcia e Machipanda) e luoghi di implementazione di grandi progetti estrattivi (Inhassoro, Inhassunge, Moma o Montepuez); studenti delle scuole superiori senza attività a causa dello sciopero dei loro insegnanti, che lavorano in condizioni sempre più precarie, ma anche studenti universitari; mamanas (espressione mozambicana che si riferisce in modo affettuoso alle donne, spesso madri o figure materne, che svolgono un ruolo centrale nella vita familiare e comunitaria), che marciano per le strade, protestando contro le condizioni di vita e l’assassinio dei loro figli, siano essi manifestanti uccisi dalle forze dell’ordine o agenti della polizia lasciati ad affrontare, senza mezzi e protezione adeguati, la furia popolare.
Poi ci sono i dipendenti pubblici, scontenti per l’introduzione della Tabella salariale unica che risale al 2022 o per i ritardi nel pagamento delle ore straordinarie, in particolare i funzionari dell’istruzione, della sanità e della giustizia; piccoli commercianti del settore formale, esasperati dall’ambiente ostile per le loro attività, dall’eccesso di burocrazia, dalla corruzione dei funzionari, dagli alti tassi di interesse, dalla mancanza di supporto alle attività economiche e dall’insicurezza; specialisti e liberi professionisti, soprattutto avvocati e giornalisti; lavoratori e operai più sindacalizzati, come quelli dei grandi progetti estrattivi; contadini, soprattutto delle zone interessate dalle attività dell’industria mineraria come a Moma, Alto Molócué, Montepuez o Palma.
La “macchina” si è inceppata
Prima delle elezioni, la cosiddetta “macchina”, o “rullo compressore” del Frelimo, è stata in grado di costruire una grande “onda rossa” (il colore che caratterizza il partito) nel paese. Grazie alla chiusura delle istituzioni pubbliche e la mobilitazione “obbligatoria” dei dipendenti pubblici e degli studenti delle scuole superiori. Persone che abitano in zone remote sono state mobilitate con veicoli appartenenti allo Stato o a imprenditori locali: il partito è stato in grado di riunire folle significative. Due mesi dopo, i funzionari pubblici in cariche di nomina sono oggi profondamente critici nei confronti del partito ed esprimono il loro disagio con sempre meno timidezza.
Sui social network, proliferano video e audio che riportano le difficoltà dei leader del partito nel mobilitare le loro basi, timorose di presentarsi in pubblico con accessori del Frelimo, soprattutto nella capitale del paese. Con la crescita dell’intolleranza, i sostenitori del partito al potere e i critici del candidato di opposizione Venâncio Mondlane, colui che sta guidando la rivolta, sono diventati bersaglio di insulti, minacce o aggressioni.
Le cerimonie svolte presso la sede nazionale del partito si sono dovute svolgere con la chiusura delle vie d’accesso in un raggio di 100 metri dagli edifici coinvolti. Così è avvenuto, a esempio, in occasione della morte di Fernando Faustino, segretario generale dell’Associazione dei combattenti della lotta di liberazione nazionale (ACLLIN), una dell’organizzazioni sociali più importanti del partito. Una formazione politica che si presentava con lo slogan “il Frelimo è il popolo, il popolo è il Frelimo”, appare ora sempre più isolato dalla società.
Fermare il vento con le mani: il vuoto di idee di chi governa
Negli ultimi anni, le varie crisi socio-politiche che avrebbero meritato una risposta politica lungimirante sono state invece gestite in modo meramente securitario, con l’uso sproporzionato della violenza, innalzando così il livello di conflittualità. I dati compilati dalla Piattaforma Decide, una ong mozambicana, durante le varie fasi della protesta, convocata da Mondlane riportano l’aumento del numero di morti (da 16 a 36) e la persistenza di arresti in numeri elevati (da 464 a 348). Gli spari della polizia, i divieti e gli ultimatum ripetuti dalle autorità hanno solo intensificato l’aggressività dei manifestanti e la disobbedienza civile.
