
Un’inchiesta giornalistica ha accertato la presenza di munizioni provenienti dal Kenya in una santabarbara abbandonata dalle Forze di supporto rapido (RSF) in un quartiere di Omdurman, città parte della grande Khartoum, capitale del Sudan.
L’inchiesta è partita da foto e video postati su social media da militari dell’esercito sudanese dopo i combattimenti di questa primavera che hanno portato alla riconquista della capitale.
Il governo di Nairobi nega decisamente che quelle armi siano sue. Il portavoce del governo, Isaac Muwaura, ha in questi giorni ricordato che il Kenya “rimane impegnato nell’ospitare i rifugiati, nell’offrire uno spazio sicuro per i negoziati e nel rafforzare la sua storia in operazioni di peacebuilding”. Continua chiedendo di evitare operazioni di disinformazione.
Prove inconfutabili
Ma le sue parole sembano smentite dalle diciture fotografate sulle casse di imballaggio delle munizioni trovate. Kenya è scritto in modo chiarissimo su ognuna.
L’indagine è stata condotta da Bellincat, autorevole collettivo indipendente di ricercatori, investigatori e giornalisti fondato nel 2014, in collaborazione con il Daily Nation, il più diffuso giornale del Kenya.
Attraverso tecniche e metodi usati nelle inchieste giornalistiche e le consulenze di esperti nel settore dell’identificazione e del tracciamento degli armamenti, i giornalisti hanno potuto identificare il luogo dove sono state scattate le immagini, alcuni degli uomini che hanno partecipato all’operazione e il tipo di armi trovate.
Il deposito si troverebbe ad Al-Salha, un quartiere di Omdurman dove le RSF avevano un’importante base, l’ultima da cui sono stati sloggiati nell’area della capitale.
Il video mostra militari dell’esercito sudanese che si rallegrano di aver trovato un vero e proprio arsenale e si chiedono come sia stato possibile che i miliziani delle RSF abbiano abbandonando nella fuga tutte quelle armi. La data in cui il video è stato postato è coerente con le dichiarazioni dell’esercito sudanese sull’andamento delle operazioni militari nella zona.
Le immagini mostrano numerose casse di munizioni, tutte contrassegnate da diciture che ne descrivono il contenuto e la provenienza. MOD-Kenya si legge chiaramente su ognuna di loro, indicando che erano di proprietà del ministero della Difesa del Kenya.
La sigla è seguita da stringhe di numeri che indicano il contratto di acquisto e altri dati utili per il tracciamento dell’imballaggio e del loro contenuto. Le casse, del peso di 23 chili ciascuna, contengono diversi tipi di munizioni, alcune di produzione cinese.
Ad una richiesta degli investigatori, il ministero della Difesa ha risposto di non riconoscere quelle casse e quelle diciture. La dichiarazione, precisa e dal tono ufficiale, afferma che il ministero ha sempre agito nell’ambito della legge e della Costituzione. Ma, dicono gli autori, non entra nel merito di quelle specifiche casse trovate nel deposito di Al-Salha.

Pericoloso precedente
L’articolo ricorda anche che c’era già stato un campanello d’allarme. In un rapporto al Consiglio di sicurezza dell’ONU, datato 15 gennaio 2024, si diceva che gli aeroporti del Kenya (e anche quelli di Rwanda ed Uganda) erano usati come scali di transito per il rifornimento di armi e munizioni al Sudan, in specifico alle RSF. In violazione di un embargo in vigore da decenni. I carichi, dice il rapporto, potrebbero provenire dagli Emirati Arabi Uniti (EAU).
Ruto nuovamente sotto accusa
Il risultato dell’inchiesta è stato postato integralmente sul sito di Bellincat il 15 giugno e raccontato il 16 dal Daily Nation con un lungo articolo sulla prima, seconda e terza pagina del quotidiano. La sua versione online si apre con una video-inchiesta di 20 minuti della NTV, una delle reti nazionali più seguite nel paese, pure coinvolta nel lavoro di ricerca. Il video, che utilizza molti spezzoni dei filmati postati sui social media dai militari sudanesi, è intitolato “Brothers in arms” (Fratelli nelle armi).
Il riferimento è al presidente kenyano William Ruto e al comandante in capo delle Forze di supporto rapido, generale Mohamed Hamdan Dagalo, conosciuto come Hemeti. Anche l’articolo cartaceo si apre con una grande foto dei due, scattata quando Hemeti fu ricevuto alla State House di Nairobi, all’inizio di gennaio del 2024.
Non ci sono dubbi, dunque, riguardo all’impatto del caso sull’immagine del presidente, già in difficoltà in questo periodo per gli abusi della polizia contro cittadini critici e dimostranti pacifici.
L’articolo del Daily Nation sembra mettere in discussione la sua stessa credibilità. Si apre infatti con le parole pronunciate da Ruto il 31 maggio, durante una conferenza stampa alla State House. “Ci sono due generali che non hanno riguardo per la vita umana. La guerra in Sudan sta diventando una carneficina. È già una vera e propria catastrofe umanitaria”. A cui, sembrano suggerire gli autori del pezzo, il Kenya sta partecipando, armando uno dei belligeranti.
Si interrogano poi sulla politica regionale del paese, ricordando il ruolo negoziale sempre svolto durante le numerose crisi nell’area. Un ruolo riconosciuto e apprezzato, tanto che anche all’inizio dell’attuale conflitto sudanese Ruto, in quanto presidente dell’IGAD, l’organizzazione regionale incaricata dall’Unione Africana di trattare tra i due contendenti, era stato delegato per aprire un tavolo negoziale.
La sua mediazione era stata rifiutata dal generale al-Burhan, capo dell’esercito e del Consiglio Sovrano, istituzione che funziona da presidenza di fatto del paese. Evidentemente già allora c’erano dubbi sull’effettiva neutralità del Kenya.
I dubbi sono diventati certezze per il governo sudanese nell’occasione della formazione dell’Alleanza per il Nuovo Sudan, guidata dalle RSF con l’obiettivo di formare un governo alternativo. L’alleanza è stata resa pubblica a Nairobi in una sala istituzionale con il palco dominato dalla foto ufficiale del presidente Ruto.
La circostanza ha provocato la rottura delle relazioni diplomatiche e commerciali e di conseguenza l’impossibilità di ospitare e guidare eventuali negoziati di pace futuri, abdicando ad un ruolo riconosciuto al paese nella regione.
L’ombra emiratina
L’inchiesta si chiede anche perché il governo Ruto abbia intrapreso una linea politica si direbbe ben poco utile al suo paese.
Justin Lynch, uno degli esperti interpellati da Bellincat, si esprime in questi termini: “Sembra difficile considerare una coincidenza il fatto che la conferenza delle RSF a Nairobi (quella di presentazione dell’allenza per il Nuovo Sudan, ndr) sia stata immediatamente seguita da un prestito degli EAU di 1,5 miliardi di dollari. La circostanza fa anche aumentare il sospetto che carichi di armi tra gli EAU e le RSF siano transitati dal Kenya”.