La stampa riporta riunioni del primo ministro Adriano Maleiane con intellettuali pro-governativi, noti per condividere le loro opinioni sui principali canali televisivi, che rappresentano l’incapacità di pensare fuori dagli schemi. Si insiste sulla personalizzazione del conflitto nella figura del candidato di opposizione Mondlane, che funge da capro espiatorio per i problemi strutturali e gli errori del governo.
Si riciclano le tesi della “mano esterna”, con accuse di finanziamenti stranieri a ong e a cittadini in protesta. Preoccupati per le conseguenze politiche di una gioventù ribelle, i rettori delle università pubbliche escogitano strategie di persuasione e coercizione degli studenti nelle residenze universitarie, senza apparente successo.
Si registrano minacce di sciopero dei professionisti della sanità, così come degli insegnanti delle scuole pubbliche in vista degli esami nazionali. Agenti di polizia, delle forze armate, delle dogane e di altre istituzioni pubbliche esprimono pubblicamente il loro disappunto e molti funzionari entrano in una modalità di resistenza passiva, aumentando la fragilità istituzionale.
Il sindaco di Chimoio, Joao Ferreira, emerge come un’oasi nel deserto del Frelimo. Consapevole di non poter sconfiggere al “nemico” (in questo caso, il popolo che protesta), il primo cittadino, membro del partito di governo, si è unito ai dimostranti, guidando egli stesso la marcia dei sostenitori di Mondlane e riducendo così il potenziale di violenza.
Il potere lascia i palazzi e fugge in strada…
Le manifestazioni annunciate da Mondlane sono state sorprendenti per la grande adesione popolare, con ampi settori della popolazione che seguono le istruzioni con precisione, ma a volte anche superandole. Cresce lo scenario di insubordinazione e di disobbedienza civile.
Le principali vie di accesso vengono bloccate dalla popolazione in una catarsi collettiva. Le arterie della città sono trasformate in campi da calcio o occupate da donne che saltano la corda. In importanti strade di collegamento, si posizionano tavoli all’aperto, dove i giovani bevono birra e le donne accendono i loro fornelli per cucinare. Uomini e donne si spogliano in pubblico e non mancano coppie che simulano atti sessuali.
Inediti blocchi stradali vengono installati nei quartieri più esclusivi della città di Maputo, coinvolgendo persino residenti che scendono dalle loro abitazioni. Nelle periferie, i giovani fermano i veicoli e decidono se possono continuare il viaggio, in base alla presentazione di prove di sostegno a Mondlane e/o al pagamento di somme di denaro.
Insegnanti interrompono le prove d’esame e gli studenti marciano per le strade di Maputo e Matola in protesta. Prolifera la simulazione di “funerali” del regime, con numerose tombe e sepolture improvvisate nei quartieri di periferia. Oltre a marce e blocchi delle vie pubbliche, il movimento sociale si esprime attraverso l’esposizione di cartelli con messaggi di contestazione incollati alle auto o alzati dai manifestanti, canti dell’inno nazionale e rumore, prodotto da fischietti, vuvuzelas e pentole.
Se è vero che diversi settori della società mostrano stanchezza rispetto a queste misure, la realtà è che, nelle strade e nei social media, importanti fasce della popolazione vedono questo momento come un’opportunità di cambiamento, spingendo così il leader dell’opposizione a prolungare la protesta. Mondlane sembra emergere come una versione evangelica del defunto Presidente e “padre della patria” Samora Machel, riproducendo anche lo stesso stile di intolleranza rivoluzionaria.
I video che circolano su internet mostrano la crescente rassegnazione delle autorità. Incapaci di impedire la paralisi generalizzata delle vie di accesso, gli agenti delle Forze dell’Ordine negoziano con i manifestanti il loro passaggio, a volte riposizionando gli ostacoli sulla strada dopo il passaggio. In questo processo, apparentemente anarchico, emergono leader informali che mobilitano risorse (come pneumatici, tronchi, pietre e striscioni), spesso con la conseguenza di essere ricercati dagli agenti della polizia.
Man mano che il potere abbandona i palazzi e si riversa nelle strade si iniziano a sperimentare forme di giustizia popolare e rivoluzionaria, in cui i manifestanti giudicano i trasgressori e applicano la relativa sanzione. Diversi giuristi stanno sviluppando una riflessione sul rispetto dei diritti fondamentali (di espressione e manifestazione) o di circolazione. I discorsi di Mondlane su Facebook sono interpretati come decreti presidenziali, zelosamente eseguiti da una gioventù priva di riferimenti di giustizia sociale, avida di una vita migliore ma, a volte, anche di vendetta.
Questi giovani, privati dell’accesso a servizi pubblici di qualità e che per strada chiedono il pagamento di un pedaggio, sono considerati opportunisti dai cittadini che accedono a servizi privati di sanità e istruzione. In verità, i diritti costituzionali non sono mai stati applicati a gran parte della popolazione, ormai consapevole dell’esistenza di una giustizia forte per i deboli e debole per i forti.
Chi assicura lo stato?
Se il Paese già affrontava un’enorme fragilità istituzionale, questo movimento di protesta ha aggravato il malfunzionamento dello Stato. Il rapido collasso delle istituzioni non è accompagnato dall’emergere di alternative per colmare le mancanze dei servizi pubblici di istruzione, sanità o raccolta dei rifiuti, aggravando i problemi di povertà e disuguaglianza.
Nonostante varie iniziative di supporto legale per i manifestanti arrestati o di solidarietà verso le vittime della violenza della polizia, non è chiaro se stia emergendo un nuovo modello di solidarietà sociale. Il movimento di protesta è unito soprattutto da un generico sentimento anti-Frelimo, ma non presenta idee concrete per un nuovo patto sociale. Gli stessi attori che, nelle ultime decadi hanno promosso rilevanti riflessioni su “povertà e accumulazione della ricchezza” o sul “rafforzamento delle istituzioni” nelle sale conferenze degli hotel nei quartieri bene della capitale, lontano dalle classi sociali più popolari e senza impatto politico, oggi propongono la prosecuzione di queste iniziative.
Chi sopravvive di mance simboliche, in cambio del lavaggio e della supervisione di auto di grossa cilindrata, oggi radicalizza la propria posizione. Cresce il panico intorno alla proposta di un bagno popolare nella piscina della residenza del presidente della repubblica, una delle migliori metafore delle contraddizioni strutturali della società mozambicana.
Diplomazie inquiete
La preoccupazione aumenta all’interno del corpo diplomatico. Per decenni, la penetrazione delle multinazionali è stata facilitata attraverso joint venture con i dirigenti locali, in cambio di protezione politica e fiscale. La contestazione sociale risultante dall’espropriazione delle terre ai contadini, dalla mancanza di lavoro e dalla precarietà dei servizi pubblici in zone di investimento nell’industria estrattiva, è stata violentemente repressa dalle Unità di intervento rapido della polizia mozambicana.
L’indebolimento delle istituzioni e il suo uso per interessi privati sono stati funzionali a consolidare un corridoio energetico per il gas metano lungo il Canale del Mozambico, ma la diplomazia straniera è stato lenta a capire l’illegittimità del regime agli occhi della popolazione. Oggi si teme per la sicurezza degli investimenti internazionali. In uno scenario di radicalizzazione, proliferano informazioni e notizie false che accusano ambasciate di sostegno al partito Frelimo o di finanziamento a ong e manifestanti.
Cosa può succedere
In questo scenario, il destino dello Stato mozambicano sembra sempre più dipendere dai seguenti protagonisti:
Leader dei partiti: questi possono aprire un canale di dialogo con l’obiettivo di trovare una soluzione politica per il conflitto. Si tratta di uno scenario sempre meno probabile, soprattutto dopo il fallimento del primo round di negoziazione promosso dal presidente della repubblica con i quattro candidati alla presidenza compreso colui che avrebbe vinto secondo il conteggio ufficiale: Daniel Chapo del Frelimo. Mondlane, che si trova in una località segreta all’estero dopo il duplice omicidio di suoi alleati, non ha partecipato. La decisione è stata motivata con il mancato ascolto di una serie di prerequisiti, fra i quali la possibilità di partecipare da remoto (e quindi, di evitare un eventuale arresto).
Consiglio Costituzionale: può riuscire a trovare una soluzione giuridica per ripristinare la credibilità e la fiducia nelle istituzioni elettorali, considerando che la sua delibera definitiva sul voto, attesa per il 23 dicembre, è soggetta ad un’enorme pressione politica.
Forze dell’Ordine: posso ripristinare l’ordine pubblico attraverso un colpo di stato, consegnando il potere alle forze più conservative del regime, o a forze di opposizione, creando eventualmente un governo di transizione o di unità nazionale.
Varie ambasciate: potrebbero intervenire considerate le opzioni precedenti, valutando rischi di investimenti, ma senza nessun interesse che il potere lasci definitivamente i palazzi di Frelimo.
L’opposizione non è preparata a governare. Il Frelimo è preparato a lasciare il potere?
Una domanda posta di frequente dai sostenitori del Frelimo riguarda la capacità di governare dei partiti di opposizione. Nelle ultime decadi, sono state utilizzate diverse strategie di indebolimento e disorganizzazione dell’opposizione, attraverso la cooptazione o la minaccia di leader scomodi, il ricorso ai tribunali per eliminare candidature o attraverso mezzi più sinistri.
Dopo questo processo, sono sopravvissuti i leader più coraggiosi, resilienti e con maggiore capacità di confronto diretto con il partito al potere. Se è vero che l’opposizione non ha esperienza di governo, è altrettanto vero che questa inesperienza deriva dalla riluttanza del Frelimo a lasciare il potere.
Lo Stato mozambicano è stato costruito in modo molto centralizzato, l’accesso allo Stato garantisce quello a tutte le risorse pubbliche, compresi terre, miniere, incarichi e impieghi, sussidi o contratti e proprietà delle aziende pubbliche. Questa realtà ha permesso l’accumulo di capitale da parte di una classe dirigente statale che, consapevole di avere tutto da perdere, non dimostra nessuna apertura a lasciare il potere.
Si tratta, in realtà, di un fenomeno di lunga durata, responsabile del fatto che tutte le riforme politiche di rilievo siano state il risultato di lotte sanguinose. Consapevole di questa realtà, l’appello di Mondlane alla protesta nelle strade, per la presa del potere, capitalizzando politicamente l’ira popolare, costituisce una continuità del discorso dello storico leader della Renamo, Afonso Dhlakama, secondo il quale “il Frelimo impara solo con le botte”.
Questo a sua volta, forse paradossalmente, era in continuità con il discorso di Samora Machel, leader storico del partito di governo, per il quale “il potere non si conquista, si strappa”. In realtà, il regime è sempre stato lo stesso nell’ultimo secolo.
Lo “Stato Nuovo” coloniale durò 48 anni e fallì nel suo progetto “civilizzatore”, lasciando un territorio segnato dall’analfabetismo, dalla povertà e dalla violenza. Il regime del Frelimo dura da 49 anni e ha fallito nel progetto redistributivo, di liberazione dell’uomo e della terra. Proprio come 50 anni fa, oggi giovani ribelli e senza prospettive per il futuro sono decisi a confrontare l’ordine vigente, usando gli slogan “Salva il Mozambico” e “Popolo al Potere”. Il nuovo governo che sarà costituito dovrà affrontare problemi strutturali. Tra 50 anni, stando alle previsioni demografiche, ci saranno circa ottanta milioni di mozambicani a giudicarlo.
* João Feijó è un sociologo mozambicano. Questo articolo è già apparso in portoghese su The Mozambique Times. È stato tradotto in italiano e curato per Nigrizia dalla sociologa Elena Colonna, residente in Mozambico